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Torino 2013 – Blue Ruin, la recensione del film di Jeremy Saulnier

Pubblicato il 23 novembre 2013 di Filippo Magnifico

Presentato in concorso durante la 31° edizione del Torino Film Festival, Blue Ruin è il secondo lungometraggio diretto dallo statunitense Jeremy Saulnier. La sua prima pellicola, Murder Party (definita dallo stesso regista “una versione di breakfast club con motoseghe e droghe pesanti”) qui da noi è inedita, ma è riuscita a guadagnarsi lo status di cult movie oltreoceano.

Il film arriva a Torino con un curriculum tutto sommato degno di nota: un passaggio al Festival di Cannes, dove si è guadagnato il FIPRESCI Prize, e una successiva tappa al Toronto International Film Festival, dove ha raccolto pareri altrettanto favorevoli. Si tratta di una produzione a basso costo, che si è servita anche del crowdfunding per ottenere i finanziamenti necessari alla sua realizzazione.

Volendo riassumere in due righe lo spirito di questa pellicola si potrebbe benissimo dire che sembra un revenge movie visto attraverso l’ottica dei Fratelli Coen (che qui a Torino presenteranno la loro ultima fatica, Inside Llewyn Davis), ma cerchiamo di esprimere meglio questo concetto: Blue Ruin non si evolve come il tipico film di vendetta, ma si dirama attraverso una girandola di eventi e situazioni perennemente in bilico tra toni grotteschi e altri decisamente più seri.

La vendetta è il cosiddetto leitmotiv, il tema portante di quest’opera. Un sentimento che anima il protagonista Dwight (Macon Blair), un balordo che vive per strada come un barbone da quando i suoi genitori sono stati uccisi, e che decide di farsi giustizia da solo il giorno in cui scopre che il colpevole di questo delitto è uscito di prigione. Dwight sale così a bordo della sua Pontiac blu rovinata dal tempo (da qui, molto probabilmente il titolo) e parte alla ricerca dell’assassino.

Fin qui tutto nella norma, ma stiamo parlando dei primi minuti una storia che in realtà ha molto altro da dire, solo che lo fa molto lentamente, un tassello alla volta. L’intento di Saulnier, per sua stessa ammissione, era quello di intrattenere il pubblico e non si può certo dire che abbia fallito nella missione.

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