Sherlock – The Empty Hearse: La recensione del primo episodio della terza stagione

Sherlock – The Empty Hearse: La recensione del primo episodio della terza stagione

Di Marlen Vazzoler

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Il primo episodio della terza stagione di Sherlock, The Empty Hearse, ha avuto l’arduo compito di rispondere al grande quesito irrisolto del finale della seconda stagione, The Reichenbach Fall, ovvero come Sherlock è riuscito a inscenare la sua morte mentre Watson (Martin Freeman) lo stava osservando. Mark Gatiss ha brillantemente risposto a questa domanda, con una serie di spiegazioni più o meno improbabili, che hanno rispecchiato i due anni di congetture ipotizzati dal fandom della serie, da quella complicata a quella che affronta il sottotesto omoerotico dello show, fino a quella ‘ufficiale’ che all’apparenza sembra troppo semplice per essere vera.
L’episodio vagamente ispirato al racconto ‘L’avventura della casa vuota’ mantiene i punti principali della storia, ma cambia il caso che ha spinto Sherlock a tornare, ovvero un attacco terroristico sotterraneo che minaccia Londra. Uno degli uomini di Mycroft ha sacrificato la sua vita per questa informazione, e Sherlock con piacere decide di tornare a Londra, convinto che nulla è cambiato, che Watson è pronto a riprendere la loro partnership. Ma come vediamo nel corso dell’episodio, il dottore non è dello stesso avviso del detective.
Invece di basare The Empty Hearse sul risolvimento dell’enigma, e di ‘perdere’ tempo nel fare un riassunto di quanto accaduto precedentemente, Gatiss ha preferito puntare l’attenzione su quello che hanno passato in questi due anni i protagonisti. Nel mini episodio Many Happy Returns, andato in onda a Natale, abbiamo avuto una vaga idea sui movimenti di Sherlock mentre era via, ma è in questo episodio che scopriamo come ha approfittato dell’anonimato fornito dalla sua presunta morte per smantellare la rete criminale di Moriarty. E mentre Sherlock risolveva casi a destra e manca, in completa solitudine, John ha faticosamente superato la morte dell’amico, soprattutto grazie all’aiuto di Mary (Amanda Abbington). Freeman ha fatto un fantastico lavoro nel mostrarci il dolore, la sofferenza provata per la perdita di Sherlock, così come la rabbia sentita nello scoprire, non solo di essere stato ingannato, ma di non essere stato uno di quei ‘pochi eletti’ che sapevano la verità sulla sua morte.
L’episodio è inoltre una sorta di viaggio, in cui vediamo Sherlock e John riprendere i loro rispettivi ruoli, abbandonati due anni prima. Apparentemente in questi due anni Sherlock non è cambiato, ma alcuni suoi gesti nei confronti di Molly ma soprattutto la sua gara di deduzione con Mycroft, mettono in mostra un lato del personaggio che ci era sconosciuto, la solitudine sofferta dal detective. La scena, così come i momenti in cui Holmes usa il nome di John quando chiama Molly, non solo svela quanto Sherlock ha sofferto la lontananza da Watson ma anche approfondisce il rapporto tra i due fratelli e fornisce una piccola introspezione nel personaggio di Mycroft. Il cambiamento di John invece è uno dei centri focali della storia, vediamo come la morte di Holmes l’ha cambiato, non solo fisicamente per via di quei orribili baffetti, ma anche psicologicamente. L’intero episodio potrebbe essere paragonato a una sessione terapeutica in cui il dottore riesce finalmente a dare libero sfogo, sia fisicamente che verbalmente, ai suoi sentimenti. Ma alla fine, solo in una situazione in cui non ha via di scampo, Watson riesce finalmente ad essere sincero con se stesso.
L’attenzione data ai personaggi ha inequivocabilmente messo in secondo piano gli altri eventi della puntata, dall’attacco terroristico, al rapimento di John, allo scheletro misterioso, al mistero della metropolitana. Non sappiamo quanto gli eventi di The Empty Hearse verranno ripresi nei successivi episodi e quale ruolo avrà in tutto questo il rapimento di John, orchestrato dal villain di questa stagione, Charles Augustus Magnussen (Lars Mikkelsen), ma i primi semi di un nuovo complotto sono stati gettati, non ci resta che vedere come verranno sviluppati. Nonostante tutto il regista Jeremy Lovering è riuscito a dirigere un episodio con un ritmo serrato che ha alzato ulteriormente la barra dello show. Vedremo se i prossimi due episodi riusciranno ad esserne all’altezza.
Due ultimi appunti da fare su questa prima puntata, sono l’attenzione data al fandom dello show incarnato nel fan club di Sherlock ideato da Philip Anderson, soprannominato The Empty Hearse. Lo show ha raccolto praticamente tutti quegli elementi che costellano le dashboard di tumblr, e degli altri social network, dalle vestaglie, ai berretti, alle sciarpe, ai fan del sottotesto omoerotico e a chi non ce lo vede, ai shippers (coloro che sono fan di una coppia, ndr) di Molly e Sherlock, dall’uso degli hashtag e così via. A tutto questo aggiungiamo poi gli elementi meta, dove lo show auto-referenzia se stesso e l’altro show di Gatiss e Moffat, Doctor Who, e la vita reale: i genitori di Sherlock sono interpretati dai genitori di Cumberbatch, e la Abbington è la compagna di Freeman nella vita reale.

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