Gotham, la recensione dell’episodio pilota

Gotham, la recensione dell’episodio pilota

Di Lorenzo Pedrazzi

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Sulla Fox ha debuttato Gotham, probabilmente la serie più attesa di questo autunno, e gli ottimi risultati d’ascolto lo confermano: l’episodio pilota, scritto dallo showrunner Bruno Heller e diretto da Danny Cannon, ha raccolto quasi otto milioni di spettatori, con un rating pari a 3.2 nella fascia compresa fra i 18 e i 49 anni (fonte: ComingSoon.net). Un avvio molto promettente sul piano dell’audience, ma si potrà dire altrettanto a livello qualitativo?

Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER

Gotham City. Una giovane ladra (Camren Bicondova), agile e flessuosa come una gatta, si nasconde in un vicolo dopo un piccolo furto, e assiste all’omicidio di una coppia appena uscita dal cinema: sono Thomas e Martha Wayne, uccisi a sangue freddo da un rapinatore, che spara a entrambi davanti agli occhi del loro figlioletto Bruce (David Mazouz). Il bambino cade in ginocchio sui cadaveri dei genitori, lanciando un urlo stridulo che dilania la quiete del vicolo.
Il detective James Gordon (Ben McKenzie), tornato a Gotham dopo aver combattuto in guerra, viene assegnato al caso insieme al suo partner Harvey Bullock (Donal Logue), che vorrebbe scaricare le indagini su qualcun altro: la famiglia Wayne è tra le più ricche della città, e indagare sull’omicidio dei due coniugi comporterebbe un grande carico di pressioni e responsabilità a cui Bullock preferirebbe rinunciare. Jim si avvicina però al piccolo Bruce e riesce a farlo parlare, rassicurandolo che in futuro le cose andranno meglio («Ci sarà luce») e promettendogli di catturare l’assassino. Il bambino viene portato a casa dal suo maggiordomo e tutore, Alfred Pennyworth (Sean Pertwee).

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Seppur recalcitrante, Bullock accetta d’intraprendere le indagini, e decide di chiedere aiuto a Fish Mooney (Jada Pinkett Smith), boss criminale che lavora per il potente Carmine Falcone. Mentre Bullock conversa amabilmente con lei nel suo locale, Jim viene attirato sul retro da alcuni strani rumori, e scopre che gli uomini di Fish – tra cui il suo braccio destro, Oswald Cobblepot (Robin Lord Taylor), soprannominato “Pinguino” – stanno pestando un poveraccio, colpevole di averle rubato dei soldi. L’uomo, nonostante sia sofferente e ricoperto di sangue, non vuole però sporgere denuncia, e Jim ottiene un’ulteriore prova della connivenza tra la polizia e le organizzazioni criminali. In ogni caso, Fish rivela a Bullock che l’assassino dei coniugi Wayne potrebbe essere Mario Pepper, un uomo che ha cercato di vendere a un ricettatore una collana di perle identica a quella di Martha Wayne. La figlia di Pepper, la piccola Ivy, li accoglie in casa, ma l’uomo fugge dopo qualche domanda. Jim si lancia all’inseguimento e, dopo una colluttazione, viene quasi sopraffatto, ma Bullock interviene e spara a Pepper, uccidendolo. In casa viene trovata la collana, e i due detective ricevono gli onori della cronaca per aver eliminato l’assassino dei coniugi Wayne.
Qualcosa, però, non torna: l’esame balistico di Edward Nygma, bizzarro scienziato forense con la passione per gli enigmi, rivela che i proiettili utilizzati dall’omicida erano molto costosi, mentre Bruce aveva rivelato a Jim che l’aggressore indossava scarpe lucide, di lusso. E Mario Pepper non poteva permettersi nessuna delle due cose. Inoltre, Cobblepot racconta agli agenti Montoya e Allen dell’Unità Emergenza Crimine che Pepper è stato incastrato da Fish Mooney, inviandogli una copia della collana dentro a una bustina di droga. Montoya, vecchia amica della fidanzata di Jim, Barbara Keen (Erin Richards), la mette in guardia sulla sua onestà, poiché ritiene che anche lui sia coinvolto nel piano. Barbara gli racconta tutto, e Jim torna dai Pepper per verificare che Mario avesse delle scarpe lucide… e ovviamente non le aveva. Si confronta quindi con Fish Mooney, ma quest’ultima lo cattura e ordina a i suoi uomini di ucciderlo dentro a un mattatoio. Bullock interviene, ma commette l’impudenza di minacciare Fish, e viene preso anche lui prigioniero. I due detective vengono però salvati dall’intervento di Carmine Falcone, poiché il suo permesso è indispensabile per uccidere dei poliziotti, e inoltre lui e il padre di Jim – ex procuratore distrettuale di Gotham – erano molto amici. Falcone spiega a Jim che legge e ordine sono necessari per il funzionamento del crimine organizzato, e gli chiede di giustiziare Cobblepot – che nel frattempo era stato scoperto e picchiato da Mooney – come prova di fedeltà. Jim lo porta sul molo, ma finge soltanto di sparargli e lo getta nell’acqua, dopo che Cobblepot gli aveva preannunciato l’arrivo di una guerra per il potere tra i clan mafiosi di Gotham.
In seguito, Jim torna da Bruce e gli confida che Mario Pepper non è l’assassino dei suoi genitori. Il bambino, dimostrando di avere fiducia in lui e nel suo intento riformatore, gli chiede di trovare il vero omicida. La giovane ladra è sempre nei paraggi, come se vegliasse su Bruce.

