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Agent Carter, la recensione del quarto episodio: The Blitzkrieg Button

Pubblicato il 02 febbraio 2015 di Lorenzo Pedrazzi

The Blitzkrieg Button, quarto episodio di Agent Carter, ospita il ritorno di Howard Stark e mostra l’esordio di un personaggio che nasconde qualche oscuro segreto…

Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER.

Peggy Carter (Hayley Atwell) e Jarvis (James D’Arcy) prelevano Howard Stark (Dominic Cooper) da un contrabbandiere che lo aveva aiutato a rientrare clandestinamente negli Stati Uniti. Howard chiede a Peggy di rubare una delle sue invenzioni che si trovano nei laboratori dello Strategic Scientific Reserve: il Blitzkrieg Button, un congegno che permette di disattivare ogni dispositivo elettrico nel raggio di molti chilometri. Intanto, il capitano Roger Dooley (Shea Whigham) si reca in Germania per interrogare un ufficiale tedesco che fu presente alla battaglia di Finow, dove morirono i due uomini che lavoravano per il Leviatano. L’ufficiale gli rivela che non fu combattuta nessuna battaglia: quando i tedeschi arrivarono, trovarono i cadaveri dei russi ammucchiati l’uno sull’altro, massacrati da qualcosa di sconosciuto. Dal canto suo, Daniel Sousa (Enver Gjokaj) interroga un senzatetto che potrebbe aver visto Peggy e Jarvis al porto, ma soltanto l’intervento di Jack Thompson (Chad Michael Murray), che offre all’uomo un hamburger e una bottiglia di scotch, risulta utile per farlo sbottonare.
Peggy recupera il dispositivo di Howard, ma scopre che al suo interno c’è una fiala contenente il sangue di Steve Rogers. Howard le spiega che quel sangue può nascondere la cura per molte malattie, ma Peggy lo accusa di averla ingannata, e di pensare solo all’eventuale profitto; poi, dopo aver cacciato Howard dalla sua stanza, nasconde la fiala in un buco nel muro. La sua vicina Dottie (Bridget Regan), si rivela essere una spia, ma i suoi obiettivi non sono chiari. Alla fine, la macchina da scrivere che il Leviatano usava per comunicare con i suoi uomini si riattiva improvvisamente…

Se l’unico riferimento socio-politico di Agents of S.H.I.E.L.D. è il presente dell’Universo Marvel, per lo più slegato dalla nostra attualità contemporanea, Agent Carter deve invece misurarsi con un contesto storico ben preciso, seppur contaminato dallo spettro dell’Hydra e dal ricordo di Capitan America: ne consegue un’attenzione piuttosto marcata per i risvolti di carattere umano e sociale, ormai quasi predominanti rispetto alla spy story. L’intreccio, in effetti, stenta a prendere quota, poiché The Blitzkrieg Button centellina la trama orizzontale in poche sparute rivelazioni, che inevitabilmente conducono a ulteriori domande e nuovi enigmi. Sappiamo che qualcosa – probabilmente il misterioso Leviatano – ha sterminato un intero battaglione russo nello scontro di Finow, e abbiamo scoperto che il pezzo forte della collezione di Howard Stark è una fiala contenente il sangue di Steve Rogers; inoltre, Dottie, la vicina di Peggy, si è rivelata essere la prima Vedova Nera (forse Claire Voyant), o comunque una spia affiliata allo stesso programma di addestramento. Queste rivelazioni, però, servono soprattutto per preparare il terreno ai prossimi episodi, relegando The Blitzkrieg Button a una funzione transitoria, dove l’azione è molto scarsa (il momento migliore lo si deve proprio a Dottie, il cui stile somiglia parecchio a quello di Natasha Romanoff) e l’intrigo spionistico rimane sostanzialmente fermo.

In compenso, la gestione dei personaggi è molto apprezzabile: Sousa si conferma un ottimo comprimario, dotato di una sensibilità non comune tra i suoi colleghi di sesso maschile, ma costretto a riconoscere che cinismo e pragmaticità sono spesso più efficaci nell’America post-bellica, soprattutto fra i reduci disincantati e livorosi che, dopo la guerra, hanno perso tutto. Peggy, d’altra parte, continua a essere perseguitata dal fantasma del suo amore perduto, che stavolta si materializza nel sangue di Steve Rogers e nell’inganno di Howard Stark; di fronte a tutto questo, la bravissima Hayley Atwell reagisce in modo molto personale, da donna ferita nell’orgoglio, prima ancora che nei sentimenti. Interessanti anche le affermazioni di Jack Thompson, il quale parla a Peggy con molta franchezza e le dice che nessun uomo la vedrà mai come suo pari: in fatto di concretezza e cinismo, Thompson non è secondo a nessuno..

Insomma, un altro episodio ben costruito sul piano emotivo, psicologico e sociale, ma paradossalmente meno accurato in termini di azione, suspense e mistero. Pazienza, Agent Carter funziona bene anche così: nelle prossime puntate, però, sarà lecito aspettarsi qualche progresso in più della trama orizzontale.

La citazione: «È l’ordine naturale dell’universo: tu sei una donna, nessun uomo ti considererà mai suo pari. È triste, ma non lo rende meno vero.»

Ho apprezzato: l’interpretazione di Hayley Atwell; il personaggio di Sousa; il ritratto del contesto sociale; l’introduzione della prima Vedova Nera.

Non ho apprezzato: i pochi sviluppi nella trama orizzontale; la scarsità d’azione.

Potete scoprire, commentare e votare tutti gli episodi di Agent Carter sul nostro Episode39 a questo LINK.