È giunto il momento di tirare le somme di un intero anno cinematografico con le classifiche dei sei redattori di ScreenWeek.it. Se ieri ha inaugurato le danze LeoTruman, oggi è inesorabilmente arrivato il mio turno.
La Top 10 da me firmata parte da Michael Bay per arrivare a Leos Carax. Ho stilato di getto questa classifica e confesso di aver solo successivamente realizzato e apprezzato la scelta di questi due estremi, ovvero Pain & Gain – Muscoli e denaro alla base e Holy Motors in vetta, così (apparentemente) lontani per idee di cinema, stile e dinamiche produttive.
Per il resto, so bene che il fascino delle classifiche è nel loro essere lapidarie, chiare e immediate, quindi non mi perdo in fumose premesse di metodo e mi limito a dire che le scelte sono state dettate da questi parametri: novità, persistenza e coraggio. In precario equilibrio tra sguardo oggettivo ed emozioni personali, ho inserito i film che mi hanno abbagliato, quelli che non sono riuscita a scrollarmi di dosso per giorni, quelli che, pur nelle loro imperfezione, hanno tentato di uscire dai solchi del solito cinema, sia esso d’autore o commerciale.
La classifica riguarda ovviamente le pellicole distribuite nei cinema nel 2013
10 – Pain & Gain – Muscoli e denaro di Michael Bay
Come già Magic Mike l’anno scorso, ma con ancora più potenza e con un’ironia ancora più nera, Pain & Gain ha raccontato con un sarcasmo tagliente il mito della ‘seconda possibilità’ nel sogno americano. Accelerando sul pedale dell’esasperazione, Michael Bay firma una storia tutta body building e criminalità che vede protagonisti i più muscolosi e tamarri che mai Mark Wahlberg, Dwayne “the Rock” Johnson e Anthony Mackie. Qui nei panni di tre culturisti dediti all’uso e abuso di steroidi che, ubriachi di stupidità, “american dream” e voglia di riscatto, si lanciano in caduta libera in un giro di estorsioni e rapimenti dal quale sarà difficile uscire… Anzi, un giro di malavita disorganizzata dove lo schianto a terra è assicurato. Ed è spettacolare, esilarante. Personalmente, il film-rivelazione dell’anno che racchiude anche l’enigma dell’anno: Michael Bay è un genio o un folle a prendere in giro il suo stesso cinema, il suo stesso immaginario?
9 – Noi siamo infinito di Stephen Chbosky
Restituire l’adolescenza, la montagna russa delle sue emozioni, i buchi neri delle depressioni e le vette dei primi amori, è un’impresa ardua. A riuscirci è stato il regista debuttante Stephen Chbosky che ha tradotto per il grande schermo il suo stesso romanzo: una storia agrodolce ambientata in quegli anni Novanta dove ci si regalava le cassettine con le compilation e dove ritrovare ‘la canzone perfetta’ ascoltata una sola volta alla radio era una missione quasi impossibile. Sulle note degli Smiths, Cocteau Twins, XTC, New Order’s, Sonic Youth e naturalmente David Bowie, scorre un delicato quanto profondo racconto di formazione su un 15enne problematico che, da carta da pareti delle feste dei suoi coetanei, riuscirà a trovare un proprio posto nel mondo. Logan Lerman, Emma Watson ed Ezra Miller sono tre protagonisti semplicemente perfetti.
8 – Il passato di Asghar Farhadi
In pochi sanno scrivere una storia, creare atmosfere e dirigere gli attori come Asghar Farhadi. Qui non siamo all’eccellenza del precedente Una separazione (Oscar come Miglior Film Straniero nel 2012), dall’Iran l’ambientazione si è spostata in Francia, ma troviamo ancora una sceneggiatura di ferro su cui si fonda una storia di legami spezzati. Famiglie lacerate da divorzi e sotterfugi ma i cui membri hanno inesorabilmente bisogno l’uno dell’altro perché solo chi ha condiviso lo stesso passato può capirne il presente. Il grande fascino del cinema di Farhadi è che colpevoli e innocenti si scambiano continuamente i ruoli, e il confine tra bene e male, così come tra odio e amore, è sottilissimo. Non ultimo, da segnalare un terzetto di grandi attori: Bérénice Bejo, Tahar Rahim e Ali Mosaffa.
