Recensioni

Z Nation, la recensione del primo episodio: Puppies and Kittens

Pubblicato il 15 settembre 2014 di Lorenzo Pedrazzi

Su Syfy ha debuttato Z Nation, nuova serie a tema zombie co-prodotta dalla Asylum: il primo episodio, Puppies and Kittens, ci porta nei territori del trash, ma quantomeno ci si diverte…

Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER

It’s the end of the world as we know it, canterebbero i R.E.M.: un virus ha portato l’apocalisse sulla Terra, trasformando le sue vittime in morti viventi affamati di carne umana. Due anni dopo la diffusione della pandemia, il Tenente Mark Hammond (Harold Perrineau) della Delta Force deve evacuare la prigione navale di Portsmouth, dov’è in corso la sperimentazione di un vaccino per il virus, e Simon Cruller (DJ Qualls), operatore di sistema dell’NSA al Campo Luce del Nord, lo contatta per comunicargli le coordinate della sua prossima destinazione: dovrà condurre in California gli scienziati che lavorano al vaccino, e gli eventuali sopravvissuti alla sperimentazione. A tre detenuti vengono iniettate tre diverse versioni del siero, e mentre i primi due muoiono all’istante, il terzo, Murphy (Keith Allan), viene attaccato dagli zombie che assediano la prigione. I superstiti fuggono in elicottero.
Un anno più tardi, a nord dello Stato di New York, una comunità di sopravvissuti accoglie due misteriosi visitatori: sono Hammond e Murphy, che tentano di raggiungere la California per adempiere alla missione originaria; Murphy, reso immune dal vaccino, è infatti scampato agli zombie, senza subirne il contagio. Hammond convince Garnett (Tom Everett Scott) e Warren (Kellita Smith), ex membri della Guardia Nazionale, ad accompagnarlo in macchina fino al rendez-vous con i militari che lo aiuteranno a proseguire il viaggio, ma nel frattempo il campo viene attaccato dai morti viventi, e durante la fuga Garnett prende a bordo Addy (Anastasia Baranova), Mack (Michael Welch) e Doc (Russell Hodgkinson), salvandoli dai mostri. Purtroppo, però, anche la base del rendez-vous è caduta, e l’unica superstite è una ragazza di nome Cassandra (Pisay Pao), che sembra nascondere qualcosa. Garnett e Warren trovano anche un neonato, che però si trasforma in zombie e li costringe a scappare, anche perché Garnett – oberato dagli orrori che ha visto nel corso degli anni – non se la sente di ucciderlo. Al suo posto ci pensa Hammond, che però viene assalito proprio mentre dà la caccia allo zombie: per lui non c’è più niente da fare, e gli altri sono costretti a sparargli, uccidendo al contempo anche il neonato e sua madre, trasformatasi a sua volta. Il gruppo, contattato da Simon (che intanto è rimasto solo al Campo Luce del Nord), decide di proseguire la missione, e si mette in viaggio per scortare Murphy in California. A loro si aggiunge un giovane cecchino (Nat Zang), sopravvissuto anche lui all’attacco della base.

Volendo fare un paragone sin troppo arbitrario, ma utile per cogliere la natura di questo nuovo show targato Syfy, si potrebbe dire che Z Nation sta a The Walking Dead come Resident Evil sta a La notte dei morti viventi. Se i living dead di Romero (e in parte anche gli walker di Kirkman e Darabont) si caricano di sottotesti socio-politici che affiorano in trasparenza, recando sulla loro carne putrida le ferite del consumismo, della prevaricazione classista e della violenza endemica nel sogno americano, i morti viventi di Z Nation non sono nient’altro che famelici mostri mangiabudella, privi di significati allegorici o metaforici, né di ambizioni che superino il semplice – ma legittimo – intrattenimento. Lo dimostra anche l’utilizzo stesso del termine “zombie” nel linguaggio dei protagonisti: si tratta di una denominazione imprecisa (lo “zombie” è in realtà la vittima di una maledizione voodoo, quindi un vivente controllato da uno stregone), ma che tradisce un approccio chiaramente autoreferenziale alla materia narrata, dove gli ideatori Karl Schaefer e Craig Engler sembrano più interessati a soffermarsi sul retaggio popolare dei morti viventi (fatto di film, videogiochi, fumetti) piuttosto che riflettere sulle loro eventuali implicazioni simboliche; e forse è meglio così, perché di The Walking Dead ce n’è già uno, e non sempre funziona a dovere.

Insomma, Z Nation è un prodotto che non nasconde le sue radici da b-movie del nuovo millennio, sia per il famigerato marchio Asylum che troneggia all’inizio del pilot sia per le soluzioni stilistiche con cui il regista John Hyams imbastisce il racconto: inquadrature convulse, montaggio sincopato, scene d’azione che non risparmiano lo sfoggio di sangue digitale e piccoli effetti splatter; senza dimenticare, inoltre, le pupille biancastre che caratterizzano i morti viventi, espediente utile a privarli di umanità. Sono mostri che rifiutano ogni pretesa di compassione, e non l’emblema romeriano degli “oppressi”, i paria sociali che chiedono uguaglianza e giustizia. In tal senso, Puppies and Kittens è senza dubbio efficace: l’episodio fila via con un ritmo adeguato, divertendosi alle spalle degli spettatori quando “uccide” brutalmente proprio il volto più noto della serie, Harold Perrineau, lasciando oneri e onori dell’avventura agli altri personaggi (peraltro caratterizzati a colpi d’accetta, ma ben riconoscibili). L’incombenza del protagonista sembra quindi ricadere sul Garnett di Tom Everett Scott, uomo nauseato e tormentato dagli orrori a cui ha assistito, ma capace di sfogare la rabbia sui morti viventi con insospettabile furia, come si addice alla tradizione dei b-movie. Che ci sia in lui qualche traccia di Rick Grimes?

Non mancano gli scivoloni nel ridicolo (apparentemente) involontario, ma forse sono molto più compiaciuti e consapevoli di quanto non sembri. I personaggi si esprimono spesso con una spacconaggine da antologia («Lascialo andare, o ti spedisco a camminare fra i morti»), mentre la scena con il neonato-zombie è talmente ingenua e di cattivo gusto da risultare quasi simpatica, nella sua smaccata natura trash. Sappiate che nei prossimi episodi ci saranno persino gli Amish-zombie, quindi preparatevi: Z Nation ha certamente il pregio di non prendersi troppo sul serio.

La citazione: «Dio, quanto odio i dilemmi morali.»

Ho apprezzato: la palese atmosfera da b-movie; la rozza ma discreta caratterizzazione dei personaggi; la tendenza a non prendersi sul serio.

Non ho apprezzato: la rigidità delle spacconate verbali.

Potete scoprire, commentare e votare tutti gli episodi di Z Nation sul nostro Episode39 a questo LINK.