Arrow, la recensione del penultimo episodio: Lost in the Flood

Arrow, la recensione del penultimo episodio: Lost in the Flood

Di Lorenzo Pedrazzi

Lost in the Flood, penultimo episodio della quarta stagione di Arrow, è un concentrato di azione frenetica che prepara il terreno per la battaglia finale con Damien Darhk

Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER

Oliver (Stephen Amell) e Diggle (David Ramsey) attaccano Damien Darhk (Neal McDonough) nel “nexus”, ma è tutto inutile: le frecce e le pallottole si dissolvono prima ancora di toccarlo, da quanto è potente. Darhk fa crollare la sala sulle loro teste, ma i due riescono a scappare. Intanto, Thea (Willa Holland) è riuscita a contattare Felicity (Emily Bett Rickards) con il cellulare di Alex (Parker Young), permettendole di risalire alla fonte del segnale, che proviene dal sottosuolo dei Glades: Oliver e Diggle si recano sul posto e scoprono un passaggio per accedere a Tenat Noah, la cittadina sotterranea che permetterà a Darhk e pochi altri di sopravvivere all’apocalisse. Thea, però, viene drogata da Malcolm (John Barrowman) per costringerla a obbedire, e infatti la ragazza attacca Oliver non appena lo vede. Lui e Diggle si nascondono in una casa, dove scoprono una famiglia che si è unita a Darhk di sua spontanea volontà, non perché drogata: il padre sostiene che Darhk abbia dato loro una speranza, al contrario di ciò che hanno fatto i vigilanti con le loro maschere e le loro armi.
Parallelamente, Felicity, Noah (Tom Amandes) e Curtis (Echo Kellum) lavorano per fermare Rubicon, ma Darhk ha ingaggiato Cooper Seldon (Nolan Funk) per contrastarli. Dopo un attacco che sembra averli messi in difficoltà, Felicity e Noah rispondono con le stesse armi, e riescono a fulminare la postazione di Cooper. Donna (Charlotte Ross) è con loro, e scopre che sua figlia lavora con Freccia Verde. Non le piace l’idea che Felicity si riavvicini a suo padre, e le confessa che non fu lui ad andarsene, ma fu lei a portarla via, perché spaventata dalle azioni criminali di Noah. Comunque, Felicity, Noah e Curtis riescono a togliere il controllo di Rubicon dalle mani di Darhk, ma Noah deve andarsene su richiesta di Donna.
Nei flashback sull’isola, Taiana (Elysia Rotaru) acquisisce i poteri magici dell’idolo, ma ne viene sopraffatta, e comincia ad agire in modo sconsiderato e violento per sconfiggere gli uomini di Reiter (Jimmy Akingbola). Quest’ultimo raggiunge lei e Oliver per lo scontro finale.
A Tenat Noah, Oliver e Diggle respingono l’attacco dei soldati, e Oliver riesce a sottrarre Thea all’influenza della droga. Malcolm viene neutralizzato dall’intervento della figlia, e Oliver lo esorta a guidare l’evacuazione della città, perché Anarky (Alexander Calvert) è riuscito a prendere possesso della sala comandi. Tiene in ostaggio Ruvé Darhk (Janet Kidder) e sua figlia, costringendo Oliver, Thea e Diggle a intervenire. Una freccia di Oliver danneggia involontariamente il sistema che gestisce la fonte energetica della città (molto instabile, trattandosi di una lega di stella nana), e la struttura comincia a crollare. Anarky trafigge Ruvé con una freccia, poi affronta i tre eroi, ma riesce a fuggire. Oliver salva la figlia di Darhk, mentre Ruvé viene schiacciata dai detriti: prima di morire, chiede a Oliver di portare in salvo la bambina. Tenat Noah viene evacuata, lasciando una voragine nei Glades.
Malcolm comunica la notizia a Darhk, che ora è deciso a distruggere l’umanità anche senza un’arca dove rifugiarsi. Solo Felicity può aiutarlo a riprendere il controllo di Rubicon, e infatti si presenta a casa sua, lasciandola di stucco…

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Anarky in Tenat Noah
La quarta stagione di Arrow è prossima alla fine, e improvvisamente il piano di Damien Darhk sembra privo di senso, almeno in rapporto alla sua personalità: Darhk ha dimostrato di essere il big bad più sadico e crudele nella storia dello show (anche più di Malcolm Merlyn, Deathstroke e Ra’s Al Ghul), eppure si dichiara così disgustato dalla violenza del mondo contemporaneo da decidere di spazzarlo via per costruirne uno nuovo. La sua logica è molto discutibile, anche quando sceglie – per l’ennesima volta! – di graziare Oliver e Diggle, pur avendo l’opportunità di ucciderli facilmente dopo tutti i guai che gli hanno causato in precedenza. Insomma, le forzature sono all’ordine del giorno, e la sospensione d’incredulità è messa a dura prova.