7 – Hunger Games – La ragazza di fuoco di Francis Lawrence
Un ottimo esempio di come una saga per il grande pubblico tenga alta l’asticella e riesca a essere un prodotto di grande qualità. Se il primo episodio, l’anno scorso, mi aveva conquistato con quel suo mondo distopico dai reality show mortali e i costumi pomposi, il secondo capitolo è stata la conferma definitiva. La sceneggiatura è ben misurata tra azione e indagine psicologica dei personaggi, emozione e adrenalina: senza nulla togliere alle spettacolari scene di combattimento nell’arena, personalmente ho trovato molto interessante la prima parte della pellicola in cui si racconta la vita dei sopravvissuti ai giochi sanguinari, di questi reduci che combattono giornalmente con un vero e proprio disturbo post-traumatico (come fossero dei soldati sopravvissuti a una terribile guerra) e le cui vite non possono più essere le stesse. Con un cast di altissimo spessore capeggiato da Jennifer Lawrence, una regia che ha ben orchestrato l’alto budget, Hunger Games – La ragazza di fuoco è un capitolo numero 2 assolutamente riuscito che, una volta arrivato alla parola fine, ti fa venire una gran voglia di vederne il seguito.
6 – The Grandmaster di Wong Kar-wai
Nessuno gira come Wong Kar-wai. Che sia il fumo di una sigaretta, un combattimento di arti marziali o la neve che cade su un collo di pelliccia, le sue riprese sono maestose, estetizzanti, di una bellezza rara. Il regista hongkonghese è un fuoriclasse, è il Michelangelo del cinema: per lui ogni immagine è un’opera d’arte, ogni sequenza diventa un capolavoro. Da quando l’ho scoperto con una vhs di Hong Kong Express negli ultimi anni ’90, è uno dei miei autori preferiti. Con The Grandmaster ha raccontato il maestro di kung-fu Yip Man, colui che insegnò tutto a Bruce Lee: ma come sempre accade per il suo cinema, il racconto si fa amaro melodramma e viene travolto dalla magnificenza formale.
5 – Django Unchained di Quentin Tarantino
Uno dei migliori film di Tarantino. Un western citazionista, pop, esagerato, spassoso, intelligente. 165 minuti di cinema scatenato che travolgono lo spettatore in una storia di schiavismo, rivolta e vendetta. S’inizia col sarcasmo e l’imprevedibile pistola del dentista- cacciatore di taglie Christoph Waltz (recitazione impeccabile) poi siamo coinvolti dalla storia dello schiavo Jamie Foxx che ci porta alla conoscenza del luciferino padrone DiCaprio fino a un’esplosione finale di violenza ultra-pulp. Ancora una volta, sir Quentin riesce e realizzare un film importante in grado di conquistare pubblico e critica.
4 – La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino
Sorrentino è un regista coraggioso, spericolato per certi versi. La Grande Bellezza è un film difficile, densissimo, debordante di messaggi e personaggi che non si è certo preoccupato di assecondare i gusti del presunto pubblico italiano e che, eppure, al pubblico italiano è piaciuto. Come sempre per le pellicole del regista napoletano, la sceneggiatura è imperfetta e dalle maglie larghe, ma il film è sottilmente spietato e visivamente bellissimo nel raccontare la ‘dolce vita’ dell’Italia di oggi così vuota, così volgare. Un’Italia che, come l’immagine della Costa Concordia nel finale, è una gigantesca massa arenata tra i suoi splendidi paesaggi anche a causa della stupidità ed egocentrismo di chi l’ha guidata.
3 – Spring Breakers di Harmony Korine
Spiazzante, difficile da incasellare, eccitante. Spring Breakers è un’opera che rompe gli schemi di un cinema d’autore ormai omologato sul grigio realismo dei film da festival con denuncia sociale incorporata e propone invece, come ritratto della gioventù bruciata dell’America d’oggi, un’ubriacatura di colori fluo, feste in spiaggia dal sapore orgiastico, alcol, droghe, ragazze perennemente in bichini. Quello di Korine è un film che dialoga con la contemporaneità prendendone i volti (le ex star Disney Selena Gomez e Vanessa Hudgens), le usanze (le trasgressive vacanze di primavera) e l’immaginario (la pacchiana villa in cui vive James Franco non sembra uscita da un programma tipo Casa pazzesche di MTV?) per esasperarli in uno stile surreale e visionario, perfino poetico in certi passaggi. Lode ad Harmony Korine perché il suo cinema è trasgressivo e voglioso di vita almeno quanto le sue protagoniste. Ma con più testa.
2 – La vita di Adele di Abdellatif Kechiche
Accade raramente, ma a volte accade. Con alcuni film, grazie a certe immagini potenti, splendide e dirette, riesci a toccare con mano la magia del cinema. Con alcuni film, pochi, riesci a sentire i raggi di sole sulla pelle, il sapore salato delle lacrime, il nodo allo stomaco che accompagna i primi incontri, l’imbarazzo voglioso di uno sguardo che cerca il primo bacio, la pelle che brucia dopo uno schiaffo rabbioso. Con alcuni film riesci a ri-vivere, in maniera totalizzante, le emozioni e le sensazioni dei personaggi che vedi sullo schermo. La vita di Adele è uno di questi film. Un film-fiume di 3 ore di emozioni in ebollizione, di sesso, di insofferenze, di sentimenti che inevitabilmente si sfaldano. Sentimenti che lo spettatore percepisce sulla sua pelle rendendo questa pellicola un capolavoro unico del suo genere. Merito della grandezza del film deriva dalle due attrici protagoniste, semplicemente autentiche e perfette (Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos), ma anche dalla regia, realista e carica di rara verità, del franco-tunisino Abdellatif Kechiche. Un film che vedi e difficilmente riesci a scrollarti di dosso.
1 – Holy Motors di Leos Carax
Uscito in Italia in una manciata di sale e con un anno di ritardo, la bellezza del film di Leos Carax è direttamente proporzionale alla sua invisibilità nel nostro Paese; per fortuna ora il titolo è disponibile in dvd. Polemiche distributive a parte, erano anni che non uscivo da una sala cinematografica così allucinata, così folgorata. Il film segue da vicino le 24 ore di vita di una sorta di uomo-attore (il cui nome, non casuale, è Oscar) che prende ogni volta sembianze diverse, da padre di famiglia ad assassino e creatura mostruosa, il tutto accompagnato da una fedele assistente che lo traghetta ai vari appuntamenti per Parigi a bordo di una sontuosa limousine. Holy Motors è un film-caleidoscopio che, semplificando, può essere letto come un viaggio malinconico tra le varie sembianze del cinema dalle origini a oggi. Per rimanerne abbagliati basta una visione, per dargli un senso ne servono molte di più. Dopo 14 anni di assenza, e dei capolavori come Boy Meets Girl, Rosso sangue, Gli amanti del Pont-Neuf, il vecchio enfant prodige del cinema francese Leos Carax è finalmente tornato.
Altre segnalazioni in ordine sparso:
Oscar per la sagace e raffinata (auto)ironia: Un castello in Italia di Valeria Bruni Tedeschi
Cinema italiano (e sono tutte registe donne e sono tutte opere prime): Miele di Valeria Golino, Amiche da morire di Giorgia Farina, Via Castellana Bandiera di Emma Dante
Belli ma non impossibili (e potevano esser scritti meglio): Gravity, Rush, Il lato positivo, The Master, I segreti di Walter Mitty
Un bel ‘no’: L’Uomo d’acciaio
Mi spiace non aver (ancora) visto: La mafia uccide solo d’estate, Elysium, Captain Phillips, The Flight, Blue Jasmine
Questa è la nostra personale classifica: scriveteci nei commenti la vostra! Seguite sui social network, in particolare Facebook e Twitter, l’hashtag #SWTop10 per rimanere aggiornati su tutte le nostre classifiche.