Archivio

True Detective, la recensione del penultimo episodio: Black Maps and Motel Rooms

Pubblicato il 04 agosto 2015 di Lorenzo Pedrazzi

Black Maps and Motel Rooms, settimo nonché penultimo episodio di True Detective, offre una narrazione ricca di avvenimenti che ci proietta verso il gran finale della seconda stagione…

Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER

Ani Bezzarides (Rachel McAdams), Ray Velcoro (Colin Farrell) e Paul Woodrugh (Taylor Kitsch) si rifugiano nella camera di un motel. Con loro c’è anche Vera Machiado, reduce dal festino orgiastico: lei e Ani soffrono ancora i postumi delle droghe che hanno assunto. Esaminando i documenti rubati da Paul, scoprono che i terreni lungo il percorso della metropolitana sono stati avvelenati per svalutarne il prezzo, mentre le quote di Ben Caspere sono state ridistribuite fra i soci rimantenti.
Ray fa visita a Frank Semyon (Vince Vaughn) per raccontargli cos’è successo, poi si reca a un incontro con Katherine Davis per fare rapporto, ma la trova morta nella sua macchina. Hanno usato una pistola di Ray per incastrarlo, quindi il detective è costretto a rifugiarsi nel motel insieme ad Ani, ricercata per l’omicidio della guardia durante il festino. Vera racconta che Tasha è stata uccisa nella capanna in mezzo al bosco perché aveva cercato di ricattare gli ospiti illustri delle orgie, poi viene affidata da Ani a sua sorella.
Intanto, Frank scopre da Blake e dal sindaco Chessani che Osip si è preso tutti i suoi club, e che lo scopo del russo è sempre stato quello di estrometterlo dal giro. Frank uccide Blake, quindi avverte Jordan (Kelly Reilly) di prepararsi alla fuga, ed elabora un piano: vende alcuni diamanti, ordina armi e passaporti falsi, infine utilizza uno stratagemma per far sgombrare il suo casinò, dopo essersi prestato a un finto dialogo riconciliatorio con Osip. Frank uccide uno degli uomini di quest’ultimo, apre il gas e dà fuoco al locale.
Paul mette sua madre ed Emily in un motel per tenerle al sicuro; Ani, invece, manda suo padre e sua sorella verso nord, scortate dal suo ex partner di polizia. Paul, nel frattempo, ha scoperto che la rapina del ’92 fu opera di poliziotti: Holloway, Burris e Dixon. Caspere, che lavorava nella loro centrale, li aiutò a spostare i diamanti. Dixon non ottenne nulla, mentre Holloway, Burris e Caspere guadagnarono alcune posizione di potere a Vinci. La stessa sparatoria con Amarillo è stata una messinscena organizzata da Holloway e Burris. Ma che fine hanno fatto Leonard e Laura, i figli della coppia che fu uccisa nella rapina alla gioielleria? Ani e Ray, osservando le foto dei festini e confrontandole con l’immagine di Laura, deducono che quest’ultima potrebbe essere Erica Johnson, ex assistente di Caspere.
Paul viene ricattato da qualcuno che gli ha scattato delle foto mentre si intratteneva con Miguel, il suo ex commilitone, e ora deve recarsi a un incontro per “comprare” quegli scatti. Sul posto trova proprio Miguel e la sua ex squadra speciale, che ora lavora per la sicurezza della Catalyst. Il detective viene condotto in un sotterraneo: a capo della squadra c’è Holloway, che vuole farsi consegnare i documenti sottratti alla villa del festino. Paul finge di collaborare, ma riesce a disarmare Holloway e a tramortirlo, fuggendo poi dagli altri. Sfruttando il buio, riesce a ucciderli tutti, quindi sale le scale ed esce all’aperto… ma Burris, che lo aspettava fuori, gli spara due colpi di pistola alla schiena, uccidendolo.
Parallelamente, ignari di tutto, Ani e Ray trovano un po’ di calore l’uno nell’altra.

