Un uomo e una donna in una camera d’albergo, un amore fedifrago consumato lontano da occhi indiscreti, con una foga eccezionale rispetto allo scorrere lento e prevedibile della vita quotidiana di un paesino di provincia. Aggiungiamoci un delitto e avremo già pronta la struttura di una crime story delle più classiche, probabilmente con le venature voyeuristiche di un noir a sfondo passionale. Non aggiungiamoci nient’altro, e il film è destinato a rimanere un’opera banale di cortissimo respiro, da vedere magari in un’annoiatissima serata di metà settimana di fronte alla tv. Questo è purtroppo il risultato ottenuto da La chambre bleue, nuovo film dell`apprezzato interprete e regista Mathieu Amalric, presentato nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes.
Adattamento per il grande schermo di un romanzo di Georges Simenon, l’opera si caratterizza immediatamente per una fotografia piatta e approssimativa, frutto del digitale ma anche di una palese noncuranza nell’uso di luci e ombre a fini stilistici. Tutto è piatto e rappresentato con la stessa illuminazione e le stesse inquadrature, salvo qualche piccolo guizzo in più nelle scene degli incontri degli amanti, comunque molto stereotipate. L’impatto non è dei migliori, ma almeno inizialmente la struttura narrativa sembra risollevare un poco il tono del film.
Presto si capisce infatti come la storia dei protagonisti sia raccontata in flashback, con un forte contrasto tra il calore dei loro abbracci e la freddezza burocratica degli interrogatori della polizia, dove ogni discorso amoroso anche più banale viene analizzato fin negli apostrofi, scrutandone veridicità e intenzioni. Per un attimo si spera dunque che La chambre bleue compia una svolta in questo senso, che le indagini sul protagonista diventino un pretesto per confrontare le varie fasi di una relazione passionale, per metterne a nudo le illusioni e rivelare il carattere aleatorio delle piccole e grandi menzogne dissipate con noncuranza dopo l’eccitazione di un amplesso.
Purtroppo il film vira al contrario verso una piega più banale, diventa una mera collezione di episodi ripercorsi in modo meccanico per arrivare a una rivelazione finale non solo intuibile con largo anticipo, ma anche priva di impeto. In poche parole, un esercizietto di genere che porta molto indietro la filmografia dell’Amalric regista, di cui rimpiangiamo il ben più sofisticato Tournée.
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