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Lars von Trier in 5 provocazioni

Pubblicato il 05 aprile 2014 di Valentina Torlaschi

Sin dal primissimo trailer, Nymphomaniac scatenò in rete un’attenzione incondizionata con valanghe di condivisioni e altrettante discussioni. Fellatio, liquido seminale sulle labbra, baci saffici, scene di sesso esplicito, corpi nudi. Ma anche lividi, macchine in fiamme, pianti, urla, sangue. Il tutto sulla sfondo di ambientazione grigie, malinconia diffusa e la colonna sonora dei Rammstein. Su questi elementi puntava il primo video promozionale del nuovo film diretto da Lars von Trier che racconta, per rubare le parole allo stesso regista, «la selvaggia e poetica storia del viaggio erotico di una donna, dalla sua nascita all’età di 50 anni».

Come immancabilmente accade per l’autore danese, le sue immagini hanno scatenano divisioni, pareri controversi, discussioni, vere e proprie tifoserie da stadio tra estimatori e detrattori. E ora che Nymphomaniac è uscito in sala la diatriba continua… L’etichetta è di quelle facili ma non si può fare a meno di bollare Lars von Trier come un cinema che si ama o si odia; e in ogni caso, il regista di Melancholia è rimasto uno dei pochi autori a fomentare dibattiti con schieramenti così accesi quando si parla di film.

Uno degli aspetti che più fanno discutere, che più creano ammirazione/irritazione, di Lars von Trier sono le sue provocazioni. Coi suoi film ma anche e soprattutto con il suo comportamento, il danese ha un vero e proprio piacere nello scandalizzare. Ecco 5 provocazioni che hanno costellato la sua carriera.

• Il manifesto Dogma 95


La provocazione meno gratuita e più stimolante di Lars von Trier è quella che arriva nei primi anni della sua carriera e che va sotto il nome di Dogma 95. Ossia di quel movimento artistico che voleva un cinema d’urto, indigesto, con macchina a mano, suono in presa diretta, nessuna star, basso budget. Un cinema che, povero e sperimentale, voleva porsi come alternativa al sistema hollywoodiano ormai afflitto dal cancro degli effetti speciali e dalla spettacolarità. È il 13 marzo 1995 quando a Copenaghen Von Trier insieme al giovane Thomas Thomas Vinterberg scrivono e sottoscrivano un vero e proprio manifesto del movimento con tanto di regolamento in 10 punti: questo decalogo, anche noto come ‘voto di castità’, imponeva solo luci naturali, nessuna scenografia, nessuna colonna sonora o musica di commento, nessun trucco cinematografico, uso preferibilmente di camera a mano, anonimato (il regista non deve comparire nei titoli di testa). Va da sé che il primo a trasgredire a quasi tutti questi comandamenti è stato lo stesso Lars. In ogni caso, nei suoi 10 anni di esistenza (il 20 marzo 2005 si è sancita ufficialmente la fine del patto), Dogma 95 ha stimolato una riflessione, almeno nella critica, sulle ragioni d’essere di certo cinema d’autore.

• L’orgia di Idioti

L’unico vero film che rispettava gran parte delle regole imposte da Dogma 95 fu Idioti realizzato nel 1998. La storia è quella di una decina di che decino di fingersi degli idioti, ritardati mentali, spastici mostrandosi in luoghi pubblici della ricca Copenaghen per esplorare le reazioni di disagio, fastidio, ipocrisia della gente comune. Nella versione integrale di 117 minuti la macchina rigorosamente sempre a mano segue i 10 “mongoloidi” (cit. Lars) protagonisti mostrando una scena di sesso di gruppo con una penetrazione in primo piano a dimostrazione della realtà della sequenza. Qualcuno ne ha scritto come di “una perfetta allegoria del mondo in cui viviamo, un calcio a tutte le convenzioni sociali, formali, narrative (Fabio Ferzettu su Il Messaggero); altri come il “classico brutto film da dibattito” (Alberto Crespi su L’Unità). Di certo, una provocazione che ha lasciato il segno.

