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Ben Stiller presenta a Roma il suo ‘I Sogni Segreti di Walter Mitty’

Pubblicato il 13 dicembre 2013 di Leotruman

Un senso di calma e grande professionalità, che solo le grandi star riescono a trasmettere. Ben Stiller entra nella sala conferenze dell’hotel De Russie di Roma ed è come trovarsi di fronte a tutti i personaggi delle sue numerose pellicole. Sorride silenziosamente, elegante e timido solo in apparenza, proprio come Walter Mitty, protagonista del suo ultimo film diretto, prodotto e interpretato dall’attore americano (tra le altre regie ricordiamo Zoolander e Tropic Thunder).

Uscirà nelle sale di tutto il mondo tra pochi giorni I Sogni Segreti di Walter Mitty (The Secret Life of Walter Mitty), nuova versione della storia già trasposta in Sogni Proibiti, pellicola del 1947 firmato da Norman Z. McLeod. Un bizzarro dipendente della rivista LIFE trovandosi sempre a disagio e inadeguato nel mondo reale e nella quotidianità della sua vita, si costruisce e si rifugia in un mondo di fantasia dove ogni volta diventa una sorta di eroe. La ricerca del negativo 25, indispensabile per l’ultimo numero della rivista prima della sua chiusura, lo porterà finalmente a mettere piede nel mondo reale.

Ecco il resoconto completo del nostro incontro con Ben Stiller.

Il viaggio Walter è anche un po’ il viaggio di Ben Stiller? Dove volevi arrivare con questa quinta regia?

Ogni volta che realizzi un film si va ad attingere dalla situazione, dove ti trovi in quel momento come persona, in quel momento particolare della tua vita. È stato così anche per questo film: ho riportato quello che provo e vivo in questo momento della mia vita, con le sue domande i problemi. Dirigere un film ti dà una grandissima opportunità, quella di fare qualcosa che non hai mai fatto prima. È molto importante come regista spingersi in terreni che non ti sono congeniali, noti, che sono scomodi, ma è il modo per rimanere impegnati e coinvolti, e dare il meglio di te. L’esperienza che mi ha dato questo film è forse quella che mi ha regalato le maggiori soddisfazioni.

Hai realizzato un film sul senso della vita, lasciando da parte la commedia grottesca per un tono poetico e surreale. Hai lasciato anche l’ingombrante famiglia, per andare avanti da solo. Ci spieghi com’è questa tua nuova visione? 

Sicuramente è stata la sceneggiatura che ha dettato quello che doveva essere lo stile del film. Walter ha passato la vita a contemplare e guardare immagini meravigliose, di persone che hanno fatto cose straordinarie. Lui non ha mai fatto nulla, ma potenzialmente ne è in grado. L’importanza che lui come personaggio dedica all’immagine è ciò che ha dettato quello che doveva essere lo stile e il tono della pellicola. È meno cinico di altri film che ho girato in passato, più aperto di cuore e sentimenti. Non è qualcosa a cui ho pensato prima, e nemmeno durante il processo creativo: semplice sentivo quello che la storia lo chiedeva e lo facevo. Giusto nella sala montaggio e negli screening con il pubblico mi sono reso conto che si trattava di una nuova esperienza,a perché non lo giudicavo più dal numero di risate, ma è la storia che viene raccontata ad essere importante, e grazie alla sceneggiatura c’era connessione con quello che c’era di importante e per questo non doveva essere necessariamente buffo. Mi ha fatto anche un po’ paura, ma è positivo inoltrarsi in un territorio dove non sei troppo a tuo agio, è molto importante per un regista tutto questo.

C’è un motivo per cui non è stato dato un enorme spazio alla copertina finale di Life? Che rapporto hai con lo skate, un elemento importante nel film?

In realtà credo di averla mostrata per il tempo sufficiente per farla propria, non volevo indugiarci troppo. Non era intenzionale il fatto di dare poco spazio, è stato tutto molto istintivo. Per quanto riguarda lo skate, da quando avevo 9-10 anni a New York mi piaceva moltissimo praticarlo. Molte delle scene del film le ho volute realmente realizzare io, ma avevo un sistema di sicurezza ovviamente. Mi è piaciuto davvero molto. Tra l’altro da poco ho iniziato ad insegnare a mia figlia ad andare sullo skate, ed è bello l’atto di passare testimone a qualcuno.

