Il 2014 ha segnanto il ritorno di un grande interesse nei confronti dei videogames horror di qualità. In particolare, nelle ultime settimane sono usciti due titoli di seminale importanza in tale ambito: Alien Isolation che abbiamo recensito qui e The Evil Within che vi andiamo subito a far conoscere più da vicino.
Per chi ancora non lo sapesse, il titolo disponibile per Playstation 4, Xbox One, PC, Playstation 3 ed Xbox 360, è infatti opera del maestro dell’orrore digitale, il papà di Resident Evil, Shinji Mikami.
Atmosfere cupe, piene di tensione, tantissimo horror e la sensazione tipica dei VERI survival, di trovarsi sempre vicini alla fine vuoi per un numero troppo elevato di avversari da sconfiggere, vuoi per situazioni sempre al limite e da nervi tesissimi, vuoi per le risorse limitate a disposizione. Sono questi gli ingredienti di The Evil Within che vedrà come protagonista il detective Sebastian Castellanos. Dopo aver assistito al massacro (molto spettacolare, non c’è che dire…) di alcuni suoi colleghi, Sebastian cade in un’imboscata e perde conoscenza.
Al suo risveglio, si ritrova in un mondo irriconoscibile e da incubo, nel quale spaventose creature vagano tra i cadaveri. Di fronte a un terrore inimmaginabile, e combattendo per la propria sopravvivenza, Sebastian si imbarca in un pauroso viaggio per scoprire cosa si cela dietro anche ad uno sdoppiamento dimensionale il cui collegamento sono gli specchi. Ovviamente non vi anticipiamo le conclusioni ma non mancano nel corso della narrazione vari colpi di scena…
The Evil Within è senza ombra di dubbio l’erede spirituale e materiale del capolavoro di Shinji Mikami, Resident Evil 4 (di cui TEW è carichissimo di citazioni), titolo considerato da molti un capolavoro assoluto, ma da altri poco apprezzato per aver cambiato (per sempre…) i canoni del genere videoludico di riferimento.
The Evil Within non è così rivoluzionario ma indubbiamente è molto più cupo, inquietante, splatter, “cattivo” sia visivamente ma anche nell’esperienza di gioco stessa. Anche a livello più semplice, la difficoltà è infatti clamorosamente elevata (in particolari per i devastanti boss di fine livello) ed il tasso di frustrazione mai così alto in un videogame si sopporta per l’incredibile qualità autoriale dell’esperienza proposta.
Anzi, anche la frustrazione fa parte del progetto morboso di Mikami che in The Evil Within ha veramente dato sfogo a tutte le sue fantasie più truci tanto che il titolo del videogame sembra quasi “autobiografico”. L’approccio per sconfiggere i vari mostri che incontreremo sul nostro cammino deve per forza di cose essere “stealth” tanto che non saranno poi così frequenti le uccisioni. Pensate che nelle 17 ore di gioco abbiamo racimolato un totale di sole 75 “vittime”, un numero veramente basso pensando solitamente a cosa accade solitamente in un gioco del genere.
Si ha quasi la sensazione che il “Male” debba comunque rimane radicato nella nostra esperienza di gioco, che il protagonista possa soltanto evitarlo in un simbolico stretto corridoio da percorrere senza farsi troppe domande, senza mai sentirsi l’imbattibile protagonista capace di superare ogni ostacolo senza difficoltà. Tutto questo ovviamente porterà a far amare alla follia il titolo ad alcuni e a farlo apprezzare molto meno ad altri, cosa che accade molto spesso con le realizzazioni di Mikami San.
Fino a questo momento non abbiamo mosso critiche oggettive a The Evil Within perchè un autore così importante ha la libertà di muoversi come preferisce sotto ogni punto di vista. Dobbiamo però annotare che la trama su cui si basa la produzione di Bethesda non è raccontata così bene come dovrebbe tanto che una volta completato il videogame, soltanto leggendo le note che avremo sbloccato di ogni personaggio riusciremo a capire meglio tutti i collegamenti fra i vari protagonisti. Purtroppo è un difetto riscontrabile molto spesso nelle produzioni nipponiche (anche negli anime) ma proprio Mikami non era mai caduto in questi scivoloni fino ad oggi.
Sul fronte visivo invece, torna la questione “autoriale” su alcune scelte compiute come la scelta di utilizzare il formato 2.35:1 stile film in blu-ray con le bande nere ai margini superiori ed inferiori dello schermo mentre è indubbio che il gioco soffre di qualche saliscendi qualitativo sia per le ambientazioni che per la modellazione dei personaggi. Nell’insieme però non si può certo bocciare l’esperienza estetica del gioco, tutt’altro: sono da lodare infatti i tanti accorgimenti per creare stanze piene di dettagli ed elementi così come alcuni effetti luce sono di qualità elevatissima.
Soltanto lodi infine per l’aspetto audio, curatissimo in ogni effetto sonoro ed arricchito da una localizzazione completa in italiano sicuramente al di sopra delle media.
Che giudizio dare quindi a The Evil Within? Che si tratta di un prodotto veramente “autoriale” la cui qualità è fuori discussione, destinato ad una particolare nicchia di pubblico che senza ombra di dubbio lo apprezzerà alla follia, chiudendo un occhio su alcuni limiti obiettivi che il titolo ha.
VOTO: 8.5