Cinema SW Japan

Perchè Miss Hokusai è un (bel) film da vedere

Pubblicato il 22 giugno 2015 di Redazione

(copyright Production I. G)

Screenweek dal Giappone

In Giappone è uscito da un mesetto e proprio nei giorni scorsi è stato presentato in anteprima fuori dall’arcipelago al Festival International du Film d’Animation d’Annecy dove ha ricevuto il premio della giuria. Stiamo parlando di Miss Hokusai, l’ultimo lungometraggio animato diretto da Hara Keiichi (Colors, Summer with Coo) e realizzato dalla I.G Production, un film che ha suscitato reazioni positive ma discordanti fra gli addetti ai lavori ed il pubblico (qui il trailer).

La storia è quella di Tetsuzō, artista che abita con una delle sue figlie, la vivace ma talentuosa Ō-Ei, separato dalla famiglia. I due nel caotico laboratorio dipingono e vendono i loro lavori nella brulicante Edo (l’odierna Tokyo), la capitale del Giappone nel periodo in cui le vicende sono ambientate, il 1814. Tetsuzō è uno dei nomi con cui è conosciuto niente di meno che Hokusai Katsushika, l’artista nipponico forse più conosciuto, colui che nell’Ottocento, nel Novecento ed ancora oggi avrebbe infuenzato migliaia e migliaia di artisti di tutto il mondo. 

  

Ho visto il film un paio di settimane or sono in un piccolo cinema Giapponese, pieno di persone di mezza e terza età, era di pomeriggio, forse attirate dal manga a cui il lungometraggio si ispira, Sarusuberi di Sugiura Hinako, pubblicato nell’arcipelago dal 1983 al 1987. Sperando che il film prima o poi giunga anche in Italia, possibilmente sul grande schermo, provo ad elencare alcuni motivi per cui merita e valga la pena di essere importato e visto. 

  (copyright Production I. G)

Inannzitutto le splendide animazioni della Production I.G ed il modo,  specialmente attraverso la tavolozza di  colori usata, attraverso il quale viene resa la caotica bellezza e vivacità della capitale e dei suoi protagonisti. La vita di Hokusai, il suo essere totalmente assorto nella creazione delle sue opere ed il suo trascurare la famiglia, il suo usare la figlia O-Ei per realizzare alcune delle sue opere senza darle credito e soprattutto il negare una delle sue figlie, la più piccola e malata, tutto questo getta una luce diversa su Hokusai stesso e sull’idea del “grande artista” in generale. L’andamento episodico della pellicola inoltre, che per molti rappresenta il punto debole del lavoro, secondo me è uno dei suoi punti di forza, lo rende leggero ma allo stesso tempo non superficiale. Non siamo davanti ad una storia stile Ghibli per intenderci, un fiume che ci rapisce avvolgente, ma più in presenza di una serie di rivoli di montagna, leggeri e lucenti. La critica della vita privata di Hokusai ad esempio è tratteggiata ed accennata sì con il sorriso, ma non per questo è meno ficcante, anzi è una sorta di pensiero postumo che resta e viene a galla dopo la visione. 

    (copyright Production I. G)

Poi c’è la musica rock che accompagna alcune scene, per quanto possa sembrare fuori luogo, dona al film un’atmosfera diversa dalle solite ricostruzioni d’epoca che si vedono di solito, una sprizzata d’energia che ben si sposa con il personaggio di O-Ei, indipendente, quasi-ribelle e nel fiore dei suoi anni. Mi ha sorpreso anche il tono erotico di alcune scene, poche se vogliamo, ma raccontate col piglio disinvolto e diretto con cui probabilmente l’argomento veniva vissuto all’epoca. La scena in cui O-Ei va in una casa di piacere per “sfogarsi” e “trovare sé stessa” è una delle più sorprendenti di tutto il film. 

 (copyright Production I. G)

Belle poi sono le descrizioni dei voli di fantasia, dei sogni ad occhi aperti di padre e figlia quando sono toccati o visitati dagli “spiriti” o dalle muse, qui il folklore nipponico e l’arte si congiungono alla perfezione. Per ultima poi, la parte forse più riuscita della pellicola, il rapporto fra la sorellina non vedente e Ō-Ei, le scene nella neve con la piccola che gioca da sola e la sorella maggiore che ricorda la sua infanzia passata/mancata col padre è davvero molto struggente e vale da sola la visione del film. 

 (copyright Production I. G)