Attualità

Elezioni a Tokyo, destra nazionalista e cinema

Pubblicato il 06 febbraio 2014 di Redazione



ScreenWeek dal Giappone.

Il prossimo 9 febbraio si terranno a Tokyo le elezioni per decidere il nuovo governatore della metropoli giapponese, dopo le forzate dimissioni del precedente, Naose Inoki, travolto dagli scandali di corruzione. Ora, fra coloro che si sono candidati c’è anche Tamogami Toshio, ex generale licenziato dalla sua posizione all’interno delle forze di autodifesa nel 2008 dopo le sue parole che giustificavano l’agressione imperialista giapponese dell’Asia nella prima parte del ventesimo secolo. Fra coloro che supportano Tamogami nella sua corsa per diventare governatore di Tokyo c’è anche lo scrittore Hyakuta Naoki, che fa anche parte del comitato dirigente dell’emitente nazionale NHK e dal cui bestseller Eien no zero (The Eternal Zero) è stato tratto il film omonimo, vero fenomeno cinematografico del momento che per sette settimane consecutive è al primo posto negli incassi del botteghino giapponese.
Hyakuta, le cui posizioni nazionaliste non sono certo una novità, nei giorni scorsi è salito alla ribalta per aver dichiarato che il massacro di Nankino avvenuto nella città cinese nel 1937, è stata una fabbricazione americana, cioè che i fatti perpetrati dall’esercito giapponese non sono mai avvenuti. Una corrente revisionista che, se non sempre esplicitamente, innerva l’ideologia del governo giapponese in carica guidato da Abe Shinzo ma che ancora più pericolosamente è una tendenza che sempre più sta prendendo piede nella società giapponese.

Tutto questo però non significa affermare che il successo di spettatori di Eien no zero sia dovuto a questa tendenza pericolosamente destrorsa, la maggiorparte dei moviegoers ha probabilmente affollato i cinema più attratta dalla storia d’amore che dai fatti storici in cui essa si svolge. Ma allo stesso tempo ed in modo più subdolamente sottile, il film e tutto ciò che lo circonda è un’ottima cartina tornasole su quel variegato sentimento di vittimismo, di chiusura e di supposta unicità del Giappone e dei suoi abitanti verso il resto del mondo, che trova molto riscontro nella società giapponese contemporanea, anche quella che si dichiara più schiettamente impolitica.