Canary Cry, diciannovesimo episodio di Arrow, ci riporta al famigerato flashforward del primo episodio, chiudendo i conti con un mistero che ha attraversato l’intera stagione: il risultato è una delle puntate migliori nella storia dello show, diretta da Laura Belsey su sceneggiatura di Wendy Mericle e Beth Schwartz.
Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER
Laurel (Katie Cassidy) è morta: Damien Darhk (Neal McDonough) l’ha trafitta con una freccia, e ora i suoi amici sono addolorati e smarriti. Suo padre Quentin (Paul Blackthorne) non si dà pace, e quando scopre che in città si aggira una nuova Black Canary comincia a credere che Laurel sia ancora viva. Purtroppo però non è così: il suo cadavere si trova ancora all’obitorio. Quentin allora contatta Nyssa (Katrina Law) per portare il corpo di sua figlia al Pozzo di Lazzaro, ma il Pozzo è andato distrutto, e il detective è costretto ad accettare la perdita.
Intanto, Oliver (Stephen Amell), Felicity (Emily Bett Rickards), Diggle (David Ramsey) e Thea (Willa Holland) devono convivere con il proprio dolore. Diggle si sente in colpa per non aver dato retta ai dubbi di Oliver sulla lealtà di suo fratello, e aggredisce il sindaco Ruvé Darhk (Janet Kidder) per vendicarsi, ma Freccia Verde lo ferma prima che la uccida. Per tutta risposta, Ruvé scatena la task force della polizia contro i vigilanti.
Anche la nuova Black Canary ce l’ha con l’amministrazione cittadina, e assale Alex Davis (Parker Young) mentre si trova con Thea. La ragazza mascherata fugge grazie al Canary Cry, il collare sonico che ha rubato dagli effetti personali di Laurel, anche se in realtà dovrebbe funzionare solo con l’impronta vocale di quest’ultima. Freccia Verde tenta di fermarla, ma lei lo accusa di aver pensato solo ai suoi cari, lasciando morire gli altri prigionieri di Reddington quando Darhk stava sperimentando Genesis. La squadra scopre che si tratta di Evelyn Sharp (Madison McLaughlin), studentessa modello e promettente atleta i cui genitori sono stati uccisi da Darhk proprio in quell’occasione.
Parallelamente, in alcuni flashback, scopriamo cosa accadde dopo la morte di Tommy: Laurel pronunciò un elogio funebre al posto di Oliver, che si sentiva troppo in colpa per parlare. I due condivisero alcuni momenti insieme, ma poi Oliver decise di tornare a Lian Yu per espiare i suoi sbagli, salutando Laurel con una lettera.
Nel presente, dopo la fuga di Evelyn, Felicity riesce a individuare la sua posizione grazie al riconoscimento facciale: si trova allo Star City Plaza, l’hotel dove si sta svolgendo un galà con Ruvé Darhk. Evelyn irrompe sul posto, spara a due guardie e si trova faccia a faccia con Evelyn, ma Freccia Verde la convince a non sparare per non rovinare l’immagine di Black Canary. La ragazza scappa via, e poi fa capolino al funerale di Laurel, dove Oliver rivela a tutti che era lei la vera Black Canary, ripulendone la reputazione.
Alla fine, Barry (Grant Gustin) fa visita all’amico per porgergli le sue condoglianze, poi lo lascia solo. Felicity lo sta aspettando in macchina, dove gli dice che dovrà uccidere Darhk. Oliver non sa come fare, si sente totalmente inerme, ma Felicity sa che troverà una soluzione, come sempre.
L’infinito addio
Gli episodi luttuosi sono sempre cruciali nella storia di una serie tv. Josh Whedon centrò il capolavoro con The Body, nella quinta stagione di Buffy, mentre Arrow – pur senza raggiungere quei livelli – riesce a confezionare una delle puntate migliori della sua storia quadriennale, ponendo al centro della trama sia il dolore della perdita (declinato nelle reazioni dei vari personaggi) sia la momentanea impossibilità di elaborarla.
