A Feast of Friends, quarto episodio di Constantine, vede l’eponimo investigatore contrapporsi a un pericoloso demone che semina morte per le strade di Atlanta.
Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER
All’aereoporto di Atlanta atterra un uomo (Jonjo O’Neill) che ha portato dal Sudan una strana bottiglia. L’uomo ha l’aspetto di un drogato in crisi d’astinenza, e viene interrogato da un’agente aeroportuale che apre la bottiglia, liberando il suo mortale contenuto: un demone che si sposta da un corpo all’altro sotto forma di uno sciame d’insetti. Lo sciame entra nella bocca dell’agente, spingendolo a divorare compulsivamente qualunque cibo gli capiti a tiro.
L’uomo atterrato dal Sudan è Gary Lester, un vecchio amico di John Constantine (Matt Ryan) che partecipò insieme a lui al fallimentare esorcismo della piccola Astra, a Newcastle. Gary s’introduce nel rifugio di Jasper, dove viene trovato da John e Zed (Angelica Celaya), e spiega loro che quel demone era stato intrappolato nel corpo di un ragazzo sudanese che recava sul volto alcuni simboli di contenimento. Desideroso di espiare dopo Newcastle, Gary decise di liberare il ragazzo, e riuscì a imprigionare il demone nella bottiglia. Ora, però, l’entità sta consumando i cittadini di Atlanta, mentre le istituzioni credono si tratti di un’epidemia.
John rintraccia il demone in un mattatoio, ma è troppo potente, e non riesce a chiuderlo in una fiaschetta su cui aveva inciso i simboli magici. Per vederci più chiaro, fa visita al suo amico Nommo (Charles Parnell), che gli fa assumere una sostanza allucinogena in un rito di condivisione: i due uomini scoprono così che l’entità infernale è un “demone della fame”, generato dalle carestie in Africa. Uno sciamano, per salvare la sua gente, decise di sacrificare un ragazzo e imprigionare il demone nel suo corpo, incidendogli sul viso i simboli di contenimento con il kusa, un coltello rituale.
Intanto, Gary è scappato in cerca di una dose, superando la guardia di Zed: toccandola, le ha trasmesso momentaneamente la sua sofferenza, lasciandola a terra. Dopo averlo salvato da due spacciatori che lo stavano pestando, John accetta il suo aiuto per sconfiggere il demone. I due amici rubano un kusa dal museo di Atlanta, poi s’introducono in un teatro dove si trova un uomo posseduto dal demone. Ora, il piano di John si rivela per intero: l’unico modo per imprigionare l’entità consiste nel sacrificare un essere umano, come aveva fatto lo sciamano con il ragazzo. Gary, che vuole ancora espiare per i suoi errori, lascia che il demone entri dentro di lui mentre John recita un incantesimo e gli incide i simboli di contenimento sul viso. Lo riporta al rifugio, ma Zed lo accusa di essersi comportato in maniera spietata. John, però, le fa capire che la sua vita è una sequela di sacrifici dolorosi, e lei deve accettarlo se vuole rimanere al suo fianco. Gary, rinchiuso nel sotterraneo del rifugio, soffre pene indicibili mentre il demone lo consuma dall’interno. John lo assiste in silenzio, tenendogli la mano. Alla fine, Manny (Harold Perrineau) arriva per prelevare la sua anima.
Se gli scorsi episodi di Constantine hanno fatto ben poco per approfondire il tormento interiore del protagonista, A Feast of Friends lo giustifica in modo più chiaro, lasciando emergere dal suo passato un vecchio amico che partecipò agli eventi di Newcastle: Gary Lester incarna così il tipico “effetto collaterale” del lavoro di John, che si trascina dietro l’ombra scura degli affetti perduti in nome della battaglia contro le forze infernali. Contrariamente a molti altri eroi televisivi, John è quindi disposto a sacrificare cinicamente il prossimo per ottenere un bene superiore, ma l’ultima inquadratura – il momento più intenso della serie, almeno finora – rivela anche il suo conflitto privato, il suo profondo senso di colpa davanti a questa decisione, che comunque non prende a cuor leggero: John stringe la mano a Gary, che urla e si contorce per il dolore, mentre Manny, insolitamente grave e silenzioso, si siede al suo fianco, con lo sguardo basso e colmo di rispetto.
Peccato però che, per arrivare a questa scena, sia necessario passare da un episodio alquanto sgangherato, che si fa beffe della logica in molteplici occasioni: per quale ragione, ad esempio, Gary ha portato il demone negli Stati Uniti, quando avrebbe potuto tranquillamente liberarsi della bottiglia gettandola nell’oceano (o qualcosa del genere)? E com’è possibile che lui sia riuscito a imprigionare l’entità nella fiaschetta, mentre John – molto più esperto e potente – fallisce nel medesimo tentativo? Se a questi traballanti snodi narrativi si unisce anche la sostanziale futilità di Zed, inutile per la risoluzione dell’intreccio, ne risulta un episodio strutturato con scarsa attenzione, le cui forzature generano un fastidioso effetto di straniamento. Abbastanza divertente la sequenza trash delle visioni allucinogene (in cui Nommo stacca un bulbo oculare a John e lo inserisce nella sua orbita), così come gli sciami di blatte volanti che sgorgano dalle bocche dei malcapitati, ma l’episodio funge più che altro da espediente per costruire il valido finale, unico acuto di una trama piuttosto debole. Sempre efficace Matt Ryan, mentre Angelica Celaya conferma le sue improbabili faccette da cucciolo spaurito.
La citazione: «Tra il dire e il fare c’è di mezzo la tentazione. Sempre.»
Ho apprezzato: l’interpretazione di Matt Ryan; il sacrificio di Gary; l’inquadratura finale.
Non ho apprezzato: l’inverosimiglianza di certi snodi narrativi; il ruolo ininfluente di Zed; l’assenza di suspense.
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