«Thomas Wolfe scriveva come se gli restasse poco da vivere, Hemingway non ha mai rischiato. Non ha mai usato una parola che il suo lettore dovesse andare a cercare sul vocabolario» disse una volta William Faulkner. Nonostante in Italia il suo nome non sia molto popolare, Thomas Wolfe è stato uno dei più importanti scrittori americani di inizio ‘900, sia per l’originalità della sua prosa, piena di lirismo, allitterazioni ed immagini poetiche che per l’influenza che la sua narrativa ha avuto sulla nascita della beat generation e la narrativa statunitense in generale. Il suo talento fu scoperto da Max Perkins, allora già dietro i primi successi di Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, un editore fuori dal comune, capace di stringere rapporti che andavano ben al di là del lavorativo con i propri autori e per questo al centro di romanzo biografico del 1978 dello scrittore, poi premio Pulitzer, Andrew Scott Berg. È proprio questo testo alla base di Genius, pellicola di debutto alla regia del finora solo attore Michael Grandage e firmata, alla sceneggiatura, da John Logan (Ogni maledetta domenica, Il gladiatore) . Da una parte l’eccentricità di uno scrittore fuori dal comune come Wolfe, tanto energico, quanto da limitare per incalarne al meglio la propria creatività, dall’altra la seria dedizione di Perkins. Entrambi, in nome della letteratura, furono disposti a sacrificare parte della propria vita privata ed affettiva.
Chi dei due fu il vero genio?La risposta che emerge dalla pellicola è Wolfe, ma chi emerge di più, quanto a capacità di generare interesse, è Perkins. Non ci vuole. Per quanto la trama possa giocare su due piani narrativi, la realtà e l’ispirazione letteraria, ciò che manca al film è una qualsiasi complessità nella scrittura. E così, sia Perkins, che ancora più Wolfe, risultano personaggi monocordi, già visti e rivisti, esonerati da qualsiasi svolta caratteriale che ne possa fare emergere la complessità umana. Persino ciò che scelgono di sacrificare in nome dell’arte, viene sottolineato in entrambi i casi da ciò che non danno alle rispettive compagne, interpretate rispettivamente da Laura Linney e Nicole Kidman. Escluse le prime scene, il battere del piede sul marciapiede sotto la pioggia e la prima lettura del manoscritto di Wolfe, Grandage gira il tutto in maniera convenzionale, senza riuscire mai a dare, attraverso le immagini, qualcosa di più di quanto dicono già i dialoghi. Le interpretazioni, di conseguenza, non possono essere eccellenti, per quanto si apprezzino gli sforzi di Jude Law e Colin Firth nel reinterpretare, a loro modo, personaggi storici realmente esistiti senza tradirne la memoria. Presentato in concorso alla 66esima edizione della Berlinale, Genius è destinato a diventare un utile documento per chi in futuro vorrà saperne di più di Perkins e Wolfe, ma non per chi ama il grande cinema.
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