All the lonely people
Puntata densissima di avvenimenti e rivelazioni, Black Maps and Motel Rooms radicalizza la condizione precaria dei tre detective, che ormai – com’era già capitato nella prima stagione – incarnano la lotta del singolo contro le istituzioni, sorta di leviatano corrotto e invincibile che sopprime ogni divergenza. La qualità principale dell’episodio risiede proprio nel senso costante di pericolo che aleggia sui protagonisti, innescando un clima di tensione inesauribile, capace di autoalimentarsi con il progredire delle scene. Anche l’empatia ne guadagna moltissimo.

Il leviatano fa terra bruciata attorno ai suoi nemici, e l’omicidio di Davis non serve soltanto a isolare i nostri eroi dalla legge, ma anche ad accusare Ray Velcoro di quello stesso delitto, rendendolo un fuggitivo. Ani Bezzarides è invece ricercata per l’omicidio della guardia al festino orgiastico, e queste circostanze costringono i detective a vivere in una condizione di stasi: la stanza del motel, non-luogo anonimo e scialbo, coagula in sé tutta la frustrazione di due personaggi che sperimentano una forzata paralisi narrativa (non possono uscire, non possono agire), e trovano conforto solo nel disperato sfogo sessuale che unisce le loro anime stremate. La scena che sfocia in questo incontro carnale, così ricca di silenzi e dialoghi claudicanti, sembra sintetizzare tutte quelle caratteristiche che suscitano l’avversione del pubblico nei confronti di True Detective, ma in realtà è accuratamente costruita per restituire la desolazione umana, psicologica ed emotiva dei personaggi coinvolti: le loro esistenze, costellate da traumi antichi (come il rapimento e lo stupro della piccola Ani, di cui abbiamo avuto conferma nel dialogo con il padre), si trascinano alla deriva in mare aperto, e solo una corrente fortuita le ha portate sulla medesima rotta.

L’onere dell’azione spetta quindi a Frank e Paul, con risultati opposti. Frank elabora un piano di fuga che gli permette di sbarazzarsi di alcuni nemici (Blake in primis), ma dalle sue avventure emerge soprattutto un palese dualismo morale tra lui e i suoi avversari. Pur essendo abituato a servirsi di corruzione e violenza per raggiungere i suoi obiettivi, Frank si pone dei limiti ben definiti, come dimostra la sua buona fede nel rapporto con Ray. I suoi crimini, per quanto esecrabili, non lo spingono a servire il Male Assoluto (rappresentato da gente come Osip, McCandless e gli altri potenti che avvelenano le istituzioni), ma resta confinato all’arricchimento individuale. Ne scaturisce un percorso parallelo di vendetta e ritorsione che, nel finale, potrebbe incrociare il cammino di Ray e Ani, proiettati verso un obiettivo comune.

Il vero eroe tragico dell’intera vicenda è però Woodrugh, primo caduto tra i protagonisti della serie. L’epilogo di Black Maps and Motel Rooms è una drammatica celebrazione del suo valore: Paul rifiuta di consegnare Ani e Ray per salvarsi la pelle, e combatte come un «guerriero divino» (definizione coniata da Ray) sbaragliando la sua vecchia unità con l’implacabile precisione di un ninja, all’interno di una scena tutta giocata sull’alternanza tra luce e buio. Purtroppo, però, un destino beffardo e vigliacco lo attende sulla soglia della libertà, e assume le fattezze del tenente Kevin Burris, che lo fredda alle spalle con tre colpi di pistola. Curioso che la sua identità resti celata per quasi tutto l’episodio, come se fosse un colpo di scena da tenere in serbo per il climax: non era certo difficile immaginare che fosse proprio lui a spiare le mosse di Paul. Comunque, l’inquadratura finale di Emily rappresenta il culmine impietoso di una puntata trascinante, ben strutturata sul piano della suspense, del pathos e delle svolte narrative. Un’ottima premessa per la chiusura della stagione.

La citazione: «Sei la persona più innocente che abbia mai conosciuto.»

Ho apprezzato: La tensione costante lungo tutto l’episodio; il senso di pericolo e di precarietà che aleggia sui protagonisti; la densità delle rivelazioni; il tragico eroismo di Paul; Ray e Ani.

Non ho apprezzato: Il tentativo di celare l’identità di Burris.

Potete scoprire, commentare e votare tutti gli episodi di True Detective sul nostro Episode39 a questo LINK.