Quanto è difficile rimanere se stessi nel mondo reale quando domina il virtuale?

Ecco perché amo l’Italia: riuscite a trovare temi profondi anche nelle commedie! (risate) Per me uno dei temi era proprio l’idea di cercare di creare connessione con le altre persone e anche con sé stessi. L’atto di sognare ad occhi aperti è importante per Walter, per continuare ad andare avanti e sconfiggere la routine. Allo stesso tempo lo blocca e gli impedisce di creare legame con gli altri. Nel passaggio dall’analogico al digitale molto è cambiato, troppe cose ci distraggono, è più difficile avere una vera e propria interazione con gli altri. Non è introverso, Walter è una persona normale che cerca di capire com’è il mondo e come va il mondo. È più difficile adattarsi a quello che è la realtà, questo allontanarsi dagli schermi, dal cellulare, passare dal virtuale al reale. Credo sia una tematica molto importante per le nuove generazioni.

Nel film si assiste alla chiusura di una storica rivista su carta e al suo passaggio al digitale. Quali sono le tue considerazioni sull’argomento?

È  qualcosa su cui rifletto e che ho vissuto direttamente. Nella mia adolescenza ho vissuto tante prime volte: il primo pc, non esistevano i cellulari, il primo rudimentale videogame. La mia generazione l’ha vissuta in pieno la transizione dall’analogico al digitale. È un peccato, perché ora le fonti sono eccessivamente virtuali, e la possibilità di avere una rivista in mano, di sfogliarla, è qualcosa molto bello. Detesto leggere i libri sui tablet, mi piace l’oggetto fisico. Ho fatto ricerche prima di realizzare il film, sono andato negli archivi della rivista Life, e mi sono reso conto di quanto fosse importante il concetto fisico di rivista. Avere in mano un Life del 1945 era come avere in mano un pezzo di storia. I ragazzi di oggi non la vedono più così, e mi dispiace. Noi ora attingiamo da così tanti schermi, troppe fonti e l’attenzione si riduce, si è distratti. Realizzare questo film è stato come celebrare la memoria di quello che è stato il mondo analogico. Walter non poteva che essere a suo agio nel mondo analogico. È triste che oggi sia così difficile girare in pellicola: ovviamente la storia di un uomo alla ricerca di un negativo fotografico non potevo di certo girarlo in digitale!

Hai un consiglio da dare ai Walter Mitty di ogni giorno, che si devono confrontare con un mondo “cattivo”’?

Non so quale consiglio potrei dare loro, non credo di poter effettivamente dire alle persone come dovrebbero vivere la loro vita. Per Walter il suo sognare e l’immaginazione ad occhi aperti sono componenti importanti del suo modo di essere, di chi è lui. È importante continuare a farlo. Sono proprio i sogni che gli fungono da spinta, lo spingono a saltare sull’elicottero e ad entrare nel mondo reale. Lo spingono ad agire realmente, e sno una parte importante di lui, anche se in parte gli impediscono di creare una connessione con il mondo reale. Continuate a sognare ad occhi aperti, ad essere creativi anche in un lavoro noioso che non richiede creatività.

Sono passati quasi vent’anni da Giovani, Carini e Disoccupati, dove sono ora questi personaggi e quanto sei diverso ora? 

All’epoca mi sentivo molto più vicino, anche per età, a quelli che erano i personaggi. Per questo film sono molto più consapevole della situazione che sto vivendo ora, il punto in cui sono arrivato. Vent’anni fa avevo una visione della vita molto diversa, non mi preoccupavo a fermarmi per vedere dove ero arrivato, guardavo solo avanti. Questo si rispecchia anche nei personaggi, ai tempi loro rispecchiavano me.

Cosa pensi della prima versione del 1947 di Walter Mitty, Sogni Proibiti? 

Il film originale era una commedia musicale e non c’era nessuna intenzione di rifarla. Oggi non si possono fare meglio di quanto si facesse allora. Non c’era quindi intenzione di farla di nuovo e migliorarla. L’idea di fare questo film è nata sulla base di una sceneggiatura che era molto diversa, molto legata al racconto dell’autore, alla storia originale. Mi piaceva il tono melanconico, il tono di una storia che celebra l’uomo comune che nessuno realmente vede, ma che ha enormi potenzialità.

I Sogni Segreti di Walter Mitty uscirà nelle sale italiane il 19 dicembre.