Terzultimo episodio della prima stagione, Disrupt confeziona una buona trama verticale e semina qualche indizio relativo alla trama orizzontale, anche se permane la sensazione di assistere a uno show un po’ confusionario nella costruzione della sua “mitologia”.
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Due coniugi vengono uccisi da quello che sembra un malfunzionamento nel sistema domotico della loro villetta, ma che invece si rivela il frutto di un sofisticato sabotaggio: un misterioso hacker voleva infatti vendicare la morte di un ragazzo che, un anno prima, era stato ucciso dai medesimi sistemi di sicurezza, nel giardino della casa. I detective John Kennex (Karl Urban) e Dorian (Michael Ealy) indagano sull’assassino, che si prepara a mietere altre vittime.
Nel frattempo, Dorian esperisce delle strane visioni, simili a ricordi, di un bimbo che gioca con un trenino. Chi è stato a impiantargli quelle memorie, e perché?
Anche Disrupt, come il precedente Perception, reca il marchio della sceneggiatrice Sarah Goldfinger, che imbastisce una classica trama investigativa ricontestualizzandola in un ambiente futuristico. La fruizione è piacevole, soprattutto per chi è affezionato a una certa fantascienza degli anni Novanta: Disrupt è infatti l’episodio più apertamente cyberpunk di questa stagione, e l’approccio visivo – scenografie, luci, costumi, tecnologie – ricorda vagamente l’atmosfera di Johnny Mnemonic, Strange Days o altri film dello stesso periodo. I temi portanti (l’invasività tecnologica nella vita quotidiana, la responsabilità umana nel suo utilizzo) restano in superficie, poiché la vicenda prende una piega melodrammatica che conduce a un finale emotivo, quasi commovente sotto alcuni aspetti. Stavolta si ravvisa però una discreta sfumatura d’azione: nulla di memorabile, anche perché il combattimento con Gina Carano per il momento resta imbattibile, ma vedere Karl Urban moltiplicato in svariati ologrammi è piuttosto divertente.
Spiazza un po’ la sottotrama relativa a Dorian, che rivela di possedere a sua volta un background di enigmi e conflitti interni, proprio come John. Il riferimento alle “visioni” che lo tormentano è senza dubbio interessante (perché contribuisce alla sua umanizzazione), ma ormai sembra un po’ tardivo, e riflette una certa trascuratezza nella gestione della trama orizzontale, provocata non solo dal cambiamento dell’ordine degli episodi operato dalla Fox, ma anche da un’effettiva mancanza di chiarezza nella pianificazione della serie, che fatica a costruire una sua “mitologia”: la trama orizzontale emerge solo sporadicamente, lasciando qualche indizio che resta sospeso nell’aria, senza stabilire collegamenti solidi con il resto del racconto. Finora, le trame verticali da police procedural fantascientifico hanno funzionato molto meglio.
Insomma: le prossime due puntate, che chiuderanno la prima (e speriamo non unica) stagione di Almost Human, dovranno riprendere le fila della vicenda e riorganizzarle in una sostanza più compatta, in modo da rendere giustizia a un universo narrativo che, nel complesso, conserva ancora molte potenzialità. Nelle prossime settimane vedremo il risultato.
La citazione: «Rapporti umani, amico mio. Sono un casino. La gente invade i tuoi spazi, ti entra nella testa. Ecco perché ho scelto di vivere da solo.»
Ho apprezzato: l’atmosfera cyberpunk, Minka Kelly con parrucca viola.
Non ho apprezzato: l’inserimento tardivo e repentino di una sottotrama dedicata a Dorian.
Potete scoprire, commentare e votare tutti gli episodi di Almost Human sul nostro Episode39 a questo LINK.