Yes we can, non è uno slogan nato nel 2008 durante le primarie democratiche con la conquista del New Hampshire da parte di Barack Obama, ma nel lontano 1972 per bocca del sindacalista César Chávez. Si lottava per un miglioramento delle condizioni lavorative e salariari dei braccianti messicani (e non solo) impiegati nei campi statunitensi e così ciò che effettivamente disse fu “Sì, se puede”, ma il senso è lo stesso: cambiare era possibile. César Chávez è uno dei più celebri attivisti della storia delle lotte sindacali del ventesimo secolo, fondatore, assieme a Dolores Huerta, di quella National Farm Workers Association che tanto fece in favore dell’integrazione e del rispetto dei lavoratori stranieri negli Stati Uniti. Azioni dimostrative, marce, lavoro da lobby non solo negli States, ma anche in Europa, scioperi e boicotaggi, tutto sempre ispirato dal principio della non violenza: Chávez dedicò la sua intera vita ad una nobilissima causa.
“Una volta che il cambiamento sociale ha inizio, è impossibile invertirne il corso. Non si può rendere di nuovo ignorante una persona che ha imparato a leggere. Non si può umiliare una persona che si sente fiera. Non si possono opprimere i popoli che non hanno più paura. Abbiamo visto il futuro e il futuro ci appartiene”
César Chávez meritava un film e non uno qualsiasi. Diego Luna, dopo il promettente esordio alla regia con Abel, ha deciso di impegnare anima e corpo in un progetto che non solo ha diretto, ma anche prodotto. Non si è messo davanti alla macchina da presa nonostante la sua brillante carriera d’attore, decidendo di affidarsi al bravo Michael Peña, uno di quegli attori impegnati normalmente in ruoli di contorno e che finalmente ha la possibilità di caricarsi sulle spalle un intero film. Accanto a lui una serie di grandi professionisti come John Malkovich, l’ex Ugly Betty America Ferrera,e la rediviva Rosario Dawson. Il film è abbastanza classico sia per struttura (seguiamo cronologicamente la storia delle rivendicazioni sindacali di Chávez), che da un punto di vista registico, ma la storia è così interessante che ci si emoziona e ci si mette poco a fare il tifo per i protagonisti e a seguirne i successi nonostante le tante avversità nonostante alcuni passaggi della sceneggiatura che così scontati non sono , almeno per noi europei. Il film è chiaramente destinato prima di tutto agli americani, ma la speranza è che riesca comunque a trovare una distribuzione in Italia. Non si tratta di cinema militante, ma di intrattenimento misto ad informazione storica. Il pensiero di César Chávez del resto è ancora più che mai attuale: “Non basta insegnare ai nostri giovani ad avere successo… in modo che possano realizzare le loro ambizioni, in modo che possano guadagnarsi da vivere bene, in modo da poter accumulare le cose materiali che questa società concede. Questi sono obiettivi utili. Ma non è sufficiente per progredire come individui mentre i nostri amici e vicini di casa sono lasciati alle spalle”.