“Le persone fanno continuamente scelte irrazionali, anche credere nella religione può esserlo”.
Al Festival di Cannes per presentare Irrational Man, Woody Allen riesce come sempre a mascherare con lo humour anche una risposta più seria. Gli viene naturale, anche quando in realtà, da artista, almeno così lui rivela ciò che gli è mancato di più è stato il permesso di girare più drammi che commedie:
“Purtroppo a lungo da me si aspettavano solo che facessi ridere, ma se tornassi indietro nel tempo e avessi la libertà economica necessaria, i film divertenti sarebbero solo delle rarità all’interno di una filmografia piena di film drammatici”.
Irrational Man, il suo ultimo film, riflette del resto questa sua voglia di “impegno”. C’è qualche sprazzo del suo solito humour e la stessa presenza di Joaquin Phoenix riesce spesso a strappare un sorriso anche solo con un’espressione del volto, ma gli argomenti sono alti, si parla di esistenzialismo e fortuna, di filosofia e delle sue conseguenze se si vuole passare dalla teoria alla pratica. Sembra una risposta al suo Match Point, di cui riprende prima di tutto il punto di riferimento letterario, Delitto e Castigo, ma di cui mutua alcune svolte narrative.
La stampa (giustamente) lo ha applaudito a lungo a fine proiezione (del resto, come sottolineato dal regista cieco di Hollywood Ending, “Grazie ai Dio esistono i francesi“) e così è avvenuto in conferenza stampa dove è arrivato accompagnato da Emma Stone, ma non dallo schivo (ma ormai non è una novità) Joaquin Phoenix.
“Anche il migliore pezzo di arte un giorno però scomparirà”.
Il tono cupo è seguito da altre affermazioni ad effetto come “La vita non ha senso” e “L’unica cosa che un artista può fare è distrarre la gente dallo squallore dell’esistenza”. Anche sulla serie di sei episodi che ha deciso di realizzare per gli Amazon Studios le parole non sono al miele:
“Mi pento ogni giorno di aver firmato, è stato un errore catastrofico, sto facendo del mio meglio, ma avrei preferito non averlo mai dovuto fare. Inizialmente pensavo sarebbe stato un film di tre ore diviso in sei episodi di mezz’ora, ma il progetto è cambiato ed ora è una cosa diversa”.
Sul fatto di non essere in concorso, Allen ripete la stessa risposta di sempre:
“Non lo sono mai stato, non riesco a capire in che modo un film possa essere meglio di un altro. Il padrino è meglio di Quei bravi ragazzi? Chi lo dice? La gente fa film per ragion diverse. Per soldi ad esempio. O per ragioni artistiche. Io li faccio perché mi piace il lavoro. Una volta che il film è finito e lo vedo, ecco, è tutto. Lascio la sala e non lo vedo più per tutto il resto della mia vita ”