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Almost Human, la recensione del nono episodio: Unbound

Pubblicato il 05 febbraio 2014 di Lorenzo Pedrazzi

Il nono episodio della prima stagione di Almost Human ospita l’inarrestabile Gina Carano, e per i detective John Kennex (Karl Urban) e Dorian (Michael Ealy) saranno grossi guai.

Attenzione: l’articolo seguente contiene SPOILER

Tutto comincia con uno strano episodio di aggressione: un robot da lavoro, riprogrammato per il crimine, spara a una donna per rubarle la borsa, e viene abbattuto dalla polizia durante la fuga. Trasportato nel magazzino delle prove, il robot si rianima, s’impossessa di una testa robotica femminile che risale a un vecchio caso, e la “indossa” al posto della propria. Il robot fugge quindi dal dipartimento, dopo aver ucciso una guardia.
Esaminando i filmati delle telecamere di sicurezza, John e i suoi colleghi si rendono conto che la testa trafugata dal robot è quella di un androide molto pericoloso, il sintetico XRN (Gina Carano), e immediatamente capiscono che la situazione è grave: l’XRN, infatti, fu costruito in seguito al fallimento dei DRN (gli androidi “emotivi” come Dorian) dal loro creatore, il Dr. Nigel Vaughn (John Larroquette), ma il robot – progettato per essere un soldato – perse il controllo e uccise molti agenti di polizia, prima di essere fermato. John e Dorian devono trovarlo prima che scateni un’altra strage, e avranno bisogno dell’aiuto dello stesso Dr. Vaughn…

Per la prima volta dai tempi del pilot, Almost Human torna a focalizzarsi sulla trama orizzontale, ma con un episodio parzialmente autoconclusivo che non smentisce la struttura da police procedural. I tentativi di costruire una “mitologia” della serie, però, sono piuttosto confusionari, soprattutto a causa di alcune scelte infelici della Fox: il network ha infatti disgregato l’ordine corretto delle puntate, trasmettendole in una successione diversa rispetto a quella prevista dall’ideatore J.H. Wyman, e questo comporta un certo caos nei riferimenti narrativi. Viene citato spesso il “Muro”, una grande barriera che separa la città da una fantomatica “terra di nessuno” che ricorda il deserto post-atomico di Judge Dredd, ma è la prima volta che se ne parla diffusamente, e l’episodio in questione sembra dare per scontato che il pubblico ne sappia qualcosa. Un po’ confusionari anche i riferimenti – esclusivamente verbali – alla prima battaglia contro il robot XRN: qualche flashback visivo, anche breve, avrebbe agevolato la fruizione.

Detto questo, Unbound resta un episodio molto godibile sul piano dell’azione, soprattutto grazie alla presenza di una tostissima Gina Carano che, prestando le sue fattezze all’implacabile XRN, si avvicina pericolosamente a una versione femminile di Terminator, e nell’epilogo ci regala una spettacolare resa dei conti con Karl Urban e Michael Ealy, sempre molto affiatati e ben calati nei rispettivi ruoli. Meno intensa è l’anima da buddy cop, che si manifesta solo nella divertente sequenza iniziale: la puntata si concentra infatti sulle ramificazioni della storia nella trama orizzontale, proponendo un nuovo antagonista (Vaughn si rivela essere l’ideatore del piano, e nel finale scappa oltre il Muro) e collegandosi potenzialmente con le macchinazioni dell’Insindacato; d’altra parte, Vaughn progetta di costruire un esercito composto da cinquecento XRN, e il destinatario potrebbe essere proprio la misteriosa organizzazione criminale contro cui John ha giurato vendetta.

Interessante l’idea che Dorian incontri suo “padre”, un po’ come accadeva a Roy Batty in Blade Runner, ma con conseguenze molto meno drammatiche. Più che altro, Dorian viene stimolato a porsi ulteriori domande sulla sua natura: le similitudini che avverte con l’XRN lo spingono a dubitare della sua affidabilità, anche se Vaughn lo rassicura sul fatto che tali somiglianze esistano solo a livello tecnico, di progettazione. Peccato però che il tema dell’anima sintetica, la più grande invenzione del dottore, venga liquidato con un banale monologo di carattere astratto, senza nessuna spiegazione (fanta)scientifica.

Insomma, nel complesso si tratta di un episodio meno solido sul piano narrativo rispetto a quelli precedenti, ma comunque soddisfacente nei suoi risvolti più spettacolari.

La citazione: «Mi stai dicendo che devo avvicinarmi a un robot omicida e pugnalarlo dietro al collo con una siringa?»

Ho apprezzato: la partecipazione di Gina Carano, il gran finale d’azione.

Non ho apprezzato: i riferimenti confusionari alla mitologia della serie.

Potete scoprire, commentare e votare tutti gli episodi di Almost Human sul nostro Episode39 a questo LINK.