Jeeg Robot e il bel cinema italiano protagonisti dei David di Donatello 2.0

Jeeg Robot e il bel cinema italiano protagonisti dei David di Donatello 2.0

Di Andrea Suatoni

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Ieri sera la 60esima edizione dei David di Donatello, tenutasi agli Studios di Roma Tiburtina, ha portato sul palcoscenico una cerimonia molto più fresca e vivace di quelle a cui eravamo abituati negli anni passati. Il presentatore Alessandro Cattelan (pur non esente da gravi gaffes come l’errata attribuzione del leitmotiv di Lo chiamavano Trinità al maestro Morricone anziché ad un arrabbiatissimo Micalizzi) è piaciuto molto al pubblico e il paragone con la Notte degli Oscar inizia ad essere convincente, in un trend che, complice il passaggio della trasmissione sulle reti Sky, speriamo sia destinato ad accrescere sempre di più il prestigio e il carattere della premiazione.

Privilegiati dalla giuria di qualità (formata principalmente da “esponenti della cultura, dell’arte, dell’industria, dello spettacolo, con particolare attenzione alle sue varie categorie tecniche e artistiche, e da personalità rappresentative della società italiana”, come leggiamo sul sito ufficiale che riporta i nomi di tutti i giurati) sono stati Il Racconto dei Racconti di Matteo Garrone e il film rivelazione Lo chiamavano Jeeg Robot, debutto dell’esordiente Gabriele Mainetti che ha lasciato stupefatti la quasi totalità di pubblico e critica verso un film a cui praticamente nessuno aveva inizialmente dato fiducia: snobbato dai produttori italiani, Mainetti si è autoprodotto (e il premio accreditatogli come Miglior produttore oltre a sancire la sua indiscutibile bravura evidenzia delle linee karmiche quasi poetiche) ed ha portato avanti un progetto che pur con un budget tutt’altro che faraonico – un Cinecomic da 1.8 milioni di euro farebbe quasi sorridere se ne parlassimo oltreoceano – nulla ha da invidiare alle produzioni supereroistiche di colossi come la Marvel o la DC comics.

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LA CHIAMAVANO ALESSIA

Poker per Lo chiamavano Jeeg Robot, che giustamente porta a casa tutti i premi per l’interpretazione: Migliore attore non protagonista allo Zingaro di Luca Marinelli (e non ne siamo rimasti affatto stupiti, Marinelli concorreva anche con un’altra nomination come Migliore attore protagonista per il film Non Essere Cattivo), Migliore attrice non protagonista per la napoletana Nunzia di Antonia Truppo, Miglior attore protagonista all’ombroso Enzo Ceccotti di Claudio Santamaria ed infine la rivelazione della stagione cinematografica: il premio di Migliore attrice protagonista va ad una spettacolare Alessia interpretata da Ilenia Pastorelli, artista assolutamente esordiente che ha dovuto lottare per far emergere il proprio talento contro i pregiudizi (come da lei stessa, dominata dall’emozione, ricordato durante la premiazione) che la vedevano solamente come ex concorrente del Grande Fratello. Ilenia soffia meritatamente il premio ad artiste di ben più comprovata esperienza, da Paola Cortellesi (Gli Ultimi Saranno gli Ultimi di Massimiliano Bruno) a Sabrina Ferilli (Io e Lei di Mariasole Tognazzi) a Valeria Golino (Per Amor Nostro di Giuseppe Gaudino) a Juliette Binoche (L’Attesa di Piero Messina), fra le altre.

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7: LA MISURA MASSIMA DI QUALSIASI COSA

Lo Chiamavano Jeeg Robot si accaparra ben sette statuette: oltre ai quattro premi assegnati gli attori, il film ottiene la statuetta per il montaggio e il bravissimo Gabriele Mainetti viene premiato sia come Miglior produttore che come Regista esordiente: lo stesso Matteo Garrone, vincitore del premio per la regia, ha affermato che se si fossero trovati nella stessa categoria probabilmente avrebbe dovuto cedere il primo posto al talentuoso collega, riconoscendo la pregevole fattura dell’opera prima di Mainetti. Il film vince anche nella categoria Miglior montaggio.
Anche Garrone d’altra parte, con il fiabesco Il Racconto dei Racconti, raccoglie sette premi: insieme a quello alla regia, i premi per fotografia, scenografia, effetti digitali, costumi, trucco e acconciature tradiscono una estrema cura nel comparto visivo nella pellicola.
Il premio al Miglior film però va al Perfetti Sconosciuti di Paolo Genovese, che evidenzia un estremo coraggio nell’attribuire l’ambito titolo ad una commedia, genere solitamente bistrattato da questo tipo di cerimonie. Perfetti Sconosciuti vince anche nella categoria di Miglior Sceneggiatura: per quanto si potrebbe pensare quindi che per il titolo di Miglior film ci si sia basati in larga parte anche sui notevoli incassi e che la scelta risulti controversa se associata ai prestigiosi premi dei film di Mainetti e Garrone, l’apprezzamento alla sceneggiatura chiarisce che il canone principale su cui ci si è mossi è stato quello della continuità narrativa e della coerenza interna della vicenda, che in effetti nel film di Genovese gioca con dei twist continui che oltre a creare un’ottima vena comica lo hanno con tutta probabilità portato alla vittoria.

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E A VOI E’ PIACIUTA LA CERIMONIA DI PREMIAZIONE DEI DAVID DI DONATELLO? COSA NE PENSATE DEI PREMI ASSEGNATI?

 

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