Il quattordicesimo episodio della seconda stagione di Arrow, intitolato Time of Death, vede l’esordio del Re degli Orologi come antagonista principale, mentre i conflitti familiari delle famiglie Queen e Lance continuano a tenere banco.
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Sara (Caity Lotz) si sta integrando nel Team Arrow, e si allena quotidianamente con Oliver (Stephen Amell) e Diggle (David Ramsey), mentre Felicity (Emily Bett Rickards) si sente messa in disparte, dato che non ha cicatrici da confrontare o storie di grandi combattimenti da raccontare. Sara, però, deve affrontare anche la rabbia di sua sorella Laurel (Katie Cassidy), ma Quentin (Paul Blackthorne) decide di organizzare una cena in famiglia per appianare tutti i contrasti. Nel frattempo le banche di Starling City subiscono gli assalti di William Tockman (Robert Knepper), soprannominato dai media il Re degli Orologi, un meticoloso rapinatore che possiede una tecnologia in grado di aprire ogni caveau della città.
Parallelamente, nei flashback sull’isola, Sara assiste il pilota di un aereo da turismo abbattuto da un missile: l’uomo, in punto di morte, le chiede di prendersi cura di sua figlia…
Arrow, ovvero una soap opera in cui saltuariamente, quasi per caso, appaiono dei tizi in costume che combattono il crimine. Il lato melodrammatico rischia di prendere il sopravvento, e spesso il sentimentalismo prevale sull’azione: il discorso vale anche per Time of Death, episodio in cui debutta il pericoloso Re degli Orologi… giusto per ricordarci che – pensa un po’ – questa è una serie supereroistica, e non la nuova stagione di Sentieri. Nel passaggio al piccolo schermo, il supercattivo della DC Comics viene però reinterpretato dagli autori secondo le stesse modalità che abbiamo già visto all’opera con Count Vertigo, Firefly e Shrapnel: il personaggio smarrisce le sue caratteristiche più bizzarre (o superumane) per acquisire un’aura di credibilità e “realismo”, sorte toccata anche ai nemici di Batman nella trilogia nolaniana sul Cavaliere Oscuro. Inevitabile che anche il Re degli Orologi, come Firefly e Shrapnel prima di lui, perda molto del suo fascino, e diventi quasi indistinguibile da un “comune” rapinatore informatico.
Che si apprezzi o meno questa rilettura, il supercriminale viene comunque relegato in secondo piano dai conflitti sentimentali che si agitano fra i protagonisti, soprattutto in seno alla famiglia Lance: Quentin coltiva la vana speranza di rimettersi con sua moglie, mentre Laurel riversa tutta la sua rabbia su Oliver e Sara, che hanno la brillante idea di presentarsi insieme alla cena di famiglia. Premesso che quest’ultimo dettaglio è ben poco verosimile (Oliver non fa parte della famiglia Lance, e inoltre i loro trascorsi sono tutt’altro che incoraggianti), c’è da dire che la riconciliazione finale appare sin troppo forzata e repentina, inaccettabile per una serie che attribuisce ai risvolti sentimentali un’importanza pari – se non superiore – a quelli avventurosi.
Per fortuna c’è Felicity a controbilanciare questa discutibile gestione dei conflitti caratteriali. La brillante e dolcissima hacker attraversa una piccola crisi: l’arrivo di un’apparente superdonna come Sara la fa sentire in soggezione, oltre che relegata nel ruolo di “femmina beta”; mentre il Re degli Orologi ha l’impudenza di violare la sua rete informatica, facendola sentire inutile e fallita. Nulla di più sbagliato: Felicity salva la vita di Sara, si prende una pallottola nella spalla (così avrà anche lei una cicatrice da raccontare) e acciuffa il cattivo rivoltando le sue armi contro di lui. Grandissima.
L’epilogo ci regala due colpi di scena. Il primo è l’arrivo di Slade Wilson (Manu Bennet) in casa Queen, preludio all’episodio della settimana prossima, The Promise; il secondo è la rivelazione dell’identità della figlia del pilota, che scopriamo essere Sin (Bex Taylor-Klaus). Ecco spiegata, con un piccolo ma efficace coupe de théâtre, l’amicizia fra lei e Sara.
La citazione: «Dire di aver preso un proiettile per qualcuno è sempre stato in cima ai miei desideri, e ora potrò farlo. Evviva.»
Ho apprezzato: Felicity for the win.
Non ho apprezzato: la trascuratezza con cui è stato trattato il Re degli Orologi; la risoluzione affrettata del conflitto tra Laurel e Sara.
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