Come solo i grandi sanno essere, John Malkovich è una figura dotata di un carismatico mistero. Assolutamente schivo e con quel suo inconfondibile sguardo trasversale, è uno di quegli artisti che sembra racchiudere una verità nascosta che lo porta, ogni volta, a catturare l’essenza dei personaggi sul grande schermo. Nato il 9 dicembre di 60 anni fa, l’attore (nonché regista) vanta ormai più di 60 film all’attivo, due nomination all’Oscar (per Le stagioni del cuore di Robert Benton nel 1984 e per Nel centro del mirino di Wolfgang Petersen nel 1993) e la collaborazione con i più importanti autori della scena contemporanea da Stephen Frears a Bertolucci, da Manoel De Oliveira a Spike Jonze, da Clint Eastwood ai fratelli Coen.
Prima del cinema, la grande passione di John Malkovich è stato il teatro. Negli anni ’70 fonda e diventa il principale animatore di una delle compagnie drammaturgiche più importanti della scena americana: la Steppenwolf Theater. Nel 1978 partecipa ma viene tagliato in Un matrimonio di Robert Altman, e così il suo debutto effettivo sul grande schermo è nel 1984 con Urla del silenzio di Roland Joffé e poi, sempre nello stesso anno, Le stagioni del cuore diretto da Robert Benton. Dove la magistrale performance nei panni di un cieco sorprende tutti e gli fa guadagnare la nomination all’Oscar come Miglior Attore non protagonista.
Da lì parte una carriera quasi trentennale di performance memorabili (da Le relazioni pericolose a Il tè nel deserto, da Uomini e topi a Nel centro del mirino, da Al di là delle nuvole a I misteri del convento; e questo solo per citare alcuni titoli) che lo consacrano a icona di Hollywood. Un’icona così impressa nell’immaginario collettivo che il geniale regista Spike Jonze dedica alla sua persona-personaggio un intrigante riflessione metacinematografica: Essere John Malkovich, film in cui lo stesso Malkovich interpreta (e gioca) con se stesso.
Non solo attore, nel 2002 ha anche debuttato dietro la macchina da presa con Hideous Man e col corto Danza di sangue mentre è attivo anche come produttore di film come Noi siamo infinito, Young Adult e Juno.
Oltre ai grandi autori e ai grandi ruoli da cattivo, negli ultimi anni Malkovich si è poi divertito a partecipare a blockbuster fracassosi come Transformers 3 o molto (auto)ironici come Red e Red 2 o fantasy dal sapore horror come Warm Bodies. Neanche un anno fa, invece, veniva diretto dal nostro Gabriele Salvatores per dar vita al vecchio e saggio zio Kuzya della comunità dei criminali onesti di Educazione siberiana. Ed era proprio lui a pronunciare una delle frasi più belle del film con cui concludiamo il nostro post: «un uomo non può possedere più di quello che il suo cuore può amare».
Ancora auguri, John Malkovich.