E’ una curiosa coincidenza quella che porta Prince Avalanche, film di David Gordon Green premiato a Berlino per la regia, al Torino Film Fest 2013: Either Way, il film islandese di cui è il remake, vinse il concorso torinese di due anni fa. E’ quindi con attesa che il film, interpretato da Paul Rudd ed Emile Hirsch, giunge nella sezione non competitiva Festa Mobile e con soddisfazione che se ne può parlare dopo la visione.
La storia è quella di due uomini che dipingono le linee stradali lungo l’intero linea texana, distrutta da un incendio. La natura e l’isolamento li porterà a capire più di qualcosa di loro e di chi li circonda. Scritto dallo stesso Gordon Green, Prince Avalanche è un road movie a piedi, una commedia amara che racconta la solitudine e la disperazione in modo originale.
Fedele in molte parti all’originale, il film di Gordon Green riesce nel difficile compito di migliorare il prototipo grazie al contesto che apre il film, ossia il devastante incendio che sulla fine degli anni ’80 distrusse buona parte del Texas, costringendo a una colossale ricostruzione non solo immobiliare e cementizia, ma soprattutto esistenziale: questo tentativo è racchiuso nelle storie minime dei due protagonisti – un bravissimo Paul Rudd e un simpatico Emile Hirsch in versione Jack Black – che il regista descrive senza ruffianeria, anzi sottolineando i lati sgradevoli. Ed è per questo che il remake sembra più empatico dell’originale, ironicamente distaccato come spesso il cinema nordico: la natura e la cultura distrutte dalle fiamme danno uno spessore umano ed emotivo maggiore, che Green riprende in modo maturo, entrando più a contatto con lo spettatore anche se diminuisce i dialoghi e non smussa gli angoli con il calore emotivo.
Prince Avalanche diventa così un sottile ritratto della solitudine, che sa emozionare lo spettatore con scelte in un certo senso coraggiose (la sequenza nella casa bruciate) che giocano tra realtà e immaginazione. Sincero e mai sornione, il film di Gordon Green prende lo spirito della Scandinavia o simili e lo rende un concentrato di anti-epica americana. Impresa molto difficile che permette al regista di riscattarsi dagli ultimi fallimenti.
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