È stato uno dei registi horror più rilevanti nella storia del cinema, capace di influenzare il genere per tre decadi consecutive, anche come sceneggiatore: il grande Wes Craven si è spento ieri a Los Angeles dopo una lunga malattia, aveva 76 anni.
Nato a Cleveland il 2 agosto 1939, Wes Craven si laurea in Lettere e Filosofia alla Johns Hopkins University, e ottiene persino un incarico come insegnate nel medesimo ateneo, salvo poi abbandonarlo per dedicarsi al cinema. Lavora come “tuttofare” in una casa di produzione, dove impara le tecniche del montaggio e comincia a lavorare in proprio, dirigendo spot pubblicitari e film porno. Il suo primo lungometraggio, in effetti, è proprio il porno Together, prodotto insieme a Sean S. Cunningham.
La svolta giunge però nel 1972, quando Craven debutta nel cinema horror con un film ispirato a La fontana della vergine di Ingmar Bergman: si tratta de L’ultima casa a sinistra, caposaldo del New Horror, una rivoluzione anticipata da George Romero con La notte dei morti viventi e poi proseguita da Tobe Hooper con Non aprite quella porta. Wes Craven stravolge la rappresentazione della violenza, che diviene cinica, prolungata e scioccante, e trasferisce l’orrore tra le pieghe del quotidiano, smarcandolo dalle atmosfere sospese delle antiche magioni e dei castelli gotici. Il regista conferma questo approccio nel successivo Le colline hanno gli occhi (1977).
Craven continua a rinnovare il cinema dell’orrore anche negli anni Ottanta, soprattutto con il celeberrimo A Nightmare on Elm Street (1984), dove la violenza degli adulti ricade sui loro figli. Oltre a creare una delle più grandi icone horror di sempre, Freddy Kruger, Nightmare rivoluziona i canoni dello slasher, introducendo un elemento onirico e surreale che cavalca il rinnovato matrimonio tra l’orrore e il fantastico, tipico di quel decennio. Kruger sfugge alla solida fisicità degli altri serial killer, e raggiunge le sue vittime nell’intimità dei sogni, dominati da leggi completamente estranee alla realtà quotidiana, soggette alla volontà del mostro. A Nightmare on Elm Street genera un franchise che conta ben sette capitoli, un cross-over (con Venerdì 13) e un pessimo remake. Gli anni Ottanta di Wes Craven, però, si ricordano anche per Il serpente e l’arcobaleno (1988), gioiello semi-dimenticato, ma meritevole di attenzione: intriso di suspense e paranoia, capace di fondere la realtà e l’incubo senza soluzione di continuità, è uno dei pochi film a trattare la figura dello “zombie” nella sua connotazione originale, propria del folclore haitiano.
Gli anni Novanta cominciano con uno dei suoi film migliori, lo spendido The People Under the Stairs (1991), noto in Italia come La casa nera. Memore del decennio precedente, Wes Craven scrive e dirige un dramma sociale che si trasforma lentamente in una fiaba macabra, imponendosi come uno dei migliori horror per ragazzi di sempre: l’audacia e il candore dei bambini si contrappongono alla brutale follia degli adulti in uno scontro archetipico, dentro una magione sinistra e irta di trappole. In seguito, con Nightmare – Nuovo incubo (1994), Craven non si limita a rileggere il “mito” di Freddy Kruger, ma inaugura (insieme al contemporaneo Il seme della follia di John Carpenter) la stagione del meta-horror, segnando profondamente il cinema di genere degli anni Novanta. Gli attori del Nightmare originale divengono personaggi, e Freddy Kruger entra nel mondo “reale” per minacciare la loro esistenza, in quanto entità demoniaca che soltanto i film possono tenere imprigionata in una dimensione fantastica. Il culmine di tale rinnovamento coincide però con Scream (1996), forse il cult dell’orrore più amato degli ultimi vent’anni, emblema – nonché miglior esponente – di un filone molto prolifico. Scream dimostra che l’horror, ormai consapevole di se stesso, è pronto per meditare sui propri codici rappresentativi, e mette in scena una vicenda slasher che enuncia apertamente gli stereotipi del genere, spesso tradendoli o ribaltandoli. Non una parodia, ma un film che gioca con i cliché del New Horror, quelle regole non scritte che hanno sempre guidato la mano degli sceneggiatori. Scream si impone subito nell’immaginario collettivo, e dà luogo a tre sequel altalenanti, con un valido quarto episodio che, nel 2011, tenta di rilanciare la saga sulla scia dei moltissimi reboot dello stesso genere, denudandone i cliché.
Si tratta dell’ultima regia firmata da Wes Craven, che negli anni Duemila non riesce a incidere sul cinema horror come in passato, anche perché film come Cursed e Red Eye, seppur godibili, tendono a ripetere alcuni meccanismi già noti. Ciononostante, ci ha lasciati un regista di grande talento, la cui memoria sopravvive nell’immaginario di ogni spettatore, non solo fra gli appassionati di horror.
Un vero innovatore.
— Wes Craven (@wescraven) August 31, 2015
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