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The Leftovers, la recensione del secondo episodio: Penguins One, Us Zero

Pubblicato il 08 luglio 2014 di Lorenzo Pedrazzi

Penguins One, Us Zero è il secondo episodio di The Leftovers, ancora diretto da Peter Berg: l’enigma s’infittisce, i conflitti dei personaggi sono il fulcro della vicenda, e l’inquietudine permane…

Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER

L’FBI ordina l’assalto alla magione di Wayne (Paterson Joseph), che scopriamo essere il padre di un bambino scomparso in seguito all’estasi del 14 ottobre, e che ora sostiene di poter assorbire il dolore altrui con un semplice abbraccio (ma, per “ricaricarsi”, necessita di un harem composto da adolescenti asiatiche). Una squadra speciale irrompe nella villa con metodi brutali, e Christine (Annie Q.) viene minacciata di morte da uno degli agenti, ma Tom (Chris Zylka) gli spara e la porta via. Il giorno seguente si recano in una stazione di servizio per incontrare Wayne, sfuggito all’attacco: l’uomo è grato a Tom per aver salvato Christine (la cui importanza è fondamentale per i suoi piani), ma è preoccupato che in lui si celi un “lato oscuro”, lo stesso che lo ha portato a compiere l’omicidio. Si offre quindi di abbracciarlo per liberarlo dal suo dolore, ma Tom rifiuta, e Wayne gli affida Christine per continuare la fuga. Il ragazzo si mette al volante, l’auto non parte e lui comincia a urlare, ma Christine lo rassicura dicendogli che andrà tutto bene.
Nel frattempo, suo padre Kevin (Justin Theroux) ha uno strano incubo in cui compaiono sia Aimee (Emily Meade) sia il misterioso “vigilante” che spara ai cani randagi (Michael Gaston), poi si sveglia e scopre che il suo vicino gli ha carbonizzato la staccionata per errore, mentre bruciava i vestiti di suo fratello nel giardino. Le ricerche del “vigilante” girano a vuoto, e i colleghi di Kevin cominciano a credere che sia soltanto un frutto della sua mente. L’uomo misterioso, però, lascia il suo pick-up nel vialetto di Kevin, e poi si presenta alla sua porta per invitarlo a una nuova battuta di caccia, semplicemente perché “si sente solo”; lo vedono anche Jill (Margaret Qualley) e Aimee, dunque la sua reale esistenza è fuori discussione. Quando Kevin si reca a far visita a suo padre (Scott Glenn) nella casa di cura dov’è ricoverato per i suoi disturbi mentali, quest’ultimo gli rivela che qualcuno è stato mandato da lui per aiutarlo. Ma aiutarlo a fare cosa? E si tratta forse del vigilante?
Parallelamente, Jill e Aimee “rapiscono” Max e Charlie Carver (Scott e Adam Frost) per pedinare Nora Durst (Carrie Coon), una donna che ha perso la famiglia a causa dell’estasi, e che porta un grosso revolver nella borsa. A Mapleton è molto rispettata, quasi temuta: rompe una tazza di sua iniziativa mentre si trova in una tavola calda, e il gestore non si permette di protestare. Nora viene quindi ricevuta da un’anziana coppia il cui figlio è sparito nella stessa circostanza, e comincia a rivolger loro alcune domande su di lui per poter garantire ai due coniugi una sorta d’indennizzo. I ragazzi, appostati fuori dalla casa, scappano in macchina, ma Nora li vede fuggire.
Intanto, Ann Abbott (Liv Tyler) sta affrontando il suo periodo di orientamento per entrare nei Guilty Remnants, ma incontra qualche difficoltà a coglierne il senso: Laurie (Amy Brenneman) la porta fra i boschi con una piccola accetta per farle abbattere un albero (cosa che Ann non riesce a fare), e ogni sera pretende da lei un suo oggetto personale. Ann sta per arrendersi – soprattutto dopo la visita di Kevin, che diffida dei Guilty Remnants – ma nel finale la vediamo riprendere in mano l’accetta e colpire il tronco dell’albero con molta più decisione, come se stesse sfogando la sua rabbia e il suo dolore…