L’intelligenza delle tre autrici (fa piacere constatare che sceneggiatura e regia siano di marca interamente femminile, una rarità nel genere action) emerge dalla palese autoconsapevolezza che caratterizza l’episodio: i personaggi – Quentin Lance in primis – sanno fin troppo bene di vivere in un mondo dove la morte è spesso fasulla, risolvibile e non definitiva, quindi la scomparsa di Laurel e l’apparizione di un’altra Black Canary fanno vacillare le loro certezze, anche di fronte al cadavere dell’amica. Canary Cry, però, cerca di approfondire il lutto nella sua veste più drammatica e “realistica”, quindi non c’è spazio per gli inganni, i trucchi o le magie: Laurel è morta per davvero, e nulla può riportarla indietro. Impossibile non empatizzare con il povero Lance, che ha già visto una figlia tornare per ben due volte dalla tomba, e spera che il miracolo si ripeta; ma stavolta il dramma è definitivo, e l’episodio adotta una narrazione dolente che rispecchia lo smarrimento dei protagonisti.
Ognuno di essi incarna un diverso stadio dell’elaborazione del lutto: Lance rappresenta una combinazione di rifiuto e patteggiamento, Diggle la rabbia, Felicity e Thea (seppure in misura minore) la depressione, Oliver l’accettazione. Se questo non bastasse, le gesta colleriche della nuova Black Canary amplificano i conflitti interiori dei personaggi, come uno spettro del passato che torna a perseguitarli, mettendo Freccia Verde di fronte alle sue responsabilità di supereroe: la sua missione e il suo ruolo dovrebbero imporgli di pensare agli altri prima che a se stesso, ma Oliver ha fallito in questo proposito, ignorando le vittime di Damien Darhk per salvare esclusivamente i suoi cari (in particolare Felicity nel finale di metà stagione). Per una volta, la girandola dei sensi di colpa provoca una sofferenza verosimile, mentre i protagonisti si aggirano disorientati per le strade di Star City.
D’altra parte, Arrow è sempre stato un melodramma d’azione, ma in tal caso le sfumature melodrammatiche non appaiono gratuite e stucchevoli, bensì dolorose e credibili, al punto da far passare in secondo piano anche le incertezze del copione (le sceneggiatrici non si preoccupano di spiegare come Evelyn Sharp riesca a usare il collare sonico di Black Canary, né di illustrare il suo passato in modo chiaro). E, contrariamente al solito, l’alternanza tra due linee temporali sortisce un valido effetto emotivo, trovando giustificazione nella struttura del racconto. Canary Cry comincia infatti con una scena che spiazza astutamente lo spettatore: vediamo un funerale, ma scopriamo ben presto che non è quello di Laurel, poiché lei stessa si alza per commemorare il defunto; a quel punto capiamo che si tratta del funerale di Tommy, e le autrici – con un’abile operazione di retro-continuity – mettono in scena gli eventi successivi alla stagione 1, prima che Oliver tornasse su Lian Yu per espiare i suoi peccati. Katie Cassidy ha quindi l’opportunità di salutare lo show con un ruolo attivo, interpretando gli ultimi momenti della tormentata storia d’amore con Oliver. La consapevolezza della sua morte rende il tutto ancora più toccante, anche perché le autrici sanno quali corde sfiorare.
L’epilogo si ricollega al flashforward del primo episodio, solo che stavolta l’inquadratura mostra il nome sulla lapide. L’impressione è che il lutto non sia stato ancora elaborato del tutto, e forse soltanto la morte di Darhk potrà garantire una chiusura. Nel frattempo, il Team Arrow è costretto ad affrontare la sua crisi più profonda.
La citazione:
«Sai perché incolpo sempre me stesso in situazioni come questa? Perché almeno posso darmi una risposta. A volte abbiamo semplicemente bisogno di una risposta per attribuire un senso a una situazione insensata.»
Ho apprezzato:
– L’andamento drammatico e dolente dell’episodio
– Le diverse reazioni dei personaggi, che corrispondono alle varie fasi dell’elaborazione del lutto
– L’alternanza tra passato e presente
– La nuova Black Canary come uno spettro del passato
Non ho apprezzato:
– Le lacune della sceneggiatura per quanto riguarda Evelyn Sharp
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