Nei primi anni ’60 Stephen Hawking (Eddie Redmayne), un promettente studente di Cambridge conosce Jane Wilde (Felicity Jones). Tra i due sboccia subito l’amore, una gioia destinata a svanire ben presto, quando Stephen scopre di avere una malattia degenerativa che in brevissimo tempo lo porterà ad una paralisi totale del corpo. Ciononostante i due decidono di proseguire la loro storia.
Molti sono pronti a scommettere che La Teoria del Tutto sarà il film favorito della prossima Notte degli Oscar (soprattutto per quanto riguarda il premio al Migliore Attore Protagonista). Quasi sicuramente sarà così.
Le componenti essenziali per conquistare l’Academy del resto ci sono tutte, a cominciare da una storia particolarmente sofferta, resa nel migliore dei modi da un cast più in forma che mai. Si potrebbero spendere fiumi di parole sull’interpretazione di Eddie Redmayne, che non ha nulla da invidiare a chi prima di lui si è cimentato in ruoli simili, come ad esempio Daniel Day Lewis (Il mio Piede Sinistro) e John Hawkes (The Sessions). Il lavoro che ha fatto sul suo personaggio ha dell’incredibile ed è, ovviamente, quasi esclusivamente fisico. Il regista James Marsh ha fatto il resto, sottolineando ogni momento della malattia senza la morbosità in cui si rischiava troppo facilmente di incorrere.
Cosa allontana, dunque, La Teoria del Tutto dalla moltitudine biopic che hanno affollato (e continueranno ad affollare) il grande schermo e che sembrano nati per macinare premi come se non ci fosse un domani? Il punto di vista. Sì, perché quella che in realtà viene raccontata non è la biografia di Stephen Hawking, o almeno non lo è del tutto. Il film è tratto dal libro “Travelling to Infinity: My Life With Stephen”, scritto dall’ex moglie del fisico Jane Hawking, ed il punto di vista è prettamente femminile. Si tratta della vita di Hawking vista attraverso lo sguardo della donna che più gli è stata vicino e questa è una cosa decisamente importante, perché offre la principale chiave di lettura per comprendere questa pellicola.
La Teoria del Tutto mette da parte la sfera pubblica di Stephen Hawking (bene o male la conosciamo tutti) per soffermarsi su quella privata, e lo fa con un tatto unico, alternando momenti profondamente commoventi ad altri ben più divertenti. In questo gioco di sottrazioni, dove prevalgono le cose non raccontate, quello che rimane è una profonda storia d’amore, in grado di superare i confini che ogni opera biografica presenta. Perché in fin dei conti quello che contraddistingue le nostre esistenze – e più in generale il nostro “tutto” – è il sentimento. Ed è forse questa la teoria più importante.
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