Gimme danger, little stranger
And I’ll give you a piece
Gimme danger, little stranger
And I’ll feel your disease
Cantavano i The Stooges nel 1973 in Gimme Danger, secondo pezzo nella scaletta di Raw Power, il loro terzo album. Dammi pericolo, piccolo sconosciuto/E Ti darò un pezzo/Dammi pericolo, piccolo sconosciuto/E sentirò la tua malattia. Pericolo e malattia. Sono due costanti della storia del gruppo nato ad Ann Arbor, nel 1967, dissolto nel 1974 e rinato nel 2003 prima di perdere tutti i membri fondatori tranne Iggy Pop, voce narrante – e non potrebbe essere altrimenti – del documentario che Jim Jarmusch ha voluto dedicare ad una delle band più importanti della storia della musica contemporanea tanto da essere inserita nel 2010 nella Rock and Roll Hall of Fame.
Le prime, leggendarie performance, gli album auto-prodotti, gli insuccessi, i ritorni a casa come se tutto dovesse finire dopo così poco, il ritorno sulle scene, le droghe, i problemi con la legge, l’Europa, il disgregamento e poi, dopo quasi trent’anni, una riunione che dura tuttora anche se i fratelli Asheton, Dave Alexander e Steve MacKay non ci sono più. Jarmusch ricostruisce il tutto grazie ad una lunga intervista a Iggy Pop e ad una più breve a James Williamson (unico altro reduce degli Stooges anni ‘70, diventato poi un apprezzato ingegnere informatico), entrambe intermezzate da materiale d’archivio di concerti, di dietro le quinte e partecipazioni a trasmissioni televisive. Jarmusch ha la sensibilità di mettersi al servizio della storia degli Stogers senza la tentazione di ricordare a tutti di essere un’artista con una forte personalità. Il suo obiettivo sembra voglia essere dimostrare che senza gli Stooges, dieci anni dopo, non ci sarebbero stati i Ramones, i Sex Pistols e tante altre grandi band del rock. O almeno non sarebbero state la stessa cosa. Gli Stooges, e la loro musica, prima di tutto. Così si spiega la decisione di saltare completamente, o quasi gli anni dal 1974 al 2004. Di questo, di cosa ha fatto, ad esempio Iggy Pop per quasi trent’anni, non si dice nulla. La narrazione è cronologica. Gradualmente si arriva al tema “morte”, ma anche questi momenti vengono stemperati da quell’ironia che accomuna più di ogni altra cosa Jarmusch a Pop, un’amicizia già testimoniata sul grande schermo con dalla partecipazione del secondo, da attore, a Coffee and Cigarettes (2003). Gimme Danger, presentato fuori concorso al Festival di Cannes non sarà il documentario musicale dell’anno, ma 100 minuti di ottimo cinema, godibile da qualsiasi spettatore, fan degli Stooges o meno. E non è poco.
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