Nessuno si salva da solo – ScreenWeek intervista il regista Sergio Castellitto

Nessuno si salva da solo – ScreenWeek intervista il regista Sergio Castellitto

Di Leotruman

nessuno si salva da solo

Torna Sergio Castellitto, che ancora una volta sceglie di collaborare con la moglie Margaret Mazzantini per portare sul grande schermo un romanzo bestseller della scrittrice. Dopo gli apprezzati Venuto al mondo e Non ti Muovere, ecco arrivare Nessuno si salva da solonuova fatica artistica della coppia, con protagonisti Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca, ma nel cast ci sono anche Anna Galiena, Massimo Ciavarro e Massimo Bonetti.

La storia segue le vicende di una coppia separata si trova a cena per discutere dell’estate e dell’organizzazione dei figli. Sarà solo l’inizio di un percorso che li riporta a rivivere tutta la loro storia d’amore, dall’inizio travolgente alla drammatica fine

Dopo avervi proposto l’intervista a Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca (la trovate QUI), ecco arrivare il resoconto del nostro incontro proprio con Castellitto. Quali sono i temi alla base del film, e com’è stato dirigere nuovamente un film tratto dalle pagine di un romanzo della Mazzantini? Quali sono le chiavi di lettura che offre al pubblico riguardo a questa intensa quanto umana storia?

Primo film che dirige da Margaret Mazzantini del quale non firma anche la sceneggiatura. Com’è maturata questa decisione?

Sergio Castellitto: In realtà è sempre stato così, perché la scrittura è compito di Margaret. Non a caso nei titoli non scrivo “sceneggiatura di” ma “scritto da”, perché è una cosa un po’ diversa. Faccio sempre parte, in ogni caso, del processo della scrittura in modo fondante. Sono quello che stabilisce anche i tempi, ed è sempre vicino il lavoro a Margaret, ma la conoscenza che lei ha dei personaggi, del reticolo di relazioni umane, di aggregati di comportamenti, di descrizioni, è ovviamente unico. Ogni volta che inizio un film tratto da un suo romanzo dico a tutta la troupe: “Leggetevi il libro prima di iniziare, e avrete risposta alle vostre domande”. La sceneggiatura certo si chiude, come una gabbia, ma vista la frase “un giardino finito è un giardino morto”, continui ad avere la possibilità di cambiare, di ruotare, di dare spessore. La sceneggiatura deve rimanere qualcosa di fortemente vivente, e continuo a pensare che il cinema prima di tutto si scrive, e poi si gira.

sergio castellitto nessuno si salva da solo

Dei tre romanzi portati sullo schermo, questo è quello che il pubblico può sentire più vicino. Al fatto di essere genitori, coppia. Questo come ha cambiato il modo di lavorare sul film, come regista e non?

Questo è il film dove c’è meno preoccupazione di trama. La trama sono le relazioni umane, ma non ciò che accade. Io cerco sempre di fissare di paletti, pur prendendomi delle libertà. Abbiamo non a caso pensato dopo anni dalla sua pubblicazione di portarlo al cinema, non avevamo mai pensato di farne un film. Poi un anno fa l’ho riletto per caso, perché ogni tanto riprendo in mano i libri di Margaret ne leggo una pagina, mi soffermo su una parte. Mi è caduto l’occhio su una frase: “L’errore era stato quello di trovare tutto in un’unica persona”. Mi ha colpito, ed è una chiave spesso della crisi della coppie. Le cose che ti hanno fatto innamorare a volte finiscono per essere quelle che detesti dell’altro. L’ironia magari ti ha fatto innamorare e poi te ne vergogni, così come della leggerezza e di tante altre qualità. È il libro che ha meno storia, ma è quello che riesce ad essere più vicino a tutti, perché non è un film generazionale ma un film di mille generazioni.

Da spettatore il film funziona anche come autoanalisi, cosa ne pensa?

