Screenweek dal Giappone
Sono andato a vedere il live-action di Lupin III in un multisala della provincia giapponese alle nove di mattina di domenica, non quello che si dice un orario attraente per gli spettatori, ma nonostante questo la sala era abbastanza piena, padri con bambini, coppie di mezza età, qua e là qualche ragazzo/uomo da solo, insomma un pubblico piuttosto variegato e per niente assonnato. Quando si va a vedere un film e si cerca di darne un giudizio, molto dipende dalle aspettative che ci animano e che ci portano al cinema, per Lupin III questo fattore era assai importante, almeno per chi scrive. Per chi è cresciuto con i cartoni animati di Lupin III, giacca verde e rossa (quella rosa era già blasfemia), visti e rivisti a ripetizione sulle reti private ed allo stesso è rimasto ammaliato in gioventù dalla poesia in immagini de Lupin: il castello di Cagliostro, la visione di un live-action dedicato al ladro gentiluomo per quanto ci si sforzi di essere obiettivi, non potrà essere la stessa di chi lo vedesse con occhi privi di queste esperienze. A questo aggiungiamo poi che alla regia di questo lavoro c’è Kitamura Ryuhei, cineasta il cui stile e la cui poetica non riescono proprio a far breccia nello scrivente, ancora ho negli occhi il disastro fatto con Godzilla: Final Wars.
Tutto questo profluvio di parole per dire che domenica sono andato al cinema con le aspettative ridotte al minimo e che ne sono uscito inaspettatamente divertito, forse influenzato dall’ultima parte del film, sicuramente quella migliore.
Ma andiamo con ordine, Lupin III è il secondo live-action dedicato ai personaggi creati dalla matita di Monkey Punch nel 1967, il primo era un assai improbabile film del 1974, per i maniaci, qui il trailer. La storia che si avvale della supervisione dello stesso Monkey Punch, segue la nascita della banda di Lupin che dopo essersi formata tenterà di espugnare l’Ark of Navarone, una fortezza indistruttibile al cui interno viene nascosto il Crimson Heart of Cleopatra, una collana con un rubino al suo interno.
Personalmente ho trovato che le caratterizzazioni migliori sono quelle di Goemon, Zenigata e Lupin, per varie e diverse ragioni. Zenigata è comico, maldestro ma sempre imperterrito nella sua caccia a Lupin e gran parte del merito della riuscita del personaggio va alla prova di Asano Tadanobu, che con le recenti interpretazioni in film nipponici (My Man su tutti) sta ritornando ai fasti della sua gioventù dopo le delusioni hollywoodiane. Per quanto i tratti del viso dell’attore che interpreta Goemon (Go Ayano) non siano in nessun modo l’epitome del personaggio “cool” presentato nella serie animata, il ladro giapponese è un personaggio molto riuscito, ma forse era quello di più facile realizzazione, i silenzi, il suo stare in disparte, la famigerata bravura con la spada funzionano alla perfezione durante tutto il film. Per quel che riguarda Arsenio Lupin, Oguri Shun aveva il compito più difficile, quasi una missione impossibile: interpretare e dare un volto a quello che è un vero e proprio mito per molte generazioni. Per quanto ci siano molte cose che fanno storcere il naso all’appassionato di vecchia data (le scene di lotta in primis, ci ritorneremo) l’attore giapponese ha dato la sua personale interpretazione del famoso ladro ed alla fine, nel complesso, il film funziona anche grazie alla bravura di Oguri. Nella media anche l’interpretazione di Fujiko da parte della bella Kuroki Meisa, i duetti comici con Lupin sono le scene più riuscite, mentre quello che ha convinto di meno è stato Jigen, manca quell’aria carismatica e di personaggio in disparte ma pronto ad intervenire in ogni momento che ricordiamo dall’anime, un peccato per Tamayama Tetsuji, ma il compito era assai difficile e di certo non ha aiutato l’aspetto fisico dell’attore ed il trucco poco riuscito.
Per quel che riguarda il film in sè, come spesso accade per i lavori giapponesi contemporanei, poteva essere tranquillamente tagliato di trenta minuti, specialmente poteva esser tolta di mezzo la mezzora iniziale, anche se funzionale alla trama, così noiosa ed irritante che stavo quasi per lasciare il cinema. Sono qui presenti tutti i difetti che spesso si ripetono nel cinema di Kitamura, o almeno quelli che secondo me sono difetti, scene d’azione super cinetiche alla Michael Bay, montaggio ultrafrenetico ed una fotografia (dello spagnolo Pedro J. Marquez) che dà all’intero film una patina quasi televisiva, qui in accezione negativa. Se mai il film dovesse arrivare in Italia, si consiglia di rimanere in sala, di resistere alla prima parte del film perchè poi, abituatisi alla patina del film ed introiettato lo stile del regista, poi ci si diverte molto. Superata la premessa iniziale e quando nella narrazione comincia il piano per assaltare L’Ark of Navarone, si respira finalmente un’aria più da “Lupin”, aumentano le gag, alcune davvero divertenti, alcune trovate filmiche (qui va dato merito al regista) sono davvero molto riuscite, split screen, animazioni e specialmente ci sono tanti ma proprio tanti riferimenti e strizzate d’occhio alla serie animata, non li riveliamo qui per non rovinare un’eventuale sorpresa ma sono le cose che funzionano di più nel lungometraggio. E poi c’è la mitica 500 gialla, che anche visivamente ci da degli attimi di sollievo, in un’ambientazione che per la maggior parte è assai buia (troppo!) il color pastello della piccola macchina è una salvezza ed una gioia per gli occhi.
Come si diceva più sopra le scene di lotta, benchè fatte ad arte ed assai spettacolari, sono quelle che non legano molto con “lo stile Lupin”, sempre che ce ne sia uno (si rimanda all’intro del post), ma forse è parte di quel processo voluto dal regista per rinnovare la saga, mentre come già detto la pellicola decolla nei suoi momenti comici, la danza fra Lupin e Fujiko, Goemon che si concentra per decriptare un sistema laser, Zenigata che rincorre Lupin e grida a squarciagola e nelle scene d’azione che portano all’interno della fortezza dove è nascosta la collana di Cleopatra. Il cast dei villani è abbastanza buono, niente di eccezionale però con molti attori provenineti da diversi paesi (Corea del Sud, Taiwan, Australia e Thailandia) che confermano quell’internazionalità che la pellicola già possiede essendo stata girata, oltre che in Giappone, anche a Hong Kong, nelle Filippine, a Singapore e per due mesi in Thailandia.
Viste le aspettative che erano assai basse e la pessima qualità di molte trasposizioni cinematografiche di vecchi anime, basti ricordare a quella dell’Uomo Tigre che era fuori da ogni logica e decenza, si può certo affermare che questo Lupin III, dimenticate e perdonate le sue pecche, è alla fin dei conti un buon prodotto di intrattenimento e che nel complesso è anche divertente, compresi gli originali titoli di coda.