«Loki è profondamente shakespeariano. Ha un aspetto snello e famelico come Cassio. È un cospiratore come Iago. È ambizioso come Macbeth». Così Tom Hiddleston ha parlato del personaggio Marvel che l’ha reso famoso e amatissimo dal grande pubblico sottolineando come l’essenza di questo eroe, e forse ciò che realmente ne ha decretato il successo, abbia una certo debito verso gli ineguagliabili villain scritti dal Bardo ormai secoli or sono.
Attore di robusta formazione teatrale, Hiddleston aveva già interpretato Shakespeare in un applauditissimo Otello al fianco di grandi nomi quali Chiwetel Ejiofor e Ewan McGregor ed ora è tornato a dar voce e corpo alle parole del drammaturgo inglese con Coriolanus: spettacolo firmato da Josie Rorke di cui Tom è il protagonista assoluto nei panni dello spietato e sprezzante generale romano Caio Marzio Coriolano. Uno spettacolo, lo anticipiamo subito, davvero avvincente. Uno spettacolo tanto essenziale nella messa in scena quanto travolgente nel suo vortice di guerre sanguinarie, viscidi intrighi politici e famiglie dagli affetti distruttivi.
Tra le opere ingiustamente meno rappresentate e meno note di Shakespeare, Coriolanus esplora la tragedia di uomo, ossia il condottiero Caio Marzio (Hiddleston): siamo nell’antica Roma e lui è una brutale macchina da guerra, un corpo di profonde cicatrici da esibire come trofei, un comandante militare feroce e superbo che ama le vittorie e disprezza profondamente il suo popolo. Dopo aver portato l’esercito romano a una schiacciante vittoria contro i Volsci, Caio Marzio ora ribattezzato Coriolano viene eletto console. Ma il passaggio dallo statuto di guerriero a quello politico, ruolo per lui intrinsecamente inadatto, decreterà la sua fine…
Corioliano è un personaggio di grande fascino e ambiguità. È coraggioso, superbo, ma soprattutto è un idealista senza compromessi. Peccato che i suoi ideali siano quelli di un potere autoritario e violento in grado di controllare la stupidità della plebe. In lui risiede l’incapacità al compromesso, alla negoziazione. Insomma, l’incapacità di essere un politico: figura che invece gli viene imposta di essere. Una decisione che avrà atroci conseguenze per lui e per l’intera Roma. Quello politico è lo spazio fondamentale in cui si muove il dramma di Coriolanus: l’arte politica governa le azioni di tutti i personaggi, ad esclusione di uno soltanto: appunto Coriolano. Lui è l’unico che non agisce come politico: proprio per questo tutti gli altri diventano i suoi antagonisti, madre e moglie comprese. E così, dopo il trionfo, assistiamo alla disfatta di quest’eroe puro e maligno.
Tom Hiddleston restituisce con indiscutibile talento il fascino del protagonista. L’attore ne esaspera l’aspetto carnale, fisico, esibendo quelle cicatrici che sembrano ancora pulsare, quelle ferite ancora aperte che bruciano, quel sangue che gli sporca il viso, gli occhi, i denti. Il Corioliano di Hiddleston è molto fisico anche negli scontri corpo a corpo col nemico eppure appare anche come una figura cristologica ante litteram nelle sue ferite-stigmati, nella sua corona di spine, nel dramma di venir ripudiato-condannato dal proprio popolo.
Quella di Hiddleston è una grande prova d’attore ma sarebbe ingiusto non menzionare gli altri ottimi interpreti come la danese Birgitte Hjort Sørensen che tinge di una malinconia tutta nordica il ruolo della moglie Virgilia, Deborah Findlay nei panni della madre che, accecata d’amore e ambizione, spinge inconsciamente il figlio nel baratro e Mark Gatiss nelle vesti di Menanius, amico fedele ma velato di doppiezza.
Una parola altrettanto doverosa, poi, sulla regia di Josie Rourke che firma una messa in scena austera, dove gli sfarzi dell’antica Roma non esistono e lasciano spazio a un vago scenario post-industriale di grigio asfalto diffuso, una scala a pioli di metallo sullo sfondo e muri coperti di graffitati che urlano la rivolta del popolo. Un’ambientazione senza tempo, anche nei costumi, proprio per far riecheggiare nello spazio intimo e spoglio così tipico del Donmar Warehouse, le parole di un passato lontano, corrotto e ingiusto che però sembrano più che mai attuali.
Lo spettacolo dura circa 3 ore ma la noia non arriva mai. Questo perché le pièce di Shakespeare sono sempre ricche di azione, guerre, amori e tradimenti e una bella dose di sagace ironia; poi la regia cinematografica è stata studiata con intelligenza. Il Coriolanus che vedrete al cinema non è semplice teatro filmato, non è semplice e statica ripresa video dal punto di vista dello spettatore seduto in prima fila. La macchina da presa è invece molto mobile con bracci che alzano la visuale a diversi metri da terra e permettono inquadrature plongée o spingono lo sguardo dentro il palcoscenico. Molti anche i dettagli e perfino le sequenze con macchina a mano per le scene d’azione. La sensazione è di vedere un film vero e proprio; il formato cinematografico è riuscito a sottolineare ed evidenziare i passaggi emotivi del racconto senza non fa sentire, troppo, la mancanza della “magia dello spettacolo dal vivo”. Se riuscite, non perdetevelo: ne vale davvero la pena.
Coriolanus è distribuito da Nexo Digital che porta nelle sale lo spettacolo per la sola giornata di oggi martedì 8 aprile (in realtà alcuni cinema variano il giorno di programmazione, per esempio in alcune città come Milano e Roma l’appuntamento è per il 10 aprile): qui l’elenco delle sale con relativa data in cui è proposto lo spettacolo in versione originale inglese con sottotitoli in italiano.