Mi dispiace. Ma io non voglio fare l’imperatore. No, non è il mio mestiere. Non voglio governare, né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti se è possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi, esseri umani, dovremmo aiutarci sempre. Dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro.
Il 15 ottobre 1940, in quel di New York, Il Grande Dittatore fa il suo debutto. Si tratta del primo film completamente sonoro diretto da Charlie Chaplin, dopo le sperimentazioni di Tempi Moderni.
Chaplin si era sempre dimostrato scettico nei confronti dell’introduzione della parola nella Settima Arte, ma per questa pellicola decise di fare il grande passo. I motivi di questa decisione sono stati sicuramente molteplici, ma prima di tutto deve esserci stata la consapevolezza che un’opera così ambiziosa, che portava al suo interno un messaggio di pace e fratellanza universale, doveva per forza essere scandita dalle parole.
Da lì a qualche anno, infatti, il mondo intero sarebbe entrato in uno dei suoi periodi più bui. Quello del regime Nazista e delle follie del suo leader indiscusso: Adolf Hitler. Un orrore che Chaplin aveva intuito, realizzando un’opera che per certi versi si potrebbe definire profetica e che presupponeva un immenso coraggio, dato che, seppur non apertamente, metteva alla berlina non solo il führer, ma altri personalità particolarmente in vista all’epoca come Benito Mussolini, Joseph Goebbels e Hermann Goering.
Il Grande Dittatore compie oggi 74 anni, perlomeno in America, dato che nel resto del mondo è stato osteggiato in tutti i modi (in Inghilterra arrivò nel 1941, mentre il suo debutto in Italia risale al 1949, in una versione ridotta o per meglio dire censurata).
Nonostante l’età il suo messaggio è rimasto intatto ed è in grado di rivelarsi efficace oggi come allora. Un messaggio affidato ad un monologo che interviene sul finale del film e che è entrato di diritto nella storia del cinema: