Dragon Ball Z: La Battaglia degli Dei – La recensione

Dragon Ball Z: La Battaglia degli Dei – La recensione

Di Marlen Vazzoler

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Ancora una volta la Terra ha rischiato di essere distrutta, e tutto per non aver assaggiato un budino!

Arriva anche in Italia il diciottesimo lungometraggio animato dedicato alla saga Dragon Ball, Dragon Ball Z: La Battaglia degli Dei, ma questa volta a differenza delle pellicole precedenti, gli avvenimenti del film entrano a far parte del canone di quanto accaduto all’interno del manga di Akira Toriyama. Questa è inoltre la prima pellicola della serie ad essere proiettata nei cinema italiani, chi ha seguito l’anime ricorderà di aver visto i film precedenti in televisione, o nella versione rimaneggiata andata in onda sulle reti Mediaset, doppiata dalla Merak Film, o nella versione integrale andata in onda sulle reti Rai, doppiata dallo staff della Dynamic, confermato anche in questa nuova pellicola sempre sotto la direzione di Fabrizio Mazzotta.

Dopo la sconfitta di Majin Bu, l’universo sembra essere tornato in pace, sembra perché in un luogo molto remoto il Dio della Distruzione, Bills si sta ridestando dopo appena 39 anni di sonno. Un sogno sulla presenza del Super Sayan Gpd e una predizione del Pesce Profeta sull’arrivo di un valido opponente l’hanno spinto ad anticipare il suo risveglio, e così dopo un breve aggiornamento su quanto accaduto in suo assenza – Freezer è morto! – decide di andare in cerca degli ultimi Sayan per scoprire dove si trova il Super Sayan God e combatterlo. E la prima tappa è il piccolo pianeta di Re Kaioh dove Goku si sta allenando invece di partecipare al compleanno di Bulma alla Capsule Corporation, dove si trovano tutti i suoi amici e parenti, e qualche piccolo intruso.

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Naturalmente Goku appena scopre dell’esistenza di Bills non sta nella pelle dal desiderio di potersi scontrare con lui e appena ha l’occasione, gli chiede di fare un po’ di sparring. Ma Goku perde in men che non si dica e il povero Re Kaioh è costretto a contattare Vegeta e a chiedergli di proteggere la Terra al posto di Goku. Nonostante una serie di ostacoli imprevisti nella forma di Bulma e un proiettile deflesso, il Principe dei Sayan riesce a mantenere tranquillo Bills mettendo da parte il suo orgoglio, ma la situazione precipita molto presto a causa dell’ingordigia di Bu, che non vuole cedere nemmeno un budino a Bills. Dopo aver sconfitto tutti i Sayan il Dio della Distruzione si appresta a distruggere la Terra ma in quel momento arriva Goku, con un’idea che necessita dell’uso delle sfere del drago.

Il coinvolgimento di Akira Toriyama nella stesura della storia sceneggiata scritta da Yusuke Watanabe è estremamente evidente. La pellicola è permeata di quell’umorismo tipico che ha contraddistinto la serie, specialmente nella fase iniziale e finale del manga. Questo è possibile innanzitutto grazie alla due nuove entrate Bills e Whis. Il primo è uno sfaticato con il pallino dei sogni premonitori, che regolarmente sbaglia, che ama combattere contro validi opponenti. Il secondo sembra essere uscito dalle pagine di Dottor Slump & Arale, più che da quelle di Dragon Ball, non è un personaggio insulso come Suppaman e Co., ma il suo modo di comportarsi e di esprimersi è davvero sciocco e dubbio. Ci troviamo così di fronte ad una storia dalle atmosfere leggere dove non possiamo fare a meno di lasciarci scappare qualche risata, vuoi col balletto improvvisato di Vegeta o grazie al ritorno di tre vecchie conoscenze, Pilaf, Mai e Shu, non più così vecchie a causa di un errore di enunciazione durante la richiesta di un desiderio a Shenron.

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Ma Battle of Gods è sopratutto un omaggio alla serie di Toriyama, nel corso del film abbiamo l’occasione di incontrare tanti vecchi amici, naturalmente i Sayan e le loro famiglie hanno le parti più ampie all’interno del film, ma è un vero piacere rivedere i Kaioshin, Crilin, C-18 e il maestro Muten che non si smentisce mai, Dende, Piccolo, Satan, Shenron allibito e in una forma che davvero non ci aspettavamo, la piccola Pan.

Dragon Ball non sarebbe però Dragon Ball senza almeno un combattimento, e anche in questo caso riusciamo vedere tutti, anche se brevemente, in azione. Gohan addirittura nei panni di Great Saiyaman e con la tuta classica! Sono però gli scontri tra Goku e Bills a farla da padrone. La forma del Super Sayan God non mi dispiace così come la coreografia dei combattimenti che offre delle interessanti visuali grazie all’uso della computer grafica, usata dal regista Masahiro Hosoda per alcuni movimenti di camera. Ma al contempo la computer grafica rappresenta l’unica grande pecca del film. La differenza tra l’animazione a mano e quella digitale è troppo evidente, sopratutto nella colorazione delle scene in CG (computer grafica, ndr.) che stonano come un pugno nell’occhio. Fortunatamente si tratta di poche scene che non distraggono troppo l’attenzione dallo svolgimento del film.

Le due canzoni presenti all’interno del film sono entrambe cantate dai Flow. Durante il combattimento principale possiamo sentire ‘HERO ~Kibô no uta~‘ una canzone con un ritmo molto sostenuto che si sposa molto bene con lo scontro tra Bills e Goku mentre durante i titoli di coda è stata inserita la cover di Cha-La Head-Cha-La, la canzone di apertura della serie Z cantata da Hironobu Kageyama, accompagnata dalla visione delle tavole originali del manga di Toriyama che ripercorrono la storia narrata nei 42 volumi del manga.

Mi raccomando rimanete fino alla fine del film, perché c’è una piccola e piacevole sorpresa dopo i titoli di coda.

Dragon Ball Z: La Battaglia degli Dei sarà proiettato in molti cinema italiani sabato e domenica: per scoprire la sala più vicino a voi consultate la nostra comoda applicazione.

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