Storia di una ladra di libri: ScreenWEEK incontra Emily Watson, Sophie Nélisse e Brian Percival per la Giornata della Memoria

Storia di una ladra di libri: ScreenWEEK incontra Emily Watson, Sophie Nélisse e Brian Percival per la Giornata della Memoria

Di laura.c

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Raccontare la Germania di Hitler dal punto di vista delle persone comuni, che non hanno fiancheggiato né combattuto in aperta opposizione il Regime, ma hanno comunque lottato per mantenere umanità e dignità con atti di ribellione più o meno grandi e piccoli gesti di eroismo quotidiano. Questo l’intento di Storia di una ladra di libri, adattamento cinematografico del romanzo di Zusak Markus, dedicato alle sfide affrontate  da una ragazza coraggiosa e intraprendente negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Data in adozione dalla madre accusata di comunismo, l’adolescente Liesel (Sophie Nélisse) viene accolta da un padre generoso e gioviale (Geoffrey Rush) e da una madre severa e irascibile, ma infondo affezionata (Emily Watson). La vita familiare è però destinata a cambiare radicalmente con l’arrivo di un giovane ebreo in fuga, che viene ospitato di nascosto nella cantina di casa e da cui Liesel imparerà l’amore per la scrittura, i libri e l’importanza delle parole.

Dramma storico interpretato in modo magistrale dai due esperti attori impegnati nel ruolo dei genitori, nonché dalla giovane promessa Sophie Nélisse, Storia di una ladra di libri uscirà nelle nostre sale a marzo. Il regista Brian Percival (noto anche per il serial Downton Abbey), la giovane protagonista e la grande Emily Watson sono però intervenuti già oggi a Roma per presentare il film alla stampa, in occasione della Giornata della Memoria. Ecco il nostro resoconto, mentre vi ricordiamo che QUI potete trovare la set visit esclusiva di ScreenWEEK nella location tedesca delle riprese del film.

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Storia di una ladra di libri tratta in modo originale il tema dell’Olocausto, mettendo in primo piano la vita quotidiana di chi viveva all’epoca. In che misura questa caratteristica ha influenzato il vostro lavoro?

Emily Watson: Per me è stata una grande opportunità. Recitare un personaggio che non è né piacevole né attraente è un dono per un attore, è come indossare una maschera dietro cui ci si può lasciar andare. A parte questo, si tratta di uno studio storico importante. È stato come andare tra i tavoli e le cucine di tutta la Germania dell’epoca, il mio ruolo esprime una frustrazione e una rabbia provate da molti in quel periodo. C’erano tanta povertà, disoccupazione e tristezza derivanti dalla Prima Guerra Mondiale, e si era alla ricerca di qualcuno da incolpare. Il mio personaggio, in teoria, sarebbe l’obiettivo perfetto per l’ideologia nazista, ma grazie al rapporto col marito, uomo onesto e dalla caratura morale altissima, riesce a prendere decisioni giuste e coraggiose.

Sophie Nélisse: Inizialmente non ero troppo interessata al ruolo perché di base facevo la ginnasta e il mio sogno era andare alle Olimpiadi. Ho partecipato al primo provino solo per divertimento, ma quando mi hanno chiamato per un secondo test a Los Angeles ho letto la sceneggiatura e mi sono appassionata al personaggio e alla storia. Al terzo provino a Berlino volevo assolutamente la parte, ma non mi aspettavo di essere scelta. Quando è successo ho deciso di mettere da parte il mio percorso sportivo e di dedicarmi  completamente al film, che per altro è stata l’occasione per imparare qualcosa di più sull’Olocausto. Alla mia età non è un argomento di cui si conosce molto. Avevo letto La valigia di Hana e visto un documentario, in più mia nonna è cresciuta in Belgio durante la Seconda Guerra Mondiale e mi ha raccontato di quell’epoca. Ho visto anche molti film sull’argomento come Il pianista, Schindler’s List e The Reader.  Con questo ruolo ho finalmente avuto la possibilità di approfondire di più e capire cosa è successo nei campi di sterminio.