“Sgangherato e sgangherabile”, così si potrebbe definire The Leftovers, prendendo in prestito una celebre definizione utilizzata da Umberto Eco per Dylan Dog: “Sgangherato perché nasce senza un’idea precisa e prosegue senza un’idea precisa; sgangherabile perché, se estrai una sua vignetta dalla tavola, essa funziona anche da sola”. Ecco, questo discorso si adatta piuttosto bene anche alla serie di Damon Lindelof e Tom Perrotta, che sembra costruita episodio per episodio (ma è solo un’impressione, poiché il romanzo di Perrotta è una base narrativa predefinita) e nasce dall’accorpamento di scene apparentemente casuali, che assumono un valore autonomo se estrapolate dal contesto. La non-linearità dello show deriva proprio da questi dettagli: gli sceneggiatori, contrariamente a quanto accade nelle altre serie tv, non si fanno scrupoli a inserire sequenze che sembrano slegate dal quadro generale (il piccolo incendio della staccionata, il cadavere nella stazione di servizio, il vigilante ossessionato dai cani), ma potrebbero acquisire un significato con il procedere del racconto, e comunque aiutano a delineare uno scenario di profonda ambiguità morale, d’inquietudine costante che aleggia sui cittadini di Mapleton. Inoltre, la trama viene parcellizzata attraverso le vicende personali di molteplici personaggi, ognuno dei quali contribuisce alla costruzione della storia: si pensi, ad esempio, a Nora Durst, improvvisamente caratterizzata da un’alternanza di luci e ombre che non permette agli spettatori di esprimere un giudizio definitivo su di lei. In tal senso, The Leftovers tende a privare il pubblico dei consueti punti di riferimento (non solo narrativi, ma anche etici e morali) per sfidarne l’attenzione e l’intelligenza, evitando ogni facile manicheismo in luogo di una situazione in cui tutti potrebbero nascondere un’instabilità psicologica, uno squilibrio caratteriale che affonda le radici nel traumatico evento del 14 ottobre.

La suddetta instabilità, peraltro, è uno spettro che perseguita i giorni e le notti di Kevin, preoccupato dall’idea di sviluppare gli stessi disturbi mentali di suo padre, che però conserva una certa lucidità anche quando parla con interlocutori immaginari. L’episodio dei bagel – spariti “misteriosamente” nel forno elettrico – è esemplare: Kevin teme che i bagel non ci siano mai stati, che siano il frutto del suo nascente squilibrio psicologico, ma alla fine li ritrova semi-carbonizzati sul fondo dell’apparecchio, traendone un gran sollievo. È un personaggio molto tormentato, ingabbiato dalle sue stesse paure: per il momento, la sua caratterizzazione si risolve interamente nelle sue ossessioni, poiché non abbiamo ancora visto nessun altro aspetto della sua personalità. È evidente la sua diffidenza nei confronti dei Guilty Remnants, colpevoli di aver assorbito sua moglie nelle loro fila, e il confronto con il marito di Ann riflette la sofferenza di due uomini che hanno subìto la stessa sorte, ma che probabilmente hanno anche contribuito a provocarla (per quanto riguarda Kevin, non ci sono molti dubbi: sappiamo che aveva un’amante, ed era a letto con lei quando ci fu l’estasi). L’ostilità di Jill nasce forse anche da qui, oltre che da un’età endemicamente conflittuale com’è l’adolescenza. Per ora, le sue azioni sembrano esprimere una sorta di noia esistenziale, più che un vero e proprio senso di smarrimento, e la sua caratterizzazione rischia costantemente di scivolare nel cliché dell’adolescente problematica, una “ribelle senza causa” che non ha molto da dire; insomma, anche lei mostra poche sfaccettature, e di certo non suscita molta simpatia. Si conferma invece l’ambiguità di Wayne – le cui espressioni da psicopatico si fanno ancora più inquietanti se paragonate ai suoi slanci spirituali – e dei Guilty Remnants, i cui obiettivi risultano tuttora oscuri: sono particolarmente interessati a Ann, ma non sappiamo per quale motivo.

Penguins One, Us Zero, come già l’episodio pilota, non si preoccupa nemmeno di seminare indizi, ma si limita a coinvolgerci nel vortice dei suoi enigmi, relegandoli poi in secondo piano per lasciare spazio all’intimità dei personaggi. D’altra parte, The Leftovers è una serie che si nutre di circostanze spiazzanti (si pensi alla violenza degli agenti nell’assalto alla casa di Wayne) e sfumature surreali, dove i singoli episodi paiono assumere un’importanza maggiore rispetto alla visione d’insieme, proprio come in Lost e Prometheus, famigerate creature di Damon Lindelof che hanno indispettito molti fan per la loro contorta incoerenza. Lost ha però saputo ricavarne un valore, e per il momento ci sta riuscendo anche The Leftovers.

La citazione: «Gesù… non avrei mai dovuto consigliarti di guardare quel cazzo di The Wire.»

Ho apprezzato: la sceneggiatura criptica e poco didascalica; le scene apparentemente casuali; l’ambiguità dei personaggi.

Non ho apprezzato: la caratterizzazione monotematica di Jill.

La serie debutterà in versione italiana su Sky Atlantic il prossimo 10 luglio.

Potete scoprire, commentare e votare tutti gli episodi di The Leftovers sul nostro Episode39 a questo LINK.