Non ha portato a casa un Oscar, cui era candidato per lo splendido adattamento dell’omonimo romanzo di Thomas Pynchon. Ciononostante, Vizio di Forma rimane uno dei titoli più interessanti della scorsa Awards Season e non solo. Dietro al progetto c’è infatti Paul Thomas Anderson, già apprezzato autore di titoli come The Master, Il Petroliere, Magnolia e Boogie Nights, qui di nuovo alle prese con un interprete stravagante ma di altissimo livello come Joaquin Phoenix e con un noir molto particolare, ambientato tra i “fumi” della Los Angeles corrotta e hippie del ’69, preda di speculazioni edilizie e oscure alleanze tra forze neonaziste e di polizia. Un bel po’ di materiale narrativo, insomma, su cui Anderson ha lavorato nel modo in cui ci ha raccontato in questa intervista, realizzata per la presentazione del film alla stampa italiana. Di seguito il nostro incontro con Paul Thomas Anderson, mentre vi ricordiamo che qui potete trovare la recensione del film, qui l’intervista all’interprete Joaquin Phoenix e qui quella alla produttrice Joanne Sellar.
Paul Thomas Anderson, ne Il Petroliere ha raccontato l’assenza e la ricerca di un padre, in The Master l’assenza e la ricerca di una madre. In Vizio di Forma qual è la ricerca? Quella del sogno americano o altro?
Direi che in questo caso la ricerca si fa ancora più tangibile: sostanzialmente si tratta della ricerca da parte del protagonista della sua ex ragazza.
Nella versione filmica in effetti Doc Sportello sembra più idealista e romantico che nel libro.
Beh questo è ottimo, ho sempre trovato il protagonista del libro molto romantico e se questo effetto è stato amplificato non può che essere positivo. Aiuterebbe a capirlo meglio. Doc è quel tipo di persona che continua a stupirsi che le cose che si leggono sul giornale siano vere. Non è stupido e non è così fumato, quindi è semplicemente naif.
Dopo gli ultimi film incentrati su uno o al massimo due personaggi di grande spessore, com’è stato passare a un’opera corale?
Devo dire che l’idea di avere così tanti personaggi mi affascinava molto, in particolare l’idea di avere tante parti femminili. In The Master c’è una sola ragazza mentre ne Il Petroliere neanche una: qui finalmente ho avuto l’opportunità di avere non solo uno splendido ensemble di attori ma anche un cast pieno di splendide attrici. Ammetto che è stato uno dei grandi pro di questo film, e poi, come diceva il grande Raymond Chandler, il succo di una detective story sta nel come l’eroe trova il modo di flirtare con una ragazza dopo l’altra.
Ha citato lo scrittore Raymond Chandler, però Vizio di Forma sembra volersi porre come una parodia del noir classico.
Assolutamente, anche nel libro Pynchon usa l’ossatura della detective story come una scusa, come il punto di partenza su cui costruire qualcosa di molto più personale. Per me inoltre un’altra grande fonte di ispirazione sono stati “I Favolosi Freak Brothers”, un fumetto dove i protagonisti sono sostanzialmente tre fattoni con un solo obiettivo, cioè trovare l’erba ed evitare la polizia di Los Angeles. Sono stati un riferimento non indifferente per lo stile e l’estetica del film.
La dipendenza è un tema centrale in molti suoi film. In questo, poi, sembra che nessun personaggio ne sia davvero immune, seppur sotto forme diverse che non si traducono solo nella droga. La dipendenza le sembra forse una costante della società americana?
Forse, ma penso che il fenomeno si possa riscontrare ovunque, compresa l’ Italia. La dipendenza non è certo un’esclusiva americana, anche se senza dubbio la dipendenza è un argomento che rientra tra le mie ossessioni. Credo che sia collegabile alle insicurezze che tutti ci portiamo dietro e al bisogno di stare meglio con noi stessi.
Ci parli della bellissima colonna sonora, tutta ovviamente a tema fine anni ‘60.
La musica è importantissima, soprattutto in un film come questo. Ma proprio perché parlavamo di un’epoca così importante dal punto di vista musicale, avevamo quasi l’obbligo e la responsabilità di fare qualcosa che fosse veramente interessante, non la top 10 del ’69. Per quanto riguarda lo score, invece, lo abbiamo pensato quasi per compensare la storia, che è molto intrecciata e tende a espandersi e complicarsi. La musica serve ad ancorarla a terra nei momenti di maggior spaesamento o, al contrario, a “elevarla” nei punti in cui deve prendere il volo.
Il film abbonda di piani lunghi che permettono agli attori di dare il meglio di sé. È stata una scelta consapevole?
Più o meno, in molte scene ci sono dialoghi serratissimi, con battute anche di una sola riga. Mi sembrava una buona idea tenere tutti i personaggi sullo schermo anziché usare un classico campo-controcampo ma non è una scienza esatta: ogni volta scegli quello che ti sembra più adatto. Di sicuro ho cercato di evitare manierismi e gli stereotipi del genere.. Il racconto si svolge in un’atmosfera già abbastanza surreale quindi spesso ho cercato di mantenere il realismo girando nella maniera più classica possibile.
L’ultimissima inquadratura di Vizio di Forma, non ricorda un po’ quella di Magnolia?
In realtà non è un riferimento, piuttosto una similitudine. Quello che mi premeva era dare un senso di malinconia, di un’irrequietudine paranoica che non riesce a lasciare il personaggio e che si riflette perfettamente sul volto di Joaquin. Lui riesce a fare questa specie di acrobazie con il viso che ti fanno pensare esattamente a un pensiero angosciante che si insinua e non permette mai di raggiungere un vero lieto fine.
Pensa che la società americana, o l’umanità in generale, abbia un vizio di forma?
Nel senso suggerito dal film assolutamente sì. Ci sono dei difetti intrinsechi che temo prima o poi verranno fuori con tutta la loro forza.
Vizio di Forma arriverà nelle sale italiane domani, giovedì 26 febbraio 2015. Nel cast troviamo Joaquin Phoenix, nel ruolo del protagonista Doc Sportello, Benicio Del Toro, Owen Wilson, Reese Witherspoon, Martin Short, Jena Malone e Josh Brolin. Per maggiori informazioni potete consultare la scheda del film sul sito Warner Bros.