Séance, secondo episodio di Penny Dreadful, dimostra la natura imprevedibile della serie creata da John Logan, che offre un ottimo intrattenimento con uno spirito quasi anarchico…
Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER
Ethan Chandler (Josh Hatnett) conosce una giovane immigrata irlandese, Brona Croft (Billie Piper), che soffre di tubercolosi e sbarca il lunario posando per un misterioso giovanotto dell’alta società londinese, Dorian Gray (Reeve Carney), che sembra stranamente attratto dalla sua malattia. Nel frattempo, il Dr. Victor Frankenstein (Harry Treadaway) “battezza” la sua creatura con un nome shakespeariano, Proteo, e la istruisce sulle cose del mondo: quando la conduce all’aria aperta per la prima volta, ogni cosa ha il fascino di una nuova scoperta. Vanessa Ives (Eva Green) e Sir Malcolm (Timothy Dalton) si recano invece alla festa di un famoso egittologo, dove partecipano a una seduta spiritica che ha conseguenze imprevedibili: un’entità s’impossessa del corpo della donna, e scava nel passato di Sir Malcolm per rivolgergli accuse scabrose. In seguito, l’egittologo riceve Malcolm e gli rivela che tra i geroglifici trovati sul corpo del vampiro ce n’è uno molto inquietante, poiché mostra Amonet e Amon-Ra nello stesso disegno: due divinità egizie che non compaiono mai nelle stesse formule magiche, pena la distruzione del mondo per mano di creature che, come Amon-Ra, si nutrono delle anime altrui per alimentare la propria vita eterna…
Il secondo episodio degli “spaventi da un penny” ci regala un unico (agghiacciante) spavento nel colpo di scena finale, mentre per il resto si concetra sull’introduzione di due nuovi personaggi e sull’approfonimento delle radici sovrannaturali dello show. Il primo personaggio è Brona Croft, interpretata dalla Billie Piper di Dr. Who, personaggio tenace e ironico, ma anche – a suo modo – piuttosto tenero, che coltiva una relazione di amicizia con Ethan Chandler (in attesa, forse, che diventi qualcos’altro) e consuma un focoso rapporto sessuale con Dorian Gray, dopo aver posato per alcune foto davanti a lui. Il protagonista wildiano è la seconda novità di Séance: impersonato con grazia e ambiguità da Reeve Carney, Dorian è descritto come un giovane che corteggia la morte (ai suoi occhi, Brona diventa ancor più desiderabile quando ne scopre la malattia), ed evidentemente ne è attratto proprio perché non la può ottenere, come un bambino davanti a un giocattolo troppo costoso. Non a caso, le sue attenzioni sono rivolte anche a Vanessa Ives, i cui occhi sono un tramite privilegiato per il mondo dei morti: la sua possessione da parte di Amonet, durante una seduta spiritica in casa dell’egittologo, genera una sequenza lunga e delirante, molto audace rispetto ai soliti ritmi televisivi, nonché volutamente sopra le righe nell’interpretazione della brava Eva Green, che ci offre una performance piuttosto inquietante in termini di mimica facciale e alterazione vocale (anche grazie agli interventi di post-produzione).
Al contempo, i segmenti narrativi dedicati a Victor Frankenstein e Proteo illuminano l’episodio con un delicato lirismo: la dolcezza della creatura, la sua meraviglia di fronte alla scoperta del mondo, i dubbi sulla sua provenienza, l’affiorare dei ricordi della sua vita precedente, tutto contribuisce a definirla come un personaggio tridimensionale, ma questa sapiente costruzione dell’empatia rivela ben presto la sua natura di gioco crudele. Alla fine dell’episodio, infatti, Proteo viene improvvisamente trucidato da un individuo che si presenta come il «primo nato» del Dr. Frankenstein, dunque il suo primo esperimento, la sua prima creatura: un colpo di scena brutale che stabilisce un legame antitetico con l’ultima sequenza della puntata precedente, caratterizzata invece da un senso di quiete e di poesia. L’episodio, fra l’altro, sembra quasi un collage di sequenze casuali, eppure in questa anarchia risiede parte del suo fascino, poiché ogni momento, ogni dialogo, compone il quadro di una realtà popolata da figure inquiete ed erranti, curiose e annoiate, ma anche disposte ad affrontare l’apocalisse. Ed è proprio ciò che si prospetta davanti a loro: le rivelazioni dell’egittologo non hanno nulla di originale rispetto ai cliché del genere (il tramonto dell’uomo, la calata delle tenebre, la venuta dei vampiri), ma i riferimenti al sistema teologico dell’antico Egitto sono molto intriganti. Le qualità principali di Penny Dreadful risiedono proprio in questo dialogo costante fra diversi “livelli” culturali, che permette allo show di spaziare senza soluzione di continuità dai classici della letteratura ai b-movie, passando per i romanzi d’appendice.
La citazione: «L’uomo non vive solo nel mondo empirico. Dobbiamo cercare l’effimero, o che senso avrebbe vivere?»
Ho apprezzato: la sequenza della possessione; i riferimenti alla teologia dell’antico Egitto; il lirismo delle scene con Frankenstein e Proteo; il colpo di scena finale.
Non ho apprezzato: il ruolo di Ethan Chandler, che in questo episodio è ininfluente.
Potete scoprire, commentare e votare tutti gli episodi di Penny Dreadful sul nostro Episode39 a questo LINK.