Camren Bicondova who plays Selina Kyle was pictured on her Catwoman costume on the set of the 'Gotham' Tv series in Downtown, Manhattan, New York City

Non è certo un caso che la prima apparizione di Batman risalga a un numero di Detective Comics: in origine, infatti, l’Uomo Pipistrello era sostanzialmente un detective, e i suoi avversari non erano altro che pittoreschi gangster o boss mafiosi, le cui bizzarre sembianze rispecchiavano “lombrosianamente” alcuni tratti della loro personalità. Di conseguenza, il mondo di Batman è forse l’unico – in ambito supereroistico – che possa essere ridotto ai canoni di un procedural investigativo, un poliziesco immerso nei bassifondi della criminalità organizzata, dove gli antagonisti non hanno alcuna connotazione fantastica ma, tutt’al più, vagamente surreale o stilizzata. Gotham trae nutrimento proprio da quest’idea: poiché non è possibile realizzare una serie dedicata al Cavaliere Oscuro (proprietà di cui Warner e DC sono gelosissime, al punto che negarono persino il suo utilizzo in Smallville), la Fox e Bruno Heller si accontentano di adattarne l’universo narrativo, risalendo alle origini non soltanto del supereroe, ma anche della sua colorita galleria di nemesi. Jim Gordon assume così il ruolo di protagonista, e il pilot chiarisce subito le radici del conflitto: Gotham City è una metropoli corrotta e decadente, dove il sindaco e la polizia sono in mano al potente boss Carmine Falcone, ma Gordon, contrariamente al collega Harvey Bullock, si fa emblema di un idealismo solido, integerrimo e onesto, poco disposto a scendere a compromessi con il crimine per garantire legge e ordine nelle strade della città, nonché animato da uno spirito riformatore che lo porterà a ripulire le istituzioni dall’interno.

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Ovviamente, la trilogia cinematografica di Christopher Nolan ha lasciato la sua impronta indelebile anche qui, e infatti Gotham tende a inaridire personaggi e ambientazioni in favore di un ipotetico “realismo”, ammantando di verosimiglianza anche la genesi dei futuri supervillain (si veda, ad esempio, il caso di Oswald Cobblepot, che assume la postura e la camminata del Pinguino in seguito al pestaggio di Fish Mooney). D’altra parte, anche la stessa Gotham City concepita da Bruno Heller e Danny Cannon si avvicina di più al rigido razionalismo di Nolan, piuttosto che alla poeticità gotica di Tim Burton o alla cupezza retrofuturista di Bruce Timm: la città rischia quindi di apparire un po’ anonima, anche se la fotografia di David Stockton è molto efficace nel valorizzarne la componente noir, esaltando le fonti di luce in contrasto con la pesantezza delle tonalità più scure, o con la plumbea fumosità dei grigi. Sul piano tecnico, se si escludono un paio di green screen malriusciti, Gotham sfoggia una qualità produttiva decisamente alta.

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L’episodio pilota risulta piuttosto godibile, anche in virtù del buon ritmo narrativo, eppure resta l’impressione che lo show sia condannato a non soddisfare mai pienamente i desideri del pubblico, relegando le sue storie in un limbo di potenziale irrealizzato. Una sorta di coitus interruptus, insomma: è il mondo di Batman, ci sono i nemici di Batman, ma l’Uomo Pipistrello non parteciperà mai all’azione. In fondo, l’attrattiva di Gotham è basata per lo più sui numerosi easter egg che troveremo in ogni episodio, e francamente non è abbastanza per costruirci un’intera serie. Questa prima puntata ce ne offre un esempio: l’intreccio poliziesco è una scusa per piazzare le apparizioni di alcuni famosi supercriminali dei fumetti, e i pochissimi gradi di separazione che li dividono (l’Enigmista lavora con Gordon, il Pinguino è il braccio destro di Fish Mooney, Poison Ivy è la figlia di Mario Pepper, Catwoman assiste all’omicidio dei coniugi Wayne) sfiora il ridicolo, poiché denuda le notevoli forzature che Bruno Heller ha dovuto escogitare per accorpare tutti questi personaggi in un unico episodio. Simili espedienti potrebbero non bastare per garantire la sopravvivenza di una serie, né per sostenerne la qualità. Doveroso, però, riconoscere la bravura degli interpreti: Ben McKenzie, Donal Logue, Robin Lord Taylor e il giovane David Mazouz hanno un carisma non indifferente, e potrebbero aiutare Gotham a conquistare una dimensione più ampia rispetto alla mera esposizione di camei e easter egg. Staremo a vedere.

La citazione: «Sono un uomo d’affari. Non si può gestire un crimine organizzato senza legge e ordine.»

Ho apprezzato: la bravura degli interpreti; il buon ritmo narrativo; la fotografia di David Stockton.

Non ho apprezzato: lo scarso carisma della città; il forzato accorpamento di personaggi dei fumetti; i camei e gli easter egg rischiano di assumere più importanza rispetto alle storie.

Potete scoprire, commentare e votare tutti gli episodi di Gotham sul nostro Episode39 a questo LINK.

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