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Detto questo, è giusto riconoscere anche i meriti di Lost in the Flood, episodio nel complesso molto godibile in virtù della sua predilezione per lo spettacolo. Il melodramma viene relegato alle tediose questioni familiari di Felicity, solo parzialmente ravvivate da un umorismo un po’ stucchevole, mentre l’ossatura della puntata è fatta di azione pura e semplice, da sempre il lato migliore di Arrow. La fuga di Spartan e Freccia Verde lungo le strade di Tenat Noah, seguiti da un carrello che inquadra la scena in modo cristallino, è un piccolo gioiello di ritmo e coreografia che esprime al meglio le potenzialità spettacolari della serie, facendosi perdonare l’artificiosità di alcuni momenti (certe esplosioni e alcune reazioni degli stuntman – soprattutto nelle cadute o in altre acrobazie – sono palesemente calcolate, e la regia fa ben poco per mascherarlo). Anche il combattimento a quattro fra Thea, Oliver, Diggle e Anarky funziona molto bene, per quanto sembri improbabile che un singolo antagonista come Lonny Machin possa tener testa a tre eroi, o anche al solo Freccia Verde; c’è di buono, però, che la sua abilità gli permette di scappare, e questo significa che lo rivedremo in futuro. Anarky si è infatti affermato come uno dei migliori villain della serie, soprattutto grazie alla sua consapevole mancanza di razionalità e al suo rapporto morboso con Thea: possiamo star certi che farà capolino anche nella quinta stagione, in un modo o nell’altro.

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La cavalcata verso il finale procede a velocità molto sostenuta, e l’episodio non rallenta mai il passo, nemmeno nei flashback. Da almeno un paio d’anni, ormai, i flashback hanno perso gran parte del loro interesse (anche perché le fasi più rilevanti del percorso formativo di Oliver sono state già raccontate), e vengono percepiti dal pubblico con notevole fastidio, ma gli autori hanno avuto l’accortezza di ridurre al minimo la loro durata: i segmenti del passato sono brevissimi, e raccontano la trama per lampi essenziali, concentrandone gli sviluppi in poche scene e poche battute; così, evitano di spezzare eccessivamente il ritmo della puntata, e nel caso di Lost in the Flood non arrecano danni alla coerenza della narrazione (anzi, la suspense cala di più nei passaggi con Felicity).

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Il cliffhanger suggerisce una radicalizzazione del conflitto nell’ultimo episodio, poiché Darhk – dopo aver perduto sia Ruvé sia l’arca – è determinato a spazzare via l’umanità senza nemmeno salvarne un frammento, e vuole costringere Felicity ad aiutarlo. Vedremo come si evolverà la situazione, ma destano una certa curiosità anche i dubbi di Oliver sul suo operato, quando si chiede se il folle piano di Darhk non abbia sortito effetti più concreti – nel dare speranza ai cittadini disillusi – rispetto a tutto ciò che lui ha fatto come supereroe, con la sua maschera e il suo nome in codice. Oliver, d’altra parte, ha sempre nutrito delle incertezze sulla bontà delle sue azioni, e chissà che lo scontro risolutivo con il supervillain non gli faccia ritrovare la fiducia in se stesso, costringendolo a invocare il suo lato luminoso…

La citazione:
«Chiedo scusa… per caso ti ho mai dato l’impressione di essere un tipo razionale?»

Ho apprezzato:
– Le scene d’azione
– La caratterizzazione di Anarky
– La riduzione dei flashback all’essenziale
– I dubbi di Oliver

Non ho apprezzato:
– L’incoerenza di Damien Darhk
– I passaggi con Felicity e i suoi genitori

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