• Dittatura da regista

La più grane e forse fastidiosa provocazione di Lars von Trier è proprio il suo sfacciato fare scandaloso, anticonformista, scorretto. Antipatico, scorbutico. Insomma è di dominio universale che Lars sia un tipo intrattabile, autoritario, misogino, vittima assoluta delle sue fobie. Tendenzialmente, dopo che le attrici hanno timbrato il cartellino e fatto il loro film con Lars, ovvero il più scandaloso e controverso dei registi in circolazione, giurano e spergiurano di non tornare più a lavorare con un pazzo, perfezionista e sadico come lui che sul set maltratta i colleghi e pretende estenuanti repliche di ciak e ciak. Tra le vittime sacrificali della sua arte: Nicole Kidman, Kirsten Dunst e Björk. Con quest’ultima la situazione si era fatta particolarmente tesa tanto che Lars von Trier ha raccontato che ogni mattina, prima delle riprese di Dancer in the Dark, la cantante ripetesse “Mr. von Trier, io la disprezzo” sputandogli addosso.
Cresciuto con un’educazione molto libera da una madre molto anti-convezionale che non gli dava nessuna regola, da bambino e poi da adolescente Lars ha avuto molti problemi di relazione a scuola con insegnanti e altri compagni. La libertà eccessiva della sua infanzia lo ha reso poi un adulto molto insicuro (almeno da quel che dichiara lui): per questo, sul set e nella vita, ha bisogno di regole ferree. Per questo, soffre di molte fobie: tra le altre, paura di volare, claustrofobia, ipocondria. E a proposito di traumi, sempre la madre, sul letto di morte, confessò a Lars che il marito morto 20 anni prima non era il suo vero padre. Il regista si mise alla ricerca dell’uomo, che lo rioudiò una seconda volta.

• Capisco Hitler


A proposito di necessità di regole ferree e fare dittatoriale, una certa simpatia di Lars von Trier verso il nazismo è sempre stata manifesta. È ormai entrata nella storia la sua frase, al Festival di Cannes del 2011, “I Understand Hitler“; frase che raggelò l’intera Croisette tanto che la direzione della manifestazione lo radiò dal Concorso oltre che dalle successive edizioni. Nella conferenza stampa di presentazione del film Melancholia, in Concorso al Festival proprio in questi giorni, Trier aveva dichiarato: «Per lungo tempo ho pensato di essere ebreo ed ero felice di esserlo. Poi ho conosciuto Susanne Bier (regista danese ebrea) e non ero così contento. Ma dopo ho scoperto che in realtà ero un nazista. La mia famiglia era tedesca. E questo mi fa anche piacere. Cosa posso dire? Capisco Hitler…simpatizzo un po’ con lui. Capisco Hitler, l’uomo, a volte me lo immagino seduto nel suo bunker quando tutto era finito, e credo di comprenderlo. Non sono contro gli ebrei, ma certo Israele è un problema […]. Noi nazisti facciamo le cose in grande»

• Cannes persona non grata

Lars von Trier ha pensato bene di riavvivare il fuoco della polemica per quella frase simpatizzante sul nazismo alla Berlinale di quest’anno dove il regista era andato a presentare la versione senza censure di Nymphomaniac – Parte 1. Al photocall antecedente la conferenza stampa della pellicola, Von Trier ha sfoggiato una maglietta con impresso il logo del Festival di Cannes e sotto la scritta “PERSONA NON GRATA”.

Persona grata o non grata, intanto Lars von Trier con il suo Nymphomaniac – Parte 1 sta anche conquistando il pubblico italiano: per il secondo giorno consecutivo il film ottiene la miglior media della top-ten: oltre 550 euro per copia, per un incasso di 65mila euro ieri (totale 111mila euro). Se lo volete vedere, QUI la programmazione nei cinema italiani.