È l’attore più pagato al mondo e la sua popolarità grazie ai film dell’Universo Cinematografico Marvel, ma anche con quello di Sherlock Holmes, è in costante aumento. Parliamo di Robert Downey Jr., l’attore candidato all’Oscar conosciuto da molti come Tony Stark-Iron Man, che è sbarcato oggi a Roma per presentare The Judge.
Si tratta del dramma famigliare diretto da David Dobkin (Due Single a Nozze), prodotto dalla Team Downey dell’attore e della moglie Susan, e pronto ad uscire nei nostri cinema dal 23 ottobre in 300 copie. Insieme a Robert Downey Jr. sono sbarcati nella capitale il regista, il produttore David Gambino e una delle leggende di Hollywood, il premio Oscar Robert Duvall, che nel film interpreta il Giudice del titolo, padre di Hank Palmer: avvocato in una grande città, torna nei luoghi della sua infanzia quando il padre, con cui non ha più rapporti da anni e che è il giudice della cittadina, è sospettato di omicidio. Decide allora di scoprire la verità e in questo percorso ricostruisce i legami con la famiglia da cui si era allontanato anni prima.
ScreenWeek ha partecipato oggi all’incontro stampa con i protagonisti ed ecco alcuni highlights:
Come avete creato quel senso di alchimia famigliare che poi vediamo sul grande schermo?
Robert Duvall: Abbiamo imparato a conoscerci. Poi sul set ovviamente facciamo quello che ci viene detto, ed è molto facile lavorare con questo tipo di persone, con squadre di grandi professionisti. Facilita il nostro lavoro come attori. La sceneggiatura poi era davvero brillante!
Robert Downey Jr.: Conoscere e frequentare Robert Duvall significa una cosa: mangiare! Lui sa cosa vuol dire mangiare bene. Abbiamo passato molto tempo insieme, proprio come una vera famiglia, e questo ci ha aiutato.
David Dobkin: La famiglia è qualcosa di molto importante. Quando scritto questo film, tutto è iniziato partendo dall’esperienza che io ho avuto, dalla perdita dei miei genitori. Mi sono seduto insieme a Robert e Susan, che non è qui perché in attesa del loro secondo figlio. Ci siamo seduti insieme, per creare questa storia. Abbiamo poi trovato buoni sceneggiatori, l’ultimo dei quali ha fatto un lavoro fenomenale, sviluppando il potenziale che c’era. Sono molto fortunato ad aver lavorato a questo film e con i migliori attori al mondo.
Che rapporto avevi con tuo padre? Era un regista e uno sceneggiatore di Hollywood. È vero che una volta gli hai chiesto due dollari e lui non te li ha dati?
Downey Jr: Era uno stronzo! Vuoi davvero sapere quanto è stato stronzo mio padre? (risate in sala) Ho avuto un rapporto conflittuale, ma chi non lo ha con suo padre! Però succede anche che se non dai a tuo figlio due dollari magari da grande ti organizza un tributo!
David Gambino: Lui è stato davvero un regista rinnegato, e vedo molto di lui in Robert. Non accetta mai la mediocrità, e cerca di trovare nuovi modi per raccontare una storia. A Los Angeles a dicembre si renderà omaggio a questo regista così influente negli anni ’60 e a volte dimenticato.
Non è mancato poi lo spazio per battute di vario genere, anche dello stesso Duvall (83 anni, grandissima energia):
Downey Jr.: ho sentito che il signor Duvall è l’attore con il più elevato numero di film nella Top100 del Time. Ho subito pensato “ Io devo recuperare!”
Duvall: “Però non vengo pagato su questa base!”
Oppure quando Robert ha detto che non riusciva a pensare ad un film di Duvall che fosse brutto. “Io sì!” ha riso invece il premio Oscar a domanda invertita, senza svelare però l’opera incriminata.
Che cosa vi spinge a scegliere un copione o una parte?
