È stato presentato in questi giorni alla Mostra del cinema di Venezia Boxtrolls – Le scatole magiche: il nuovo film d’animazione di casa LAIKA, ovvero le menti e le mani dietro i divertenti e sagaci Coraline e ParaNorman. Girato in una fluidissima stop-motion, come i titoli precedenti, anche Boxtrolls è un cartoon ironico e intelligente che, venato di toni dark, presenta questi adorabili e indimenticabili mostriciattoli rivestiti di scatole. Personaggi destinati a rimanere impressi nell’immaginario di piccoli e grandi spettatori (QUI la nostra recensione).
Boxtrolls – Le scatole magiche è una favola comica che si svolge a Cheesebridge, un’elegante città dell’epoca vittoriana ossessionata dalla ricchezza e da puzzolenti formaggi. Sotto le sue strade dimorano i Boxtrolls, mostri immondi che strisciano fuori dalle fogne di notte per rubare ciò che gli abitanti hanno di più caro: i loro figli. Almeno questo è quello che i residenti hanno sempre creduto. In verità, i Boxtrolls sono una comunità sotterranea di eccentrici, stravaganti e adorabili omini che indossano scatole di cartone riciclato come se fossero gusci di tartaruga e che hanno anche allevato un bambino orfano.
Abbiamo incontrato i due registi Anthony Stacchi e Graham Annable che, giocando coi pupazzi in plastilina usati sul set, ci hanno raccontato della loro passione per la “vecchia e cara stop-motion” nonché diversi retroscena del film.
Da dove nasce il film e quali sono state le vostre influenze? In molti hanno inevitabilmente fatto il nome di Tim Burton e Nightmare Before Christmas.
Anthony Stacchi: In effetti io ho collaborato per Nightmare Before Christmas, anche se in realtà la scena su cui ho lavorato è stata poi tagliata [ride, ndr]. A parte questo, l’idea di Boxtrolls nasce 10 anni fa: la LAIKA era alle prese con Coraline ma pensava già ad altri progetti e così ha acquisito i diritti del libro “Arrivano I Mostri” (Here be Monsters!) di Alan Snow. Personalmente io ci ho messo la testa 7 anni fa quando sono arrivato alla LAIKA: mi hanno dato il libro e la prima azione è stata condensare tutto quello strepitoso ma gigantesco materiale in una storia di 1 ora e mezza. È un testo gigante, sono più di 500 pagine, con una miriade di personaggi, non solo i boxtrolls ma anche altri esseri strani come donne-coniglio e teste di cavolo, e quindi la prima operazione è stata semplificare, arrivare alla trama essenziale di un bambino orfano che viene allevato da questi mostriciattolo di nome boxtrolls. Abbiamo usato un principio di economia spietata: in due anni, tutto ciò che del libro era superfluo è stato tagliato.
E poi?
Poi, come per tutti i film d’animazione abbiamo iniziato a realizzare gli storyboard e abbiamo pensato alle voci. Infine abbiamo iniziato la produzione vera e propria che è durata 18 mesi e in cui abbiamo usato davvero tutti i reparti della LAIKA e tenuti occupati qualcosa come 400 persone.
A proposito dell’enorme squadra che lavora dietro le quinte, la scena post-credit sul finale è proprio un omaggio a queste 400 persone, a questi folli animatori che passano le loro giornate a muovere mani e braccia di pupazzi. Da dove è venuta l’idea?
Queste scene dopo i titoli di coda sono orami un po’ una tradizione per i film di LAIKA, qualcosa che era già successo per Coraline e ParaNorman e con cui si vuol rendere omaggio a chi ha lavorato alla pellicola mostrando dei flash del dietro le quinte. Una tradizione che è nata da un errore: il regista di Coraline, infatti, aveva realizzato una scena che gli aveva chiesto un enorme investimento di tempo, un mese intero di lavoro, salvo poi vedersi costretto ad eliminarla nel montaggio finale perché non c’entrava col film. A quel punto lui decise di mostrarla lo stesso dopo i titoli di coda. Episodi del genere non succedono spesso nei film di animazione perché si cerca di eliminare gli errori in fase di storyboard, però poi lì era successo e da allora è nata questa consuetudine.
Come avete lavorato sul charter design dei boxtrolls?
Il libro di Alan Snow aveva già delle illustrazioni di questi personaggi e quindi siamo partiti da lì. Poi, come detto, la storia è stata molto cambiata e allora anche i boxtrolls si sono dovuti plasmare sul nuovo racconto dove gli abitanti della città li pensavano come dei mostri: così, abbiamo cercato di renderli più mostruosi, più spaventosi. I boxtrolls sono poi degli esseri che vivono sottoterra, nell’immondizia, e questo me li ha avvicinati ai procioni. Inoltre, sebbene li avessimo chiamati troll, non volevamo che avessero la classica presenza degli gnomi Disney o dei troll del Signore degli Anelli. C’è da dire che il design è stato influenzato da un elemento fondamentale: la scatola. Ogni trolls aveva una scatola da cui sbucano gambe e braccia, e non ci sono troppi modi diversi di indossare le scatole… Mark Smith, nostro fidato animatore inglese, ha poi lavorato ai singoli personaggi, dando a ogni boxtrolls un suo carattere e quindi un suo aspetto specifico.
Anche l’estetica del film è derivata dal libro? Ci sono state altre fonti di ispirazione?
