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Blasfemo? Molto di più. Però si ride, e tanto. The Brand New Testament, la recensione. Cannes2015

Pubblicato il 21 maggio 2015 di Andrea D'Addio

Dio esiste. Vive a Bruxelles. È odioso con la moglie e la figlia. È stato detto molto di suo figlio, ma molto poco di sua figlia. Sua figlia sono io. Il mio nome è Ea e ho dieci anni

The Brand New Testament, Jaco Van Dormael, 2015

Immaginate un burbero ed antipatico creatore che ormai passa le giornate davanti ad un  computer per rendere “leggi” (un po’ come quelle di Murphy) spiacevoli situazioni di vita quotidiana come “una fetta biscottata con marmellata che cadrà sul pavimento lo farà sempre sul lato sbagliato” o “la fila accanto alla tua andrà sempre più veloce”. Ha creato Bruxelles solo perché si annoiava, ma è lì che dovrà “scendere” se vorrà recuperare la figlia Ea colpevole di avergli mandato il tilt il pc ed inviato a tutti i cittadini via sms la data della loro morte. Ecco, se lo avete fatto, siete solo a metà di quel mondo che Jaco Van Dormael ha creato (l’ha scritto assieme a Thomas Gunzig, l’ha diretto da solo) per The Brand New Testament, il film che dovrebbe cercare di rilanciare la sua stella dopo il flop di Mr. Nobody, film del 2009 costato più di 30 milioni di euro per un incassarne poco più di tre. Sì, perché poi, a tutto questo, va aggiunta la ricerca di nuovi apostoli, gente comune, ma pronta completamente a cambiare via una volta che vengono a conoscenza del tempo che gli manca. Ed allora ecco che non si può più aspettare di lasciare la propria moglie che non si ama più o per vestirsi da ragazza anche se si è maschietti o, addirittura, per diventare vittima di un colpo di fulmine con un gorilla conosciuto al circo (Catherine Deneuve in uno dei suoi ruoli più dissacranti di sempre).

The Brand New Testament è prima di tutto una commedia. E, come tale, riesce nel suo obiettivo. Diverte, Ogni scena è basata sulla contradditorietà tra ciò che ci si aspetta facciano i personaggi e ciò che realmente fanno. Il primo è logicamente Dio. Farlo passare alla squadra dei cattivi significa potere giustificare i tanti dispiaceri e tragedie di cui possono essere vittime gli uomini. Blasfemia? Se è possibile anche di più. A cascata lo stesso approccio paradossale è utilizzato per tutti gli altri personaggi. Si va avanti a scenette, ma la fluidità del racconto non ne risente. Forse, dopo un po’, alcuni potrebbero stancarsi di una comicità costantemente sopra le righe, ma ne va comunque apprezzata l’originalità e il coraggio produttivo. Alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes le proiezioni si sono concluse con applausi scroscianti da parte del pubblico. Basterà a far arrivare questo film in Italia?