A prima vista può sembrare strano, ma gli animali antropomorfi non sono così frequenti nei lungometraggi Disney. Con la felice eccezione di Robin Hood (1973), gli animali non si sono mai sostituiti agli uomini nel dominio della Terra, ma si sono limitati ad assumerne alcune caratteristiche (il linguaggio, le abitudini, le idiosincrasie) in un mondo dove la loro esistenza si affiancava alla nostra, spesso vivendo avventure e conflitti di cui gli umani non sospettavano nulla. Zootropolis parte quindi dal modello di Robin Hood per sistematizzare un’utopia animalista da cui deriva il calzante titolo originale del film, Zootopia: gli esseri umani non sono mai esistiti, e gli altri mammiferi si sono evoluti al posto nostro, abbandonando lo stato di natura (con la sua divisione tra predatori e prede) per costruire una società apparentemente ugualitaria, basata sulla fratellanza e sulla convivenza civile. La stessa città di Zootropolis è un miracolo di concept design che soddisfa le esigenze di ogni animale, dai piccoli roditori ai grandi pachidermi, concedendo ampio spazio all’immaginazione degli illustratori. Non si tratta, infatti, di una metropoli costruita per gli animali, bensì dagli animali: ogni distretto è un’estensione della natura, ogni elemento tecnico-logistico risulta funzionale alle necessità e alla corporatura dei mammiferi. I panorami della città sono talmente brulicanti di dettagli (per non parlare dei cartelloni pubblicitari e dei celebri marchi “trasfigurati” in chiave animalesca) che servirebbe una seconda visione per coglierli tutti.
Il punto, però, è che l’egualitarismo di questa realtà parallela si ferma alla superficie, poiché la società di Zootropolis è fondamentalmente classista: l’audace coniglietta Judy Hopps deve faticare il triplo (un po’ come accade alle minoranze in svariati ambiti lavorativi) per diventare agente di polizia, e comunque la sua specie non è ritenuta idonea per un compito del genere. L’ossessione per gli stereotipi alimenta il pregiudizio, e gli impulsi sovversivi vengono sradicati sul nascere: lo stesso Nick Wilde – volpe che vive di espedienti e piccole truffe – è stato plasmato dai pregiudizi nei confronti dei carnivori, e istituisce con Judy un rapporto speculare, dal quale entrambi potranno imparare qualcosa. Questa collaborazione forzata li porterà sulle tracce di alcuni animali scomparsi, alle cui spalle si cela un complotto che potrebbe minare le fondamenta stesse della città.
Il sottotesto moraleggiante si appella al nucleo del sogno americano (ovvero: con l’impegno e il talento si può avere successo ed effettuare il salto sociale), ma Zootropolis lo inserisce in un contesto sorprendentemente critico, soprattutto nei suoi palesi richiami alla contemporaneità: l’idillio di questa “utopia” rischia di crollare sotto il peso della paura, sfruttata dalle istituzioni per limitare le libertà individuali e rendere accettabile una politica reazionaria. La costruzione di uno spauracchio artificiale, di un nemico su cui riversare il terrore e l’odio dell’opinione pubblica, è infatti al centro di un efficace intreccio giallo che si gusta come un mistery, piacevole e incalzante nello svelamento progressivo dei suoi indizi. È facile intuire chi sia il colpevole, ma il rovesciamento dei ruoli (prede che diventano predatori, vittime che si trasformano in carnefici) svela un approccio antiretorico che non asseconda i sopracitati pregiudizi, ma li abbatte nella sostanza.
Per certi versi è una rilettura dei vecchi buddy cop, commedie d’azione dove una coppia mal assortita di “eroi” doveva risolvere un intrigo più grande di entrambi, affidandosi alla compensazione delle rispettive lacune. L’umorismo è spesso brillante, e talvolta si adatta più all’immaginario degli spettatori adulti che dei bambini, pur restando godibile in senso trasversale: la sequenza con i bradipi alla motorizzazione – oltre a dimostrare le qualità della raffinatissima personality animation – s’impone come uno dei pezzi comici più esilaranti degli ultimi anni, anche per la sua capacità di giustificare le gag con un intento satirico. Ne deriva un film che bilancia il notevole impatto spettacolare con una sceneggiatura intelligente, ricca di trovate narrative e di gag scoppiettanti: senza dubbio, uno dei prodotti migliori che i Disney Animation Studios abbiano confezionato in questo decennio.
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Zootropolis uscirà nelle sale italiane il 18 febbraio. Troverete maggiori informazioni sulla pagina facebook ufficiale.
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