Un noir ambientato nelle zone d’ombra della Capitale, ma anche una storia d’amore, o meglio su come l’incontro con l’altro possa accendere la scintilla del riscatto personale. Questo e tanti altri sono gli elementi di cui intende comporsi Senza Nessuna Pietà, film che segna l’esordio come regista di Michele Alhaique, già autore di due cortometraggi e attore visto in pellicole come L’Uomo che Ama o Che Bella Giornata. Un progetto in cui è stato coinvolto subito anche Pierfrancesco Favino, sia come interprete sia in prima linea, in qualità di produttore, a sostegno di un’opera che si propone di superare le maglie del genere e i limiti di molto cinema italiano attuale, per arrivare a raccontare la possibilità di redenzione di due personaggi allo stesso tempo epici e concreti.
Girato in cinque settimane nella periferia romana, tra Pigneto e Casal Palocco, il film è incentrato sulla storia di Mimmo, un manovale coinvolto in un giro non proprio pulito di recupero crediti per conto dello zio, il signor Santili, che ha il volto di Ninetto Davoli. La sua vita ha tuttavia un’occasione di svolta quando incontra Tania (Greta Scarano), giovane escort e pupilla proprio del figlio di Santili (Adriano Giannini). ScreenWEEK ha avuto l’opportunità di dare una sbirciatina al set di Senza Nessuna Pietà e chiedere qualcosa in più sulla storia e sulle caratteristiche del film al regista e a Pierfrancesco Favino. Scenario della visita: la casa della domestica di Mimmo, in cui lui e Tania trovano rifugio per una notte.
“Sono elettrizzato – ci ha detto Michele – mi sembra incredibile che siamo riusciti a realizzarlo, e per di più con un cast così originale e azzeccato per i diversi ruoli. Pierfrancesco era l’unico possibile Mimmo, ma ognuno degli interpreti è riuscito a stupirmi tirando fuori qualcosa che non mi aspettavo ed esaltando la caratteristica principale dei personaggi, cioè che nessuno è tagliato con l’accetta”.
E per quanto sia stato faticoso passare dall’altra parte della macchina da presa, il regista assicura che non si tratta poi di qualcosa di così diverso dal mestiere d’attore: “Anche per interpretare bisogna prima di tutto mantenere la coerenza del personaggio, e questa la si ottiene compiendo scelte e discutendone con gli altri. La differenza è che un regista ha più scelte da fare e soprattutto scelte che spesso rivelano un peso inaspettato”.
A facilitargli il compito è stata la partecipazione di Favino, già conosciuto in occasione del film L’uomo che ama, di Maria Sole Tognazzi: “Si tratta di un film molto poco “italiano” e Pierfrancesco ha avuto modo più di altri di confrontarsi con diverse produzioni internazionali. Una volta letta la sceneggiatura ha fatto un lavoro sul proprio corpo che ha comportato notevole sacrificio. In più è un interprete che tiene sempre in pugno le fila di ciò che si sta raccontando ed essendo il primo film, avere un attore in grado di focalizzare dove deve andare una scena è stato importante”.
Per interpretare Mimmo l’attore ha dovuto infatti prendere una ventina di chili, dando al personaggio un peso, anche corporeo, di tutto rilievo. Secondo Favino la sostanziosa trasformazione è stata fondamentale: “Mi ha permesso di acquisire un respiro totalmente nuovo. Ci sono molti elementi nella storia e uno di quelli che a me piace di più, anche se forse non è il primario, è la capacità di mostrare come le affinità elettive non debbano passare per forza per l’avvenenza fisica. La bellezza, per come la intendiamo ora, è uno dei grandi limiti della nostra cultura”.
Altro elemento del personaggio molto amato dal protagonista è il suo essere “un Superman che non ha ancora trovato la sua cabina telefonica”. O meglio:“Mimmo è insieme un supereroe in potenza e un vero antieroe. Una persona che, come tutti noi, ha la capacità di potersi trasformare in ciò che di meglio ha dentro di sé, ma a impedirglielo trova il contesto in cui si trova a vivere e in cui ha scelto di vivere. Questo almeno finché non incontra una persona capace di toccarlo proprio su quel nervo. Fino a quando non siamo pronti ad accogliere ciò che viene da fuori, non possiamo conoscerci fino in fondo e magari neanche arrivare ad ambire qualcosa che in realtà abbiamo da sempre”.
Riguardo al coinvolgimento come produttore, è stata una decisione dettata dalle attuali condizioni del mercato: “Ormai l’unico modo per realizzare un progetto simile e tentare di smuovere qualcosa, è utilizzare la posizione acquisita per metterla a servizio delle nuove realtà. Il mercato è fermo, i canali attraverso cui si fa questo mestiere sono saturi e si stanno assottigliando sempre di più. Per permettere al cinema di rinnovarsi invece c’è bisogno che le persone esordiscano, che possa essere dato un nuovo sguardo o magari uno sguardo diverso su storie classiche. Ecco perché la mia fiducia in questo film è a tutto tondo: è proprio quello di cui c’è bisogno, un cambiamento di atteggiamento e di punto di vista”.
Se non ci sono citazioni dirette ad altre opere cinematografiche, il regista non nasconde di amare molto la filmografia di Michael Mann, di cui forse potrà sentirsi qualche eco anche nell’atmosfera di Senza Nessuna Pietà, così come del cinema di Jaques Audiard. Ma non c’è una sola definizione o un solo riferimento che possa racchiudere il film. Come ci spiega Alhaique: “È molte cose in una. È una storia d’amore, una crime story, un noir. Soprattutto è una storia incentrata su personaggi che compiono delle azioni, ne affrontano le conseguenze e sono costretti a lottare. Il tutto in una struttura che è quella classica del noir, ma in cui cerchiamo di superare l’archetipo dei personaggi del genere”.
Senza Nessuna Pietà sarà distribuito nelle sale nel corso del 2014 da Bim Distribuzione. Continuate a seguirci per tutti gli aggiornamenti sul film.