Non sono in Italia e in Europa, l’immigrazione clandestina è un tema caldissimo, soprattutto gli Stati Uniti vivono il problema: lo raccontano Gael Garcìa Bernal e Marc Silver in Who Is Dayani Cristal?, documentario presentato al Festival di Roma nella sezione Alice nella città. Il film parte dalla domanda nel titolo: chi è la persona tatuata sul corpo di un uomo trovato morto e senza alcun segno di riconoscimento sulla frontiera tra USA e Messico? E chi è quell’uomo? Bernal e il regista s’imbarcano tra gli uffici di frontiera e i migranti per capire meglio il fenomeno dal punto di vista umano e svelare il mistero, ovviamente tragico.
Scritto da Mark Monroe partendo da un’inchiesta giornalistica e poliziesca, Who Is Dayani Cristal? racconta la frontiera più attraversata del mondo alternandosi su due piani: nel lato sud, si segue il cammino disperato per raggiungere gli USA, nel lato nord si descrivono le procedure per fermare, identificare, contenere il fenomeno migratorio.
Come un popolo diviso in due, anche il film si divide in due parti, anche dal punto di vista tecnico e formale: Bernal si trasforma in migrante e percorre le stesse tappe dell’uomo scomparso, conoscendo amici e familiari, vedendo la solidarietà e l’angoscia di essere catturati, cercando di vivere le semplici ragioni per cui un uomo fugge dal proprio paese; Silver invece si occupa di intervistare funzionari, agenti, ufficiali e burocrati che vivono il viaggio dei messicani dalle sponde americane. Colori caldi e aspri da un lato, la grigia freddezza degli uffici dall’altra: lo schematismo però porta Bernal e Silver a superficializzare il tema, tracciando solo un ritratto del migrante come eroe stoico, quasi come martire (non a caso il film è puntellato dalla preghiera del migrante) senza invece cercare di capire il senso sociale, economico e politico della questione, che è tragica e complessa, non enfatica come spesso i due la dipingono.
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