Stephen King non ha mai gradito Shining, la pellicola diretta da Stanley Kubrick nel 1980 e ispirata al suo omonimo romanzo. Gran parte dei cinefili di tutto il mondo lo considera un vero e proprio capolavoro, un’opera fondamentale per quanto riguarda il genere horror (e non solo), ma non lui. Il motivo? Le molte differenze tra la storia del film e quella del libro. Una cosa che l’autore sottolineò ai tempi dell’uscita del film, ottenendo come risposta dal regista che anche il romanzo “non era poi un gran capolavoro”.
Il tempo non ha assolutamente placato questo malumore e, durante una recente intervista per Rolling Stone, King è tornato a parlare della questione, sottolineando tutto ciò che non va nell’opera di Kubrick:
Il libro è caldo, mentre il film è freddo. Il libro finisce con il fuoco, mentre il film finisce con il ghiaccio. Nel libro c’è una parentesi dove vediamo quest’uomo, Jack Torrance, che cerca di essere un bravo ragazzo, e poco alla volta raggiunge la follia. Quando ho visto il film il mio personale pensiero è stato che lui fosse pazzo dalla prima scena. Al tempo ho dovuto tenere la bocca chiusa. Era uno screening e Nicholson era presente. Ma ho sempre pensato a me ogni volta che lo vedevo sullo schermo: “Oh, io conosco quest’uomo. L’ho visto in cinque film sulle motociclette, dove interpreta lo stesso ruolo”. Poi è così misogino. Voglio dire, Wendy Torrance ci viene presentata come una misera figura urlante. Ma è una mia questione.
Stephen King non ha colto anche l’occasione per parlare di Room 237, il documentario che cerca di far luce sulle molteplici chiavi di lettura presenti nel film di Kubrick, dimostrandosi anche in questo caso particolarmente critico:
Ne ho visto circa metà, ma ad un certo punto ho perso la pazienza e ho dovuto toglierlo. Non ho mai avuto pazienza per le stronzate accademiche. Come dice Dylan: “Se dai alle persone un bel po’ ci forchette e coltelli, finiranno per tagliare qualcosa”. Ed è proprio quello che succede in quel film.