Quando faccio il regista sono il primo spettatore del film. Il mio atteggiamento è molto basico, completamente privo di sovrastrutture. Io guardo, e spesso sfioro il ridicolo perché davanti ad alcune scene piango. Stabilisco l’emozione di una scena anche solo girando una scena e poi voltandomi verso il macchinista e vedendo la sua reazione. Il gancio più interessante è sempre quello umano, io non sono un cinefilo.

Quali sono state le scelte che vi hanno portato a selezionare Jasmine e Riccardo per i ruoli di Delia e Gaetano?

Sono due attori dotati di talento luminoso. Inoltre la loro sostanza umana, così come la loro fragilità di 35enni, ha una certa adesione ai due personaggi. È stata un’occasione straordinaria anche per loro perché sono personaggi che ti permettono capire qualcosa anche su te stesso, recitare te lo permette. I personaggi costruiti bene sono come delle finestre aperte: guardi fuori e pensi di guardare qualcos’altro, e invece trovi anche te.

Nessuno si salva da solo Jasmine Trinca Riccardo Scamarcio foto dal film 5

È un film politico, perché non c’è niente di politico della nostra intimità. Guardate che cosa ha combinato la crisi, ha sfasciato l’economia ma ha anche modificato la sessualità delle persone. La gente non ha più voglia di fare l’amore perché è depressa, la gente se ne va di casa, dice che non ama più. “Non ti amo più perché sono preoccupato!” dicono, e questa è una delle cose più interessanti. Nella famiglia, anche chi non l’ha fatta e non la vuole fare, bisogna fare i conti perché è e rimane la cellula germinale della società. Delia e Gaetano hanno cercato di essere diversi, di non “farsi fregare” dai soliti meccanismi, e invece sono rimasti fregati come molti altri. Lo spettatore pare che abbia bisogno di rintracciare qualcosa di autobiografico nel film, mentre lo vede e dopo la visione.

Gaetano è, o si crede, un artista. Come vede in Italia ora la figura dell’artista, che non riesce a mantenere la sua famiglia?

Essere un’artista è essere una persona che accetta il rischio del ridicolo, di camminare sempre sull’orlo. Il problema è capire: una cosa che mi emoziona e mi spaventa quando vedo i giovani che si avvicinano a questo mondo è capire, capire se hai talento o meno. Se hai talento puoi essere disposto a soffrire e penare, mentre a volte è frainteso. C’è una scena, quella del divano, dove Delia si commuove per la bellezza e il talento delle parole di Gaetano, e in un’altra lo sbeffeggia e lo prende in giro. Il film è costruito in maniera molto precisa: le cose che si amano che vengono mostrate poi finiscono per essere trasformate in quelle che si odiano. Le cose che ti hanno fatto innamorare sono quelle che ti spingono a lasciare. Tocca dei nervi molto interessanti, così come quello di essere un’artista, perché a volte uno fraintende qualcosa di sé…

Come mai la scelta del Villaggio Olimpico come quartiere dove vivono Delia e Gaetano?

Nessuno si salva da solo Riccardo Scamarcio foto dal film 2

La scelta del villaggio olimpico è stata una delle più azzeccate. Nasce negli anni ’60 come il futuro, la speranza. Dopo diventa per molti anni una specie di Bronx, circondato però dal ricco quartiere dei Parioli. Poi l’arrivo dell’Auditorium riqualifica la zona, e sono tornati a vivere giovani, famiglie, ci sono feste e il quartiere è tornato in vita. Delia e Gaetano non potevano che vivere lì, perché deve essere tutto credibile.

La scelta della colonna sonora è molto incisiva, quali scelte vi sono dietro?

Ho scelto dei poeti, ho scelto dei cantastorie. Tom Waits, Leonard Cohen, Amedeo Minghi… Lucio Dalla. È come se ad ogni canzone si gira una pagina della storia. È proprio la struttura del film che volevo assomigliasse ad una canzone: il ristorante è il ritornello, e ogni volta lo si canta e suona in maniera diversa.

QUI la recensione in anteprima

QUI il trailer del film

Nessuno si salva da solo uscirà nelle sale italiane il 5 marzo distribuito daUniversal Pictures ItaliaQui la pagina facebook ufficiale del film.

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