E’ uno dei nuovi show più seguiti d’America, The Blacklist, il primo a essersi guadagnato l’ordine per la serie da 22 episodi, ed è arrivato anche in Italia, su FoxCrime da qualche settimana. La serie con James Spader sicuramente ha attirato molte attenzioni, per il protagonista e per il plot, ma alla fine dei conti è una mezza delusione.
Raymond “Red” Reddington, uno dei criminali più ricercati a livello mondiale, si costituisce all’FBI, offrendosi di fornire informazioni su ogni persona con cui abbia lavorato, la blacklist del titolo. In cambio, pretende però di collaborare solo con l’agente Elizabeth Keen, a cui non sembra essere direttamente legato. Creato da Jon Bokenkamp, che ha scritto il pilot diretto da Joe Carnahan, The Blacklist è un thriller molto derivativo che mescola Alias e soprattutto Il silenzio degli innocenti, con la struttura verticale di Person of Interest.
Un calderone di suggestioni e citazioni che faticano a diventare una vera e propria storia, un racconto che possa appassionare gli spettatori per più puntate o stagioni: la recluta inesperta al primo giorno di lavoro, con passato tragico (la cicatrice sulla mano) e fidanzato misterioso, il criminale iper-ricercato che vuole conoscere intimamente i segreti della recluta ed è pronto a rivelare i suoi solo con un equo scambio, la lista di un criminale alla settimana amalgamato dalla sottotrama dei complotti più o meni politici che legano Reddington a Elizabeth. Non una brutta serie, intendiamoci, ma un po’ poca carne al fuoco.
Se si lascia vedere, e ha un certo successo, è per merito della dos di azione e di fracasso insita in ogni puntata, ossia il mezzo più semplice per rendere appetibile un procedurale semplice, e la prova fantastica di Spader, a suo perfetto agio in ruoli dove può gigioneggiare, fare il subdolo simpatico, disegnare il suo epigono di Lecter senza morbosità. Se The Blacklist non è un one man show poco ci manca.
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