Downey Jr.: Certamente il personaggio, ma anche la storia e di cosa parla il film, con chi devi lavorare. La scelta iniziale, la più importante, è però focalizzata sul personaggio, e su su quanto è diverso da altre pellicole che hai già fatto.
È stato liberatorio dopo aver interpretato un supereroe vestire i panni di un uomo imperfetto come lo è Hank?
Downey Jr: È stato liberatorio tornare a sviluppare un nuovo personaggio, svilupparne le storie. La nostra non è qualcosa applicabile solo all’Indiana, quindi volevamo dargli un respiro internazionale, una storia che potesse essere compresa e vissuta nello stesso modo anche nel resto del mondo.
A vent’anni dalla scomparsa di Massimo Troisi qual è il suo ricordo? Vi ha lavorato insieme in “Hotel Colonial”?
Duvall: ll film era terribile ma la fotografia eccezionale! Mi ricordo che abbiamo girato in Messico, dove il cibo non è così buono, ma ho un bellissimo ricordo di Massimo, che aveva un senso dell’umorismo affascinante. Abbiamo passato degli splendidi momenti insieme.
Questo film ci fa riflettere sul rapporto genitori-figli. C’è un errore che bisogna assolutamente evitare e cosa invece deve essere fatto per salvare un rapporto?
Duvall: Non c’è una risposta valida per tutti. È individuale. È molto difficile, tutte famiglie che conosco sono complicate, ma allo stesso tempo non si può fare a meno della famiglia.
Vi fidate del sistema giustizia americano?
Downey Jr.: Una domanda semplice, grazie! Credo che sia da un lato un sistema complesso, ma comunque funziona. Mentre ero in aereo stavo leggendo “L’ascesa e la caduta dell’Impero Romano: non è cambiato niente da allora…
Dobkin: C’è la giustizia personale e poi il diritto. È complicato quando si intrecciano. C’è qualcosa che a voi sembra giusto, ma altre che bisogna sopportare. Il film descrive questo complesso, e in realtà va a porre quesiti superiori.
C’è ancora spazio ad Hollywood per pellicole come queste?
Giambino: Anche ad Hollywood c’è spazio per film che toccano il cuore, questo film non è un’anomalia, così come il fatto che sia stato realizzato in studio. Siamo in un momento storico dove le persone cercano evasione, due ore di pausa e sollievo prima di tornare nel mondo, ma vogliono anche emozionarsi. Vogliamo continuare a girare pellicole come The Judge, e sono contento di Warner Bros e del passo che hanno compiuto accettando di realizzarlo.
Quali sono i programmi della casa di produzione che hai aperto con tua moglie?
Downey Jr: Mia moglie Susan è una produttrice fantastica. Noi riceviamo molte sceneggiature, eppure piuttosto che ricevere materiale noi vogliamo crearlo. Ci piacciono molto i film drammatici che si svolgono in tribunale, come The Judge ma anche come il reboot di Perry Mason che vogliamo realizzare. Stiamo progettando anche una versione moderna della favola di Pinoccho, e Yucatan, tratto da un racconto di Steve McQueen.
Considera l’infanzia come parte più importante della nostra vita?
Dobkin: Penso che quello che ci succeda nei primi anni sia ciò su cui si basa il resto della nostra vita. Le cose che abbiamo fatto per sopravvivere da bambini, vengono poi affrontate nuovamente in età adulta. L’unico modo per rivedere quelle scelte è ricollegarsi alla propria famiglia. Se non facciamo questo, non cresciamo davvero, non diventiamo davvero adulti. Questo film abbraccia questa idea, dobbiamo ritornare nella nostra famiglia anche da adulti, chiedere scusa, trovare un modo per andare avanti. È quello che io provo e l’ho visto accadere con molte altre persone. Credo sia qualcosa di molto importante.”
Tornate a trovarci domani per la diretta dal red carpet di Roma e per l’intervista con il regista del film!
The Judge arriverà nelle nostre sale il 23 ottobre 2014. Per maggiori informazioni potete consultare la SCHEDA sul sito Warner Bros. #theJudge