Brian Percival: Personalmente sono stato colpito dalla bellezza e dalla forza di una storia che presenta tanti livelli di complessità. Guarda agli eventi con una prospettiva diversa e si concentra sulla forza d’animo di questa ragazzina, che nonostante la giovane età riesce ad affrontare tanti ostacoli, tra cui imparare a leggere e scrivere. Quello che mi ha convinto è stata però la vasta gamma di sentimenti, che ho cercato di esprimere anche tramite momenti di leggerezza, perché non volevo che il pubblico si sentisse forzato verso una certa direzione. Volevo che le emozioni passassero sotto la pelle ma senza costrizioni, volevo che coinvolgessero gli spettatori ma senza imporre un pensiero. Ecco perché i sentimenti si fanno largo man mano che il film procede e non si percepiscono pienamente fino alla fine, quando il dramma fa capire al pubblico quante cose abbia in comune coi personaggi. L’intento era di sedurre, di dare una suggestione e lasciare che fosse lo spettatore a volerne sapere di più. Molti sanno già cos’è l’olocausto e magari desiderano conoscere l’argomento da altre prospettive, ma era importante che il film non diventasse una lezioncina di storia, specialmente per mantenere vivo l’interesse degli adolescenti.

 

Emily Watson, il suo personaggio è uno dei più complessi perché è bivalente: molto duro all’esterno ma con un cuore d’oro, com’è stato calarsi in questa parte?

E. W.: Essere sgradevole mi riesce facile! [scherza] È stato divertente interpretarlo, anche perché Geoffrey e io avevamo già recitato insieme come marito e moglie in Tu chiamami Peter. Condividiamo un certo senso dell’umorismo e sapevo che non se la sarebbe presa se fossi stata un po’ cattiva. L’idea al centro del mio personaggio, comunque, è quella di una persona infastidita da tutto anche perché non  riesce a vivere nel presente e pensa costantemente a cos’altro può succedere. Questo finché non arriva alla sua porta questo ragazzo ebreo e la sua famiglia comincia a vivere un enorme pericolo. Da quel momento capisce di doversi prendere cura di questi due ragazzi e comincia un percorso che la cambierà molto alla fine del film.

 

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Brian Percival, il film è girato in Germania ma principalmente in studio, vicino Berlino. Come mai?

B. P.: Sì, credo che circa l’80% sia girato a Babelsberg. La città in cui era ambientato il racconto originale è stata bombardata e ne è rimasto pochissimo. In realtà moltissime parti della Germania, che è molto progressista, sono state ricostruite, per cui è difficile trovare location autentiche a 360 gradi, ci sono solo pezzi isolati che risalgono davvero a quell’epoca. All’inizio avevamo pensato anche a Meissen, ma nel periodo in cui avremmo dovuto fare le riprese lì le condizioni climatiche sono  molto dure, nevica tantissimo. Così abbiamo deciso di girare in studio, considerando che tanto alla fine avremmo dovuto distruggere parte della città in cui avevamo ambientato il film. La ragione è dunque in parte logistica e in parte estetica.  Per me era importante avere la possibilità di cambiare spesso l’angolo delle inquadrature e offrire più visioni anche dello stesso luogo, più punti di vista.

Sophie Nélisse, Geoffrey Rush dice di essere stato stupito dalla tua capacità di passare con facilità da un registro drammatico a toni completamente diversi. È un talento naturale o ti sei preparata appositamente?

S. N.: Credo sia qualcosa di assolutamente naturale. Appena chiamano lo stop esco immediatamente dal personaggio, e  forse è un bene considerando che abbiamo affrontato un tema così serio. Io comunque posso dire esattamente lo stesso di Geoffrey, che è incredibile, una specie di clown: un attimo è lì che scherza ma appena si dà il ciak cambia completamente. Emily è anche straordinaria ma in modo diverso: era così nel personaggio che ha continuato a parlarmi con accento tedesco anche fuori dalle riprese!

Brian, come mai hai scelto di concentrarti sulla storia di una famiglia comune?

B. P.: Credo che le persone normali siano estremamente affascinanti. Mi interessa sempre quello che si trova scavando dietro la superficie: spesso parlando della Storia si dà la gente per scontata, mentre è avvincente vedere cosa è successo nella vita di tuti i giorni, come i singoli hanno reagito al regime nazista. Alcuni lo hanno abbracciato credendo che fosse la cosa giusta per la Germania e per loro. Altri lo hanno accettato per paura e per preservare i propri cari, ma c’è anche chi  ha tentato di opporsi, continuando a preoccuparsi di umanità e giustizia.

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Storia di una ladra di libri uscirà sugli schermi italiani il 27 marzo, distribuito da  20th Century Fox.

 

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