LA RECENSIONE NON CONTIENE SPOILER.
Godzilla (Gojira in giapponese) compie 60 anni e quale miglior modo per celebrare la creatura nata e cresciuta dalla Toho in ben 28 pellicole con un Signor Reboot?
Dimenticate la versione del 1998 di Roland Emmerich, uscita sulla scia dei primi due Jurassic Park e nel quale il kaiju era stato trasformato in un feroce dinosauro che vagava senza motivo nella città di New York. Warner Bros e Legendary Pictures ancora una volta dimostrano di saper affidare il giusto progetto alle giuste menti artistiche, partendo in questo caso da un saldo principio di fondo: rispettare il vero spirito e la vera natura di Godzilla.
Max Borenstein ha dato vita ad una sceneggiatura nella quale assistiamo impietriti e coinvolti al dominio totale della natura sull’uomo. I personaggi, per nulla monodimensionali, devono però necessariamente lasciare spazio (e non poco) a forze più grandi di loro, inarrestabili e che ci ricordano quanto piccoli e insignificanti possiamo essere nonostante l’ego della nostra razza.
Il tutto inizia in Giappone (e dove se non altro?). Siamo nel 1999 e conosciamo la famiglia Brody (Bryan Cranston e Juliette Binoche), trasferitasi nel paese del Sol Levante per lavorare in una centrale atomica: un terremoto, un tifone, un incidente, “qualcosa” porta alla distruzione dell’impianto, della città e della famiglia stessa. 15 anni dopo ritroviamo a San Francisco il loro figlioletto Ford (Aaron Taylor-Johnson), ora diventato uomo e artificiere dell’esercito, padre di famiglia e sposato con l’infermiera Elle (Elizabeth Olsen).
Ford corre però in Giappone per ritrovare suo padre, ossessionato nel cercare ormai da molti anni di scoprire cosa ha portato al terribile incidente che ha distrutto la sua vita. Viene arrestato mentre cerca di tornare nella città del disastro, e insieme al figlio ormai ritrovato scoprirà che la sua più profonda paura è una terribile realtà, e che il tutto sta per ripetersi… Si ritroveranno coinvolti, così come buona parte della popolazione del Pacifico, in eventi catastrofici al di sopra di ogni possibilità di controllo umano.
Bastava la breve sinossi ufficiale diffusa dallo studio mesi fa per capire che era stata presa l’unica direzione possibile: “L’epica rinascita dell’icona Godzilla della Toho: questa spettacolare avventura contrappone il mostro più famoso del mondo alle malvagie creature che, sostenute dall’arroganza scientifica dell’umanità, minacciano la nostra esistenza.” Godzilla non è uno stupido dinosauro che distrugge quello che capita a tiro: è una creatura antica, temuta e rispettata, che porta equilibrio quando e dove il mondo ha esagerato. Ricordiamo che il mostro è nato dalla paura per l’atomica, ben radicata nella società Giapponese dopo le tragedie di Hiroshima e Nagasaki, e si è costantemente evoluto nel momento in cui il popolo ha fatto dell’energia atomica stessa la maggiore risorsa energetica del paese, ponendo dubbi e ricordando a quali estremi l’uomo fosse capace di arrivare, nel bene e nel male.
La cosa a dir poco incredibile, visto che Godzilla non compare in ogni scena della pellicola, è come siano riusciti a creare una così forte empatia tra il pubblico e il kaiju (vedrete con i vostri occhi perché non si può descrivere). Si mostra “interamente” dopo un’ora di film (ricalcando un modello come Lo Squalo, ispirazione per Edwards), e da quel momento diventa lui il vero protagonista, senza togliere merito agli altri personaggi, e all’incredibile cast, che offre anche un gustoso contorno fatto di David Strathairn, Ken Watanabe e Sally Hawkins (perfetti tutti).
Questo significa che nell’ultimo atto non si vede altro che caotiche scene di distruzione, tipiche dei blockbuster hollywoodiani? Nulla affatto! Gareth Edwards, un solo film da pochi migliaia di dollari alle spalle (Monsters), dosa azione e distruzione con grande cura, utilizzando energie e budget per creare un mondo realistico, creature incredibili (i MUTO sono fantastici, non aggiungo altro per evitare spoiler) e dirigendo con intelligenza e un grande lavoro di progettazione delle scene. Il tutto, unito ad una fotografia inquietante e alla colonna sonora del maestro Desplat, funziona dal primo minuto all’ultimo trasformando questo nuovo Godzilla dal robusto e divertente film di intrattenimento che ci aspettavamo (alla Pacific Rim) alla versione a dir poco necessaria del celebre monster movie del nuovo millennio: spiazzante e anche coraggiosa, visto quanto è effettivamente diversa dagli ottimi trailer arrivati nei mesi (in meglio questa volta) e molti segreti del film sono rimasti tali.
La Toho, che ha seguito la lavorazione giorno dopo giorno, ha dato la sua benedizione (Emmerich è ancora bandito dal Giappone). Non possiamo che fare altrimenti e inchinarci al Dio dei Mostri…
VOTO: 8.5
NOTA A MARGINE: il 3D. Poche volte la terza dimensione è stata utilizzata in modo così intelligente. Dopo l’eccellente Gravity (che ricordo è stato girato in 2D), è la dimostrazione che anche le riconversioni possono essere di altissimo livello sul piano qualitativo, SOLO e se affiancate ad una regia studiata in partenza per la terza dimensione. È la riconversione “in corsa” ad essere il male del 3D, non la riconversione stessa: non dimentichiamo.
QUI trovate il nostro GODZILLATHON, il ripasso di tutti e 28 i film di Godzilla.
QUI le nostre foto della première di Londra
Godzilla uscirà nei cinema il 15 maggio 2014, ultimo giorno della Festa del Cinema! Potete rimanere aggiornati sul film seguendo la Pagina Facebook ufficiale, l’account Twitter e il sito ufficiale Warner Bros.