Sottotitolo: e ci piace tantissimo proprio per questo.
Wes Anderson. Basta nominare il suo nome per riportare alla mente quell’universo colorato e squisitamente pop che da sempre anima le sue pellicole e di cui potremmo difficilmente fare a meno. Certo, qualcuno che potrebbe fare a meno dei suoi film c’è sempre, sarà capitato anche a voi di sentire i soliti commenti fatti da chi non adora il suo stile: “Ma dovrebbe far ridere? Non l’ho capito, ma cos’è questa noia?”.
Perché Wes Anderson è un regista che si ama o si odia, che ha una sua personalissima visione del mondo (e, ovviamente, non tutti possono condividerla) e che nel corso della sua carriera è rimasto sempre fedele a sé stesso, proseguendo un percorso culminato recentemente in Grand Budapest Hotel, la sua ultima fatica.
Con quella sua aria da dandy perennemente annoiato (come i protagonisti dei suoi film, del resto) e quella sua estetica curata fino all’inverosimile, ha creato uno stile unico, un vero e proprio marchio di fabbrica riconoscibile nel giro di pochissimi secondi. Capita spesso all’interno del mondo della Settima Arte di parlare di Autori, ma cos’è in realtà un Autore? Personalmente credo che per definire un regista come tale sia necessaria la presenza di un segno distintivo, un qualcosa che ti permetta di identificare nel giro di pochissimo tempo la paternità di una determinata opera.
Inutile dire che con Wes Anderson si va sul sicuro per più di un motivo, sono così tante le caratteristiche ricorrenti all’interno delle sue pellicole che è praticamente impossibile potersi sbagliare. Caratteristiche che fanno parte di un universo che si potrebbe benissimo riassumere come “hipster”, ma che non comprende tutte quelle caratteristiche negative che, con il passare del tempo, ha assunto questo termine.
Wes Anderson // Centered from kogonada on Vimeo.
Si pensi, ad esempio, alla perfezione delle sue scene, alla cura maniacale (talmente tanto da sfociare nell’artificioso) con cui ogni campo è disposto. Geometricamente perfetto e visivamente affascinante. Una cosa che si riflette anche nei protagonisti delle sue pellicole, eroi moderni e tragicomici del calibro di Margot Tenenabaum, Steve Zissou, Mr. Fox e Monsieur Gustave. Personaggi eccessivi ma al tempo stesso ben radicati nel mondo in cui vivono, perfetti esteticamente ma caratterizzati da una serie di difetti che li rendono ancora più affascinanti.
Un fascino che ovviamente si moltiplica, perché ogni pellicola targata Anderson è animata da una serie infinita di personaggi più o meno importanti ma in ogni caso ben definiti, interpretati quasi sempre dagli stessi nomi, che si rincorrono ruolo dopo ruolo. Capita che un regista abbia il suo attore feticcio, si veda ad esempio le accoppiate Scorsese/DiCaprio (e prima ancora Scorsese/De Niro) o Burton/Depp, ma in questo caso parliamo di intere comitive, capitanate da nomi come Owen Wilson, Jason Schwartzman e, ovviamente, Bill Murray.
Per loro, evidentemente, è un piacere lavorare con un regista simile. Un piacere che diventa anche nostro ogni volta che li vediamo sul grande schermo, avvolti dal buio di una sala cinematografica.