Valediction, ottavo episodio nonché season finale di Agent Carter, chiude la trama della prima stagione ma lascia le porte spalancate a un eventuale seguito…
Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER.
Dopo la morte di Roger Dooley (Shea Whigham), sacrificatosi per salvare i suoi colleghi, Peggy Carter (Hayley Atwell), Daniel Sousa (Enver Gjokaj) e Jack Thompson (Chad Michael Murray) si recano nel luogo in cui Dottie (Bridget Regan) e il dottor Ivchenko (Ralph Brown) hanno liberato una delle invenzioni di Howard Stark (Dominic Cooper), ovvero un gas che suscita istinti omicidi incontrollabili. Per aiutarli e fare ammenda, Stark si presenta negli uffici dello Strategic Scientific Reserve insieme a Jarvis (James D’Arcy), e si offre di fare da esca per attirare i due criminali. Viene quindi organizzata una conferenza stampa per annunciare il ritorno del miliardario, ma le grandi misure di sicurezza non riescono a impedire che Stark venga rapito e condotto in uno dei suoi hangar, dove Ivchenko – in realtà l’ipnotista Johann Fennhoff – lo costringe a partire in aereo per liberare il gas su New York, facendogli credere che si tratti di una missione per recuperare Capitan America. Fennhoff vuole punire Stark per aver creato (in realtà inavvertitamente) quel gas, che ha provocato la morte di suo fratello e di un intero battaglione russo.
Peggy, Daniel e Jack, informati da Jarvis circa la posizione dell’hangar, si recano sul posto, ma non riescono a impedire la partenza di Stark. Peggy affronta Dottie e la sconfigge in combattimento, ma la spia, inizialmente creduta morta, riesce a fuggire; Daniel, immune all’ipnosi di Fennhoff grazie al cotone che si è infilato nelle orecchie, lo mette al tappeto e salva Jack. Jarvis parte con un altro aereo per abbattere Stark prima che rilasci il gas, ma spera che Peggy, via radio, riesca a farlo tornare in sé… e, all’ultimo minuto, ci riesce. La città è salva. Peggy torna all’SSR e viene accolta da un applauso, ma un senatore degli Stati Uniti attribuisce tutto il merito a Thompson. A Peggy, consapevole del suo valore, non importa. Lei e Angie Martinelli (Lyndsy Fonseca) vanno a vivere in una grande casa offerta da Stark.
Fennhoff, neutralizzato da una maschera in stile Hannibal Lecter, che gli impedisce di parlare, viene rinchiuso in carcere. Dal buio della cella emerge una figura nota: è Arnim Zola (Toby Jones), che vuole la sua collaborazione per mettere in atto i suoi piani nefasti. Dopotutto, l’America è «la terra delle opportunità».
Il finale di Agent Carter chiude nel modo migliore una serie che, sul piano dell’intreccio, ha faticato un po’ a trovare la sua strada, ma negli ultimi episodi è riuscita a riannodare i fili della narrazione con una certa coerenza, svelando inoltre un legame più profondo con i fumetti Marvel: non solo Dottie si è rivelata essere la prima Vedova Nera, ma abbiamo scoperto che il dottor Ivchenko è in realtà Johann Fennhoff alias Dottor Faustus, storico nemico di Capitan America. La componente meglio riuscita di Agent Carter appartiene però alla sfera psicologico-intimista, e in tal senso Valediction rappresenta il culmine del percorso formativo di Peggy, la sua catarsi conclusiva. Di fronte all’arroganza di Jack Thompson, che si prende il merito della vittoria, Peggy conserva la sua superiorità: sa bene di vivere in una società sessista, è abituata a non ricevere alcun ringraziamento, ma è ben consapevole delle sue qualità umane e professionali; ciò che pensano gli altri, chiusi nel loro atteggiamento discriminatorio, non le importa più. Inoltre, il finale dello show permette a Peggy di elaborare definitivamente il lutto per la perdita di Steve Rogers, e questo passaggio è simboleggiato dalla fiala di sangue che la protagonista svuota nel fiume Hudson, salutando l’ultimo brandello di lui che ancora teneva legato a sé. La sua vita, ora, può ricominciare.
In effetti, la serie era iniziata proprio con un flashback che mostrava le ultime parole scambiate dai due innamorati via radio, emblema di quel lutto che Peggy non riusciva proprio a elaborare, e ora la stagione si chiude con il superamento di tale perdita: nei suoi otto episodi, Agent Carter ha saputo costruire un’efficace struttura circolare che valorizza l’identità di Peggy sia come donna sia come eroina d’azione, rendendo onore alla prima protagonista femminile nella storia dei Marvel Studios. Per il resto, il ritmo della puntata si mantiene su buoni livelli e l’intrattenimento non manca mai, anche se dallo scontro con Dottie era lecito aspettarsi qualcosa di meglio in termini di pathos e spettacolo coreografico, soprattutto perché le ottime Hayley Atwell e Bridget Regan meritavano una resa dei conti meno sbrigativa.
Inattesa e molto gradevole è invece la scena finale, che si collega alla mitologia dell’Universo Cinematografico Marvel: Arnim Zola (il bravissimo Toby Jones) promette a Fennhoff che la battaglia non è finita, lasciando presagire la futura rinascita dell’Hydra in seno allo S.H.I.E.L.D., poi estirpata da Capitan America in The Winter Soldier e dalla squadra di Coulson in Agents of S.H.I.E.L.D.. Naturalmente questa sequenza potrebbe anche costituire un ponte per la seconda stagione di Agent Carter, ma toccherà alla ABC decidere di rinnovare o meno la serie. Peggy se lo meriterebbe di certo.
La citazione: «Io so quanto valgo. Ogni altra opinione non ha importanza.»
Ho apprezzato: l’interpretazione di Hayley Atwell; la prova di Bridget Regan; la chiusura circolare del percorso psicologico e sentimentale di Peggy; i legami con l’Universo Marvel; la scena finale con Arnim Zola.
Non ho apprezzato: lo scontro fra Peggy e Dottie meritava maggior cura.
Potete scoprire, commentare e votare tutti gli episodi di Agent Carter sul nostro Episode39 a questo LINK.