Cinema Ultime News

Cannes 2014, Lost River: la recensione del debutto alla regia di Ryan Gosling

Pubblicato il 21 maggio 2014 di laura.c

Immaginate un Nicolas Winding Refn con una sensibilità molto più americana, meno capacità evocativa e meno azzardo nella costruzione dell’intreccio. Niente di stupefacente ma anche niente male per un regista alla sua opera prima, che da attore feticcio ha saputo rubare molto dal suo mentore e costruire un film dalle atmosfere decadenti, oniriche e macabre come non se ne vedono spesso in giro.

Presentato nella sezione Un Certain Regard del 67º Festival di Cannes, Lost River è il debutto dietro la machcina da presa di Ryan Gosling, incentrato sulla discesa nel torbido e la lotta per la risalita di una piccola famiglia americana, imprigionata in una periferia isolata e totalmente allo sfascio: Un luogo quasi fantasma, nato da distruttive speculazioni edilizie e ormai abitato solo da disperati, sbandati e folli criminali. Qui una donna bella e sola, interpretata dalla prosperosa Christina Hendricks, per pagare il mutuo accetta di andare a lavorare in un perverso nightclub dove gli avventori danno sfogo alle loro passioni più oscure, mentre il figlio più grande (Iain De Caestecker) attacca briga con il violentissimo bullo locale.

La loro esistenza apparentemente avviata al disastro potrebbe però cambiare grazie al mistero della città in cui vivono, nascosto sotto l’acqua e rivelato da una giovane dark dal fascino inquietante, che si fa chiamare “Rat” per via del ratto che porta sempre con sé a mo’ di animale da compagnia (Saoirse Ronan).

Lo scenario, come facile intuire, è creato apposta per mantenere un’atmosfera costantemente immersa nell’oscuro e nel torbido, mentre tutto nello stile di regia, dai colori, al taglio delle inquadrature e alle musiche, fa da cassa di risonanza per tale inquietudine, virandola verso un surrealismo da incubo o da viaggio infernale. Non mancano inoltre un certo gusto del sangue e un voyeurismo mortifero portato a livelli non estremi, ma comunque abbastanza spinti per credere nella sincerità del l’ispirazione di Gosling, e non vedere il film solo come il divertissement di un attore di fama mondiale col capriccio di fare l’autore.

Nel complesso dunque un film ben costruito dal punto di vista delle atmosfere e della narrazione, che al contrario di quanto si potrebbe pensare non tenta nessun volo metaforico verso rimandi più alti o significati ulteriori. Le immagini, i personaggi e le vicende vogliono dire semplicemente ciò che si vede sullo schermo, e mancano perciò di una forza e di un impatto paragonabili a quella di un Refn o di un David Lynch, cui l’opera si richiama più e più volte. Anzi, spesso Lost River sembra rubare fin troppo dall’immaginario di altri celebri registi: basti pensare alle musiche, che sembrano uscire da uno qualsiasi tra Drive, Only God Forgives o Bronson, con qualche sfumatura anche dei Goblin di Dario Argento.

Gosling comunque ha fatto bene i compiti, deve solo imparare come dare corpo ai propri incubi reinventando e non copiando i suoi (bei) riferimenti cinematografici. O magari trovare incubi che anche lui abbia maggior urgenza di raccontare sul grande schermo, scoprendo così una via più personale come cineasta e storyteller.

Ricordiamo infine che nel ricco cast compaiono anche Matt Smith, Reda Kateb, Barbara Steele, Eva Mendes e Ben Mendelsohn. Il film ha avuto diversi minuti di applausi e in generale una buona acccoglienza al Festival di Cannes, dove in sala, oltre a regista e cast, erano presenti anche il regista Wim Wenders, l’attore Willem Dafoe, ovviamente Nicolas Winding Refn e anche il presidente di 20th Century Fox Jim Gianopulos.

Screenweek è presente anche quest’anno alla 67esima edizione del Festival di Cannes. Rimanete sintonizzati sulle nostre frequenze per tutti gli aggiornamenti dal Festival di Cannes e seguiteci sui social network (FacebookTwitterInstangram) tramite l’hashtag #SWCannes.