Chi è quella ragazza morta una sera su un marciapiede di un’anonima strada di Liegi, vittima di quello che sembra un omicidio? Il video di sorveglianza posto all’esterno di uno studio medico dimostra che scappava da qualcuno. Da chi? Aveva provato anche a suonare al citofono dello studio, ma nessuno gli aveva aperto, nonostante dentro vi fossero ben due persone…
Si intitola La fille inconnue, La ragazza sconosciuta, ma il nuovo film dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne ha un’altra protagonista, la giovane dottoressa che quel giorno non rispose al citofono. Non lo fece per cattiveria. Aveva finito il proprio turno da più di un’ora, era impegnata in una discussione con il suo tirocinante e si aspettava che, se fosse stata davvero un’emergenza, avrebbero suonato almeno due volte. Quando scopre, il giorno dopo, di essere stata corresponsabile, sia pure suo malgrado, della tragedia, decide di chiedere a chiunque conosca, a partire dai suoi pazienti, se conoscessero la ragazza. La sua indagine è appassionata, fatta non sulla base di una strategia investigativa, ma di un innato senso del dovere. Del resto nella sceneggiatura scritta dai due cineasti belgi, lei è il grimaldello per entrare in una variegata comunità di persone con un grande punto in comune, tanto banale, quanto da tenere sempre a mente: ognuno ha i propri problemi, le proprie paure e equilibri precari. La struttura per certi versi è analoga di Due giorni, una notte, dove Marion Cotillard faceva visita a tutti i suoi colleghi d’ufficio per trovare una soluzione che le consentisse di tenere il posto di lavoro. Se lì, però, la protagonista viveva anche una propria storia e maturazione personale, riflesso di quanto le accadeva intorno, la Jenny di La fille inconnue (interpretata dalla brava Adèle Haenel), appare distante, di lei non sappiamo nulla se non le scelte che compie in base all’indagine. È un’eroina suo malgrado, determinata e coerente con una missione che trova un ottimo parallelo con la sua professione di medico, come se quel Giuramento d’Ippocrate valga sempre e comunque, senza limiti di orario o priorità diverse da qualsiasi questione che non riguardi la salvaguardia della vita.
Unendo, come è loro solito, realismo e impegno sociale, i Dardenne realizzano l’ennesimo coinvolgente film senza vincitori né vinti, forse minore rispetto ad altri lavori (il già citato Due giorni, una notte o Il ragazzo con la bicicletta, solo per rimanere al passato recente), ma comunque in grado di tenerti attaccato alla sedia e lasciarti andare con occhio diverso sul mondo e la sua umanità. A Cannes, dove il film è stato presentato in concorso, gli applausi in sala sono stati molti, ma è difficile prevedere una terza Palma d’Oro.
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