Oltre alle pagine di “Arrivano I Mostri”, siamo stati profondamente influenzati da Oliver Twist, anche nella versione cinematografica di Roman Polanski, poi dai film di Terry Gilliam, dal Casanova di Fellini, ma anche da Delicatessen. Gran parte dell’aspetto visivo deriva inoltre dal lavoro di Nicolas de Crécy, che ha fatto agli schizzi iniziali, e poi dal concept artist canadese Michel Breton che aveva lavorato per Appuntamento a Belville e Coraline e che ha disegnato l’ambientazione: il suo è stato un contributo essenziale anche perché abbiamo prima disegnato le scenografie e gli ambienti, solo dopo i personaggi. Solitamente accade il contrario nei film d’animazione. Alla fine del film, dopo i titoli di coda, abbiamo proprio inserito i suoi disegni.
In Boxtrolls sono diversi i riferimenti e le citazioni dei Monty Python. Da dove arriva questo omaggio?
Quando ci chiedevano del progetto, abbiamo sempre descritto il libro come una rivisitazione di Oliver Twist fatta dai Monty Python: il tono era proprio questo. Così, quando abbiamo dovuto scrivere la canzone di Madame Fru Fru che si sente nel film, abbiamo deciso di partire proprio da una canzone originale dei Monty Python: siamo allora andati da Eric Idle, gli abbiamo presentato l’idea e lui ha accettato. Eric è anche rimasto molto colpito dalla sceneggiatura del film, da una certa satira politica dietro il nostro cartoon, di questa Madame Fru Fru che riesce a manipolare le coscienze della comunità.
A proposito di canzoni, dopo i titoli di coda parte un brano musicale, una sorta di aria d’opera davvero esilarante che elenca tutta una serie di formaggi che nel film sono molto amati…
Sulle musiche abbiamo lavorato con Dario Marianelli, compositore di gran talento [Premio Oscar per Espiazione, ndr]. Devo dire che quando ci ha fatto ascoltare quel brano con quelle sonorità pizzicate che ha attinto dalle sue origini italiani siamo rimasti tutti a bocca aperta: ci ha letteralmente stupito. È fantastica.
I film d’animazione sono tradizionalmente rivolti alle famiglie: in Boxtrolls, però, i genitori non fanno certo una bella figura…
Be’, in effetti anche noi siamo due pessimi padri [ridono, ndr]. Tra l’altro quando stavamo lavorando al film entrambi siamo diventati genitori per la prima volta e, come ogni animatore, avevamo poco tempo per la vita in famiglia: quindi, siamo stati realistici nel descrivere la figura di un papà assente… In realtà, un po’ come anche accade nei libri di Rol Dahl, anche nel nostro film i personaggi non sono così nettamente buoni o cattivi, ma percorsi da molte più sfumature.
Quando avete capito che Isaac Hempstead-Wright era la persona giusta per dare voce al protagonista Eggs?
Non appena abbiamo avuto un’idea abbastanza definitiva dell’aspetto, del character design di Uovo abbiamo buttato giù una lista degli attori che avrebbero potuto doppiarlo, e Isaac era tra i primi. Poi abbiamo fatto una prova mettendo i suoi dialoghi tratti da Games of Thrones su delle prime sequenze del film, e funzionava. La sua voce stava anche bene insieme a quella di Elle Fanning, ovvero Winnie. A volte c’è il rischio che la voce di un attore funzioni solo con la sua fisicità e che quindi poi non possa andar bene nel doppiaggio; con Isaac non è stato così. La sua voce era perfetta, aveva la giusta freschezza e tutte le altre qualità che stavamo cercando.
È vero che avete fatto vedere a Isaac Hempstead-Wright Kes di Ken Loach per prepararlo al personaggio?
Sì, abbiamo voluto mostrare questa pellicola a Isaac e anche a diversi animatori perché raccontava bene un certo rapporto padre-figlio. E poi ci piaceva molto l’attore bambino protagonista: volevamo che in qualche modo Eggs gli somigliasse.
Cosa rende la Laika diversa dagli altri studi d’animazione?
Ad oggi l’animazione tutta sta vivendo un gran momento. Noi siamo però particolarmente entusiasti di far parte della Laika perché è una realtà abbastanza bizzarra rispetto alle altre case, è molto diversa dalla Disney, dalla Pixar, dalla Dreamworks: certo tutti loro stanno creando opere fantastiche, delle meraviglie, ma sono film in cui la parte da leone la fa la CG, e alla fine tante produzioni finiscono col somigliarsi. Noi invece usiamo ancora la stop-motion: una delle tecniche d’animazione più vecchie in giro ma che però rende nuovi e originali. Penso che quando gli spettatori vedano un nostro film si rendano subito conto di trovarsi di fronte a qualcosa di veramente diverso: già guardando il trailer con quei mostriciattoli dei boxtrolls, lo spettatore percepisce di trovarsi davanti a qualcosa di diverso. Alla fine, alla LAIKA, riusciamo a essere nuovi attraverso il vecchio. Ci piace questo strano meccanismo.
I due registi Anthony Stacchi e Graham Annable ci hanno poi mostrato i pupazzi usati sul set e ci hanno raccontato di come vengono animati muovendone le componenti (capelli, braccia, vestiti) e poi delle mascherine asportabili a seconda delle emozioni che prova il personaggio: con una stampante 3D sono state realizzate 53.000 varianti di espressioni facciali!
Boxtrolls – Le scatole magiche uscirà nei cinema italiani tra un mese, il 2